LE CONSAPEVOLEZZE ULTIME
Non sono incline alle malie disfattiste del vinto per comodità mondana e per gli agi della retorica dal profilo basso e autoflagellante che fa sempre fine, tant’ è vero che già la prima volta che m’ imbattei in “meglio sarebbe non essere nato eccetera” scossi la testa e, da nato cronico ma così dubbio per il resto che ne era seguito da etichettarlo Abortito Sul Nascere, pensai, ‘Oh, come la mette giù dura il tipo, chissà dove la vede tutta ‘sta differenza tra l’essere nato e no‘, e tuttavia devo ammettere che la mia forza vitale, forza al di sopra delle mie stesse forze consegnatasi al servizio della civiltà a aspirazione democratica con la drammaticità di un tignoso capriccio infantile, è polvere; alla resa mi ha portato un’ ultima consapevolezza via l’ altra che tutte insieme si sono prese a sberle a lungo prima di apparirmi nel pieno e definitivo fulgore della verità mia per me e pertanto per chiunque lo voglia o no.
Consapevolezza A (Gigi D’ Alessio: “Qui siamo uno a cantà e quattrocento a mangià”): la Mafia primaria è praticata dallo Stato che ne è il mandante e il suo manovale è la burocrazia, che accelera o rallenta o dimentica, anche via magistrati col mal della nonna e quel neo flagello di tempo ammazzato detto algoritmo, le istanze della società civile a seconda di quanto sono funzionali ai suoi fini di mafia prima e ultima che favorisce, per poi sfruttarla, ogni altra mafia nel mezzo cui lo Stato fa, per l’ appunto, da cuscinetto; è insensato far balenare “la lotta alle mafie” e poi mettere in carcere, per esempio, il signor Riina o il signor Carminati senza ghigliottinare al contempo almeno trentatré politici tra i meglio impoltroniti e milletré loro tirapiedi variamente disseminati tra Comuni, Parlamento, Senato, Magistratura, Caserme dell’ Arma, Centri di Accoglienza, Studi Legali, Studi di Commercialisti, Agenzia di Riscossione delle Entrate, Massoneria, Banche e, di conseguenza, Santa Sede madre e lillipuziane sagrestie figliocce, e ovviamente direttori di testate e loro editori (che vengano risparmiati i giornalisti e i cosiddetti intellettuali di provata organicità aziendale e partitica, essi non contano più niente nel cartaceo, figuriamoci in tivù; nei talk show, con le loro teste dissanguate di “ombre consunte” dalla tiritera a memoria, fanno da contorno agli spot pubblicitari con altri insegnanti di religione chiamati però filosofi, visto uno, visti tutti, stessa poltiglia di matrone con e senza barba che fanno un po’ di rumore sul nulla sedato che sono; se non fosse grazie agli sponsor un minimo cangianti, non sapresti dire se è la puntata in diretta in questo preciso istante sul tal canale o una a caso che è stata in diretta anch’ essa ma chissà quando sul talaltro).
Consapevolezza B: non esistono giudici più o meno retti o più o meno corrotti o più o meno in gamba o più o meno lazzaroni, esistono processi più o meno lunghi che dispensano una certa qual giustizia più o meno sempre fuori tempo, e siccome nessun giudice vuole mettere a repentaglio la sua sicura carriera di burocrate dell’ accidia espletata in una teoria di pantomime processuali alle quali è indifferente sia il plauso che il fischio dei cittadini comuni detti romanticamente anche popolo, è pressoché impossibile che un giudice (ovvero un corteo di giudici che si snoda per tutti quei gradi di giudizio di cui ho perso il conto) possa concedere a un imputato di rispetto ovvero di panza, per quanto schiacciato dalle prove a suo carico, il privilegio di essere condannato “al più presto”, occorre lasciare sedimentare un po’ il tutto, troppi i calabroni che verrebbero punti nel loro letargo di insetti-da-guardia del sistema così com’ è, magari con qualche accorgimento si arriva alla prescrizione e tutto fu sogno, chimera, bolla di sapone; quindi (consapevolezza B2 ): esistono parecchie varianti, il carcere non entra in gioco quasi mai per i colletti bianchi, sebbene una vampiresca mosca bianca in gabbia ogni tanto la si mostri alla plebe per farla stare buona, ma meglio essere condannato all’ istante, e meglio se innocente, che assolto dopo un’ esistenza da ti-vedo-non-ti-vedo colpevole in cui perdi dignità, prestigio, beni e finti amici, che poi sono anche gli unici da tenersi cari per uno come te: nel primo caso hai tempo per rifarti di qui o di là, nel secondo non te ne rimane nemmeno per tirare un sospiro di sollievo, devi usare il fiato residuo per l’ ultimo respiro, che sfiga di bella soddisfazione, hai vissuto, sì, ufficialmente da colpevole, ma alla fine ce l’ hai fatta a morire da ufficiosamente innocente.
