Paola D’Amico, Corriere della sera, 28 X 2017
La signora dei falchi: «Li difendo sulla rotta dello Stretto di Messina»
Anna Giordano ha fondato l’associazione «Mediterranea» per difendere le migrazioni dai bracconieri e un centro di recupero della fauna selvatica. «La nostra presenza previene le stragi».
« U strettu», quel braccio di mare che separa la Sicilia dalla Calabria e sembra quasi far accarezzare le due sponde, per decenni ha segnato la fine del viaggio di migliaia di rapaci abbattuti dai bracconieri. Siamo nei luoghi del mito, che hanno incantato i poeti dell’antichità, Scilla e Carìddi (oggi Capo Peloro) cantate nell’Eneide, dove con un po’ di fortuna si possono vedere anche delfini e balenottere. Dall’alto del Monte Ciccia, sopra Messina, lo sguardo di Anna Giordano arriva al parco Nazionale dell’Aspromonte. Erano gli anni Ottanta quando cominciò la battaglia contro i bracconieri che su entrambi i fronti dello stretto, di qua rintanati in bunker di cemento, di là in torrette di tubi metallici nascoste tra le fronde dei boschi, facevano strage di cicogne, gru e soprattutto falchi, i grandi veleggiatori che sfruttano le correnti ascensionali per salire in quota e poi lasciarsi trasportare dai venti, percorrendo così lunghe tratte del loro viaggio.
L’autostrada della migrazione
Sullo stretto c’è una delle rotte migratorie più importanti al mondo, un’autostrada che in autunno ma soprattutto in primavera, quando gli uccelli dall’Africa subsahariana risalgono in Europa per nidificare, è affollata e risuona di grida e di colori. Questo, con Gibilterra e il Bosforo, è uno dei tre punti strategici delle rotte migratorie in Europa. La «signora dei falchi» oggi dirige l’area protetta delle saline di Trapani, affidate al Wwf dalla Regione Sicilia, ma due giorni alla settimana ritorna nel messinese, dove ha fondato l’associazione Mediterranea per la natura (Man) e non senza incontrare ostacoli un Cras, centro di recupero della fauna selvatica, che sopravvive nonostante la cronica carenza di fondi. Non indugia sul «pandino» che le bruciarono davanti a casa. Né sul falco pecchiaiolo morto lasciato sull’uscio agli esordi delle sue missioni ambientaliste. «Quel giorno – ricorda – giurai che sarebbe stato il primo dei loro ultimi giorni. Ero una furia. Ma arrivammo, ed era il maggio 1982, ad una manifestazione pubblica e quella fu una pietra miliare».
Il ritorno a Messina
Ha 52 anni, Anna. Nata a Milano da genitori siciliani, è tornata alle origini quando aveva 10 anni. Il babbo, Nicola, che era uno scienziato, fondò a Messina il primo istituto di ricerca per le energie alternative ora a lui intitolato. Era la terra densa di profumi, suoni e colori che aveva imparato a conoscere da bambina, durante le lunghe estati trascorse in vacanza dai nonni. Sono un tutt’uno l’amore per la natura e gli animali. Vent’anni fa Anna Giordano è stata premiata con il Goldman Environmental Prize, una sorta di premio Nobel per l’ambiente. Lo tiene sulla scrivania del suo ufficio, insieme alle edizioni delReader’s Digest (in più lingue) che le hanno dedicato la copertina. «Ho sempre avuto un amore sfegatato per gli animali – dice -, quand’ero piccina con papà andavo allo zoo di Milano e studiavamo insieme come far fuggire la giraffa, le scimmie, l’elefante». A sei anni era già iscritta alla Lipu (allora Lenaduc, lega nazionale difesa uccelli). A dieci con la paghetta comprava i cardellini in vendita al mercato per liberarli. «A quindici ho scoperto che sullo stretto sparavano ai falchi migratori».
Come in trincea
Due anni dopo, era il 1981, trascina un amico sui monti. Come essere in trincea, con gente armata lungo i crinali. «Ho visto abbattere 34 rapaci, con il mio amico abbiamo tentato di recuperare una poiana ferita, ci siamo trovati circondati dai bracconieri». E minacciati. Si divide, con l’inseparabile cane Bello tra le saline di Trapani e il suo rifugio a Gesso, un grumo di case ai piedi dei monti Peloritani. «Al liceo, nell’anno in cui organizzai il primo campo contro il bracconaggio, ho rischiato la bocciatura – racconta -. E quando mi sono iscritta all’Università, Scienze Naturali, ogni anno mollavo i libri a febbraio e li ripigliavo a giugno. All’inizio mi aiutavano gli ambientalisti che arrivavano dal Nord Europa, soprattutto dalla Germania. Col tempo le forze dell’ordine sono entrate in campo». La caccia ai falchi pecchiaioli non è mai cessata. Soprattutto sul fronte calabro, dov’è una piaga, e lo sarà fintanto che resisterà un’insana tradizione che lega la virilità del cacciatore e la tranquillità della casa e della famiglia alla cattura di un rapace, o «adorno», questo il suo nome nel dialetto locale. «La nostra presenza è ancora fondamentale per prevenire la strage di migratori e garantirgli un volo sicuro verso i siti di nidificazione», conclude l’ambientalista dalla volontà di ferro che in 35 anni con un pugno di protezionisti è riuscita in una impresa impossibile.
Il rispetto per la natura
La sensibilità per l’ambiente è scritta nei suoi geni. Forse per questo in famiglia nessuno l’ha ostacolata quando affrontava i bracconieri a viso aperto. Una madre e un padre che per primi le hanno insegnato il rispetto per la libertà, di tutti, animali inclusi. Come ora difende l’area protetta, le saline, dall’avanzata del cemento che preme ai suoi confini insieme ad un diffuso degrado. Sognando «di realizzare un grande centro ornitologico su queste due rotte – Trapani e Messina – percorse da milioni di splendidi migratori che regalano emozioni uniche». Il suo volontariato con il Wwf, ai tempi pionieristico, le ha portato onori e soprattutto risultati ma l’ha anche esposta a minacce e pericoli. Anche se forse meno subdoli di quelli che corre da quando, con il nuovo millennio, sulla strada dei migratori, tra le montagne incastonate tra l’Etna e lo Stretto di Messina – sito protetto dall’Unione europea – sono cresciute foreste innaturali, fatte di pale eoliche e giganteschi elettrodotti. L’invito a fermarsi di recente è arrivato dal fuoco che per poco non le ha distrutto la casa. Perché difendere gli animali che si schiantano contro i mostri d’acciaio vuole dire scontrarsi non più con le credenze popolari ma con i poteri forti.
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Grande ambientalista, Anna Giordano. E grande e generosa protagonista, tra l’altro, dell’epica battaglia contro il termovalorizzatore nella Valle del Simeto (Nota dello Studio).