L’autore di “Emergenza giustizia” (Edizioni A. Guerini e Associati SpA, Milano, 1999) è Carlo Nordio, magistrato che si è occupato di BR, sequestri di persona, dell’inchiesta sul MOSE ed è stato consulente della Commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi e presidente di quella per la riforma del Codice Penale.
Nordio è un PM – procuratore aggiunto a Venezia – eppure il suo libro (dedicato alla memoria del padre avvocato) parla “della magistratura che da ordinaria istituzione fallibile, ha assunto il ruolo di intrepida milizia liberatoria” ingenerando ingenue aspettative che sono andate deluse. E di un collega che in una intervista aveva esternato considerazioni negative sulla politica italiana degli ultimi cinquant’anni, scrive: “…è un inquisitore, e vede la storia come una successione di complotti, di ricatti e di connivenze criminali. Se un triangolo potesse pensare, diceva Senofane, immaginerebbe Dio come un immenso triangolo”.
Il taglio del libro è questo. Ovviamente si può essere d’accordo o no ma è certo che molte considerazioni di Nordio sono verità innegabili. Per esempio quando osserva che “Le parole di un pentito sono per definizione ambigue e non possono essere avallate da quelle, ancora più sospette, di due o cento pentiti. Come due cretini non fanno un intelligente, così due inaffidabili non fanno una persona credibile”. Oppure quando descrive la tattica del mafioso pentito che dopo alcune notizie vere rifila all’inquirente quelle a effetto: “Attua la strategia dei truffatori di tappeti. Paghi il primo, poi i primi dieci e poi altri cento. Diventi affidabile presso il grossista, e ne ordini a credito diecimila. L’allocco te li manda e tu scompari”.
Di grande efficacia, infine, è la descrizione dell’”impumone”, quel soggetto, cioè, perfettamente ammesso dal nostro codice, che è metà imputato e metà testimone (un accusato, in altri termini, che chiama in correità un altro) di tal che come testimone sarebbe obbligato a dire la verità mentre come imputato no e quindi “ha la facoltà di tacere, di parlare, di ritrattare, di mentire, ed anche di prendere in giro la Corte” conclude amaramente l’Autore.
Sorpresi? Forse no. Anche senza conoscerne questi tortuosi meandri, infatti, la diffidenza rassegnata dei cittadini verso la giustizia è nota. Ecco perché occorre almeno attenuarla iniziando a spiegarne il funzionamento e le disfunzioni ai non addetti ai lavori. Lo scopo del libro, in pratica. (G. C.)