La riserva è collocata in territorio comunale di Palermo, al confine nord della Conca d’Oro, zona che qualche centinaio di migliaia di anni addietro fu sconvolta da una gigantesca frana di detrito roccioso che si accumulò sul versante settentrionale del Pizzo Manolfo. La Grotta si è sviluppata nel corpo di questa paleo frana e la sua origine è da imputarsi alla concomitanza di diversi fenomeni come l’azione delle piogge, il carsismo, il mare che lambiva le falde dei monti ad una quota superiore dell’attuale. La riserva ha un notevole valore geologico e la grotta è formata da un unico grande ambiente che misura circa 90 metri di lunghezza e 30 di larghezza e si apre con uno spettacolare antro di forma semi-ellittica ai piedi di una parete verticale. La cavità prosegue all’interno della montagna con andamento ascendente e una pendenza media di 30 gradi. Da qui il percorso è reso accidentato da un grande accumulo di massi staccatisi dalla volta. La presenza di questi massi crea due differenti ambienti. Il primo è un reticolo di stretti e contorti cunicoli, il secondo, vicino al soffitto, si sviluppa sulla frana per tutta la lunghezza della grotta con altezza media di 6 metri. Quest’area ha numerosi anfratti sul soffitto nei quali si possono localizzare i nidi dell’avifauna presente, oltre ai posatoi dell’Allocco. Percorrendo la grotta, man mano che ci si allontana dall’ingresso e la luce si attenua, scompaiono le macchie di alghe sulle pareti. Si notano poco sviluppati fenomeni di concrezionamento e, meno frequenti, stalagmiti e stalattiti a volte ancora in formazione, allo stadio di delicate e trasparenti cannule. Grazie alle dimensioni dell’ingresso che consente alla luce di penetrare per quasi la totalità della grotta, la flora e la fauna sono abbastanza sviluppate e sono composte, ad esempio, dalla Volpe che vi si inserisce nel suo periodo riproduttivo e dall’Istrice.
La grotta veniva frequentata sin dall’uomo paleolitico e si rinvengono i primi segni di svolgimento delle normali pratiche agro-silvo-pastorali. Vi si notano resti di recinti per le greggi e sulle volte tracce di fumo nero dei fuochi dei pastori. Davanti l’ingresso sono stati raccolti resti di pasto composti da frammenti ossei di mammiferi e molluschi, utensili litici (in selce e ossidiana) e ceramica, custoditi oggi in parte al Museo Geologico Gemellaro dell’Università di Palermo.
La riserva è stata istituita con Decreto regionale del 16 maggio 1995 integrato il successivo 11 agosto ed è affidata in gestione al CAI – Club Alpino Italiano Delegazione Regionale sicula.