La riserva si estende lungo la parte sommitale del Monte Bonifato (825 m. slm) in territorio del Comune di Alcamo (TP). Il bosco è frutto di rimboschimenti; quello di latifoglie presente per tutto il XIX secolo, infatti, è andato perduto e così dall’inizio del ‘900 si è preceduto ad un rimboscamento che ha generato il bosco attuale costituito da conifere e in particolare Pino domestico, Pino d’Aleppo e Cipresso. A questi si associano Roverella, Leccio, Frassino, Lentisco, Palma nana, Pungitopo, Euforbia, Acanto e Ginestrella comune. Nelle radure si trovano Finocchio selvatico, Ferula e Tordilio pugliese. Lungo le pendici l’Ampelodesma che con le sue radici consolida il terreno, più comunemente conosciuta come “Disa”. Numerose le specie di rapaci fra cui la Poiana, il Gheppio, il Barbagianni, la Civetta e l’Allocco. Il bosco è anche popolato dalla Ghiandaia, dal Colombaccio, dalla Taccola, da Pettirosso, Merlo, Verdone, Verzellino, Rampichino, Cinciallegra e Cinciarella. La riserva è poi frequentata anche da uccelli migratori come la Tortora, la Quaglia, il Cuculo e l’Upupa. Da segnalare la presenza del Picchio rosso maggiore (Picoides major) come nidificante. I mammiferi sono rappresentati da Coniglio selvatico, Volpe, Istrice, Riccio, Donnola e Topo quercino. Fra i rettili il Biacco, la Vipera, la Lucertola campestre e il Ramarro occidentale.
Per la presenza d’acqua e la posizione idonea a controllare il sottostante golfo di Castellammare, la cima del monte era un luogo perfetto per una comunità. Ed è per questo che gli Elimi vi si insediarono dopo aver conquistato Segesta. E qui si trova il borgo medioevale “Bunifat”: rimangono la spessa cinta muraria con i resti delle abitazioni, le cisterne per l’acqua e un castello d’origine araba che Enrico di Ventimiglia riportò al suo splendore nel 1397. Delle quattro torri che ne segnano il perimetro, la “Torre Saracena” è quella giunta a noi quasi integra. Si erge su tre piani per 19 m. di altezza, chiusa da una volta a botte. Sullo stesso versante gli stipiti di quello che un tempo fu l’ingresso alla città, la cosiddetta “Porta della regina”. Sulla cima pure la chiesetta della Madonna dell’Alto, incorporata nella cinta muraria del castello. Nei pressi di una delle sorgenti un grande serbatoio per la raccolta delle acque, detto la “Funtanazza”, di epoca medievale e di straordinaria tecnica costruttiva, che aveva una capienza di 1.200 metri cubi e mura spesse più di due metri. Tra i sentieri che consentono di visitare la riserva c’è quello detto “delle Orchidee” per la presenza di 28 varietà di questi fiori o un altro dal quale si può apprezzare chiaramente il golfo di Castellammare.
La riserva è stata instituita con Decreto regionale del 29 giugno 1984 modificato il 24 maggio 2000 ed è affidata in gestione alla Provincia di Trapani. Nel 2010, ed anche successivamente, è stata purtroppo interessata da vasti incendi.