“La concessione del telefono” (Sellerio editore, Palermo, 1998) è un romanzo di Andrea Cammilleri che risulta prezioso, ancorché ambientato nella Sicilia di fine ‘800, per capire alcune dinamiche sottese all’amministrazione della cosa pubblica e della giustizia anche a tutt’oggi.
La serie di equivoci che porterà il protagonista a rapportarsi molto pericolosamente con le suddette istituzioni, e “qualcun’altra” ancora, infatti, è pienamente attuale, tanto che a un certo punto gli farà osservare: “Ho scoperto che le parole spesso hanno il brutto vizio di intrecciarsi tra di loro (le parole a voce) per cui uno si fa persuaso d’avere inteso cose che l’altro non si è mai sognato di dire”. Mentre a suo suocero che considera amaramente come il genero sia rimasto pigliato a mezzo tra lo Stato e la mafia, il buon Delegato di polizia Spinoso (che alla fine verrà trasferito in Sardegna) risponde: “Non è il solo, se questo può consolarla. I tre quarti dei siciliani stanno pigliati in mezzo tra lo Stato e la maffia”.
Questo il quadro generale, e molto attuale, in cui si muove spassosamente ma sapientemente il romanzo. Lo conferma pure una lettera del perfettamente allineato “Studio legale Nappa e Cucurullo” di Montelusa quando si vede costretto a rifiutare la singolare se non proprio bizzarra richiesta di adire le vie legali niente poco di meno che contro la locale tenenza dei Carabinieri: “A nostra memoria, non si è mai contrapposta azione legale a una dichiarativa dell’Arma dei Reali Carabinieri i quali operano scrupolosamente nell’ambito delle funzioni loro assegnate. La querela, che sicuramente avrebbe per lei esito negativo, la metterebbe inoltre in cattiva luce e aggraverebbe il sospetto, che su lei pesa, di affiliazione a movimenti sobillatori”.
Il romanzo si chiude con il Questore (anche lui trasferito in Sardegna) che comunica al Delegato di polizia la notizia che l’insulso Prefetto che aveva dato luogo a non pochi degli equivoci di tutta la storia era stato addirittura promosso a coordinare tutti i Prefetti dell’isola. – “Non ride?” – “No, signor Questore. La saluto” – “Che fa? Mi porge la mano? Venga qua, Spinoso. Abbracciamoci”.
(G. C.)