Consapevolezza C: nessuno al quale ho dato una mano ha resistito alla tentazione di prendermi anche il braccio e quindi la gola; aiutare qualcuno non serve a niente perché non puoi cambiargli l’ indole parassitaria, paranoica, mitomane, cannibalica, di fascista falsario con se stesso né fargli capire che aiutarlo significa aiutarlo a fare a meno di te e dunque di chiunque; di tutte le persone alle quali ho dato sostegno e solidarietà e riparo e calore e soldi, non ne ho mai incontrato una della quale potrei dire che senza di me non ce l’ avrebbe fatta, chiunque ce l’ ha fatta comunque a non fare niente di niente anche grazie a me, proprio come avrebbe fatto senza di me, tutti i miei afflitti di mestiere si sono arenati nella loro natura antecedente al mio incontro; non è che adesso sia diventato più avaro o almeno più guardingo, solo più sconsolato, e sconsolato a tal punto che anch’ io mi sono fatalmente ricongiunto alla mia genetica indole parassitaria e destrorsa contro la quale ho lottato e sulla quale ho avuto la meglio per decenni e decenni, fino a che mi sono arreso e le ho permesso di riavere il sopravvento proprio sul finale, proprio ora che sentivo imminente la mutazione in un angelo, permettendole di farmi morire non per come sono stato e mi sono conosciuto e troppo a lungo mi sono concesso di credermi, ma di farmi morire prima della morte, rassegnato a ripiombare nell’ indistinto bestiario umano prima di rischiare di morire immeritatamente con un’ alta e ben distinta opinione di me.
Consapevolezza D: non ho vissuto niente, non sono servito a niente, non sono stato utile a nessuno, non ho cambiato in meglio niente e nessun altro a parte me e, come abbiamo visto, solo per un po’ e non abbastanza per non rendermi conto degli abbagli di una creta sola su se stessa che da sé si è dovuta plasmare i riflessi di critica – e di affetto intellettuale – che avrebbero dovuto spettare agli altri, però non ho amato nessuno e nessuno mi ha amato, qui mi è andata proprio bene, e ne ho avuto la riprova rivedendo in seguito quei possibili referenti di passabile amore ghiandolare, mai una sola volta assurto a relazione squisitamente politica e amicale, e dall’ orrore provato per loro e per me ho capito che almeno in un campo, così sapientemente desertificato, avevo fatto la mia messe più ricca, e questa immensa felicità strappata per assenza l’ ho fatta mia e perdura, anche se mi sembra che mi converrebbe non averla nemmeno più una memoria; e poi, dimenticavo, non ho scritto niente.
Consapevolezza E: la vita è sopravvalutata e gli esseri umani non sono desiderabili, la storia della loro esistenza raramente si discosta dal risaputo, onomatopeico “plot!” delle loro funzioni gastro-epatiche e escrementizie, la mia schifiltosità è più che giustificata, però di taluni produttori di umori oggi apprezzo il formaggio di capra fresco, i ravioli con la borraggine e crema di noci, le sarde in saor, mentre di tutti indistintamente stimo le malattie mentali senili che finalmente li riducono all’ immobilità e alla più silenziosa contemplazione di ignote chimere, unica congrua manifestazione e fruizione dell’ intelletto accessibile anche ai più sfortunati di natura come ai più fortunati per censo; morale (consapevolezza E2 ): è indiscutibile che gli psicofarmaci contribuiscono al riequilibrio psicofisico dei famigliari di coloro ai quali li si fa mandare giù.
