“Non ricordo, dice il grande iniziato, se gli parlai per primo, o se fu lui che mi interrogò; ma ricordo benissimo, come se lo sentissi ancora, che mi parlò, per tre ore abbondanti, servendosi d’una lingua che sono certo di non aver mai udito…”
(S. Cyrano de Bergerac, “L’autre Monde”)
*
Nei primi anni ’80 due inviati a contratto della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania sbarcarono a Lipari alla ricerca di tre antichi volumi contenenti le Consuetudini dell’isola. Due (i cosiddetti “Libro rosso” e “Libro verde”) li rinvennero, come previsto, presso la Biblioteca comunale, mentre per il terzo (il cosiddetto “Libro delle Corrie”) il consiglio della direzione della Biblioteca fu di cercarlo presso il vicino Museo Archeologico Eoliano.
La direttrice del museo, Madeleine Cavalier, non sapeva della sua esistenza ma ne intraprese affabilmente la ricerca e nel giro di poco tempo l’antico volume era sul tavolo, suscitando, durante le operazioni di microfilmatura, l’interesse scientifico della stessa direttrice e di altri che si trovavano nella sala. Tra questi un anziano signore che cominciò a fare domande assai pertinenti e volle sapere tutto, o quasi, sul fenomeno delle antiche Consuetudini siciliane.
Mentre il fotografo microfilmava una per una le 500 pagine del documento, io feci del mio meglio per accontentare la curiosità dell’interlocutore. E solo sulla via del ritorno seppi che si trattava del marito della Cavalier: il prof. Luigi Bernabò Brea, vero e proprio mostro sacro dell’archeologia a cui, anni dopo, la Regione Siciliana intitolerà quello stesso museo dove l’avevo conosciuto e intrecciato – voglio sperare senza pedanteria – quella ‘inconsueta’ conversazione sulle Consuetudini. (G.C.)