Le chiamano valanghe perché quando piove si muovono come una valanga; molto lentamente, ma si muovono. Inghiottendo tutto quanto l’uomo vi ha realizzato attorno: nel nostro caso una strada al confine tra le provincie di Enna e Catania chiamata, per l’appunto, “strada delle valanghe”.
E’ uno tra i più interessanti siti naturalistici di Sicilia (si dice che vi furono girate alcune scene di un film sulla Bibbia): un posto strano, quasi metafisico, a due passi dal fiume Simeto che scorre poche decine di metri a lato. Un sito di interesse comunitario (S.I.C.) protetto dall’Unione Europea. Una delle perle di Sicilia, così lo definiva una cartolina che i turisti acquistavano a Taormina.
E proprio qui, nel 2003, qualcuno aveva pensato bene di farci un affare gigantesco: una enorme discarica con annesso inceneritore capace di ricevere, stoccare e poi bruciare tonnellate di rifiuti provenienti da mezza Sicilia. Alcuni ritenevano che avrebbe creato lavoro e sviluppo economico per tutto il circondario, altri che lo avrebbe invece avvelenato con i suoi miasmi. Io la pensavo come questi ultimi e ho avuto l’onore di difenderli in giudizio contro lo Stato e la Regione.
Quello che segue, con allegati i documenti originali in PDF, è il resoconto ricco di colpi di scena di questa causa alla Davide e Golia sviluppatasi dal TAR di Catania a quello di Roma, passando per il Consiglio di Giustizia Amministrativa di Palermo e la Corte Costituzionale.
(Giuseppe Cicero)