Consapevolezza F: ho sentito un proverbio che riassume ogni relazione sociale, erotica, sentimentale, affettiva, economica e politica: “Dagliene a chi ride, togline a chi piange”; non ce la farò mai a non farmi commuovere dal debole che pianga o no per furbizia, la furbizia è la debolezza per eccellenza, sarebbe più facile riavvitarmi la testa con gli occhi a vigilare sulle scapole casomai mi spuntassero le ali, e poi nessuno mi ha mai fatto la sorpresa di ingannarmi, l’ ho sempre messo in conto, mi divertiva così, pensavo che ingannare me era come lanciare male un boomerang, mi sbagliavo, pazienza, non è facile vivere nella fiducia, un lusso inaudito, e capisco tutta una vita di dura e arcigna diffidenza, ma senza almeno un’ ombra di cortese impostura dell’ etica che vita è? Che te ne frega dell’ aplomb attoriale di un affamato, di un rinnegato, di un ripescato, di un morente? Da che mondo è mondo, se ce n’ è per due, non ce n’ è anche per tre?
Consapevolezza G, ovvero del famigerato Punto G: è già una tale rottura di palle un rapporto sessuale gratis che l’ averlo a pagamento mi sembra l’ inconcepibile tortura di consegnarsi alla Vergine di Norimberga per gli ultimi ritocchi all’ autocastrazione, però non eccepisco, è la cosiddetta vita degli altri che non avendone una la vogliono doppia, ma voler multare chi si accompagna con una prostituta è come proibire le stampelle agli sciancati, fare il verbale al diabetico che si fa d’ insulina, sancire il padre di famiglia che va con un travesta per non prenderlo in culo lui; consapevolezza Punto G2 : il discorso sulla sessualità umana, suvvia, appartiene più all’ avvinazzato cazzeggio della teologia che non alla perentorietà classificatrice della psicanalisi, quindi non voglio nemmeno lontanamente accordarmici, ma la mia consapevolezza specifica circa la prestazione tra la puttana e il puttaniere vanta un dogma inconfutabile: a differenza dei grandi evasori internazionali, quali i tycoon della tecnologia internettiana e del narcotraffico fieramente recidivi per miliardi alla luce del sole, non esistono la puttana e il puttaniere, esistono due cittadini locali così di serie B da essere costretti per pochi spiccioli a fare gli evasori fiscali in clandestinità; poi, rara uccella, c’ è anche una via di mezzo: a una povera (gran bella) casalinga madre di due adolescenti, costretta a battere perché l’ ex marito non le versava gli alimenti, ho suggerito di farsi stampare una T-shirt, di gran grido femminista secondo me, che recitasse a caratteri gotici di strass, “Sono porca perché sono troia se no col cazzo!”; detto, fatto: trionfo del gradimento, concorrenza sbaragliata, gazzelle di carabinieri e affini che la portano avanti e indietro incantati da tanto zelo materno; ha tolto i bambini dalla scuola pubblica e per la ripresa, dato il portafoglio in crescita dei clienti, li ha iscritti, come tutte le mamme al di sopra di ogni sospetto, a un carissimo Lycée Beaumarchais, perché alla fine la multa davvero salata mica la paga il puttaniere, la paga la puttana, e manco lo sa; poi è, sì, vero che esistono i puttanieri e che la maggior parte delle troie di regime sono uomini, ma non esistono le puttane, esistono le donne: o si danno corpo e corpetto alla priorità di diventare soggetti economici una volta per tutte e così autonomi da scegliere, non dissimilmente da milioni di giovanotti di ventura tra le chat, la prostituzione tra le tante libere professioni o restano oggetti di baratto in balia di portafogli non loro, e il portafoglio di un uomo è il trofeo, anzi, l’ appendice naturale della sua cappella cavernosa oggi come ai tempi della pietra, puoi anche vederlo quale nido delle tue ovaie e usarti tutte le manfrine sentimentali che plachino la tua sete di alibi, ma per afferrare l’ uno devi pigliarti in saccoccia (sic) l’ altra; quanto al sesso che ho fatto io e per il retrogusto che me ne è rimasto (consapevolezza Punto G3 ), ho fatto male a accontentarmi della sveltina, che ha pur sempre i suoi ghirigori, avrei dovuto pretendere la fulminea.