Simonetta Sciandivasci, La Verità, 26 V 2017
LE SLOT MACHINE DEI COMUNI
Il funzionamento della sezione del sito della polizia stradale italiana dedicata agli autovelox è decisamente allegorico. Le sanzioni e i limiti di velocità sono ben chiari, mentre i pdf delle mappe di tutor e misuratori di velocità si scaricano a singhiozzo, alcuni elenchi sono aggiornati al luglio 2016 e cliccando su una Regione, dalla cartina dell’ Italia che dovrebbe dare accesso alle liste degli autovelox mobili della stessa, compare «immagine non disponibile» (dal Trentino alla Calabria, senza differenze).
Meno male che la disintermediazione c’ è, si fa prima a scaricare le (numerose) app per smartphone che non solo squadernano dettagliatissime mappe con segnalazioni precise delle macchinette spione, ma vi avvisano della loro presenza, per tempo, mentre siete alla guida. Neanche la disintermediazione, però, mitiga la sensazione che da strumento di sicurezza, persino di educazione stradale e prevenzione degli incidenti, gli autovelox siano diventati un mezzo repressivo e, peggio ancora, macchine per far soldi. Sensazione supportata dai fatti.
CASSA AUTOVELOX
«La stragrande maggioranza dei Comuni italiani usa gli autovelox semplicemente per fare cassa: troppo spesso le multe diventano uno strumento alternativo alle odiose addizionali Irpef», ha dichiarato Simone Baldelli, deputato di Forza Italia, il quale, a gennaio dello scorso anno, fece approvare – a maggioranza plebiscitaria – una mozione che imponeva ai Comuni la trasparenza su quanto già prescritto dall’ articolo 142 del Codice della strada, ovvero l’ obbligo di reinvestire il denaro incassato dalle multe per eccesso di velocità esclusivamente in manutenzione e messa in sicurezza delle strade.
Come? Prevedendo che, ogni anno, ciascun Comune consegnasse al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti una relazione che indicasse i soldi provenienti dalle contravvenzioni e l’ uso fattone dalle amministrazioni.
RENDICONTO
Sedici mesi più tardi, il resoconto del deputato Baldelli racconta di una mozione il cui obbligo è stato largamente inevaso: su quasi 8.000 (7.998) Comuni italiani, sono stati solo 300 quelli che hanno fatto pervenire al Ministero il proprio rendiconto. Tutti gli altri, con alta probabilità, impiegano il denaro derivante dagli autovelox per sanare i propri bilanci e finanziare attività sul territorio: l’ inferenza collima con il dato raccolto dal Centro studi e ricerche sociologiche Krls network of business ethics sugli aumenti dei proventi delle multe stradali in Italia negli ultimi tre anni, pari al 956%.
CROLLI
Impressionante, soprattutto in un paese disseminato di strade sempre più insidiose. La rampa di collegamento della tangenziale di Fossano, nel cuneese, crollata lo scorso aprile, è stata la terza dall’ inizio del 2017. La storia dei cedimenti dei cavalcavia, in Italia, soprattutto negli ultimi anni (proprio quelli in cui le casse per la manutenzione stradale si sono arricchite), è parecchio lunga: è uno dei molti motivi che impongono una disciplina ferrea anche rispetto alla regolamentazione del denaro che le amministrazioni locali percepiscono grazie agli autovelox.
DIRITTI
Nondimeno, è fondamentale garantire i diritti dei consumatori: esistono diversi autovelox che non solo non sono opportunamente segnalati (e qui diventa chiaro il fine repressivo, quasi persecutorio e s’ inabissa, invece, quello di prevenzione) ma sono posizionati in maniera ingannevole: il settimanale Oggi, che ha dato ampio spazio alla notizia, ne ha segnalati di ridicoli. In Molise, vicino Isernia, un autovelox è posizionato sotto il guardrail; sull’ autostrada che porta a Chiasso, il limite di velocità è stato portato a 100 chilometri orari (da 120), facendo schizzare le multe (7,5 milioni di euro in 6 mesi).
RIVOLTE
Nel 2012, Terni insorse perché l’ 80% delle sanzioni emesse nei primi mesi dell’ anno furono recapitate ad automobilisti che procedevano, in città, a meno di 60 chilometri orari: già allora i cittadini domandarono che almeno la metà del poderoso incasso venisse impiegato nella cura delle strade. Nel 2014, a Modena, su un «irrealistico e illogico» divieto di superare i 50 all’ ora in strada Contrada, si giocò persino parte della campagna elettorale allora imminente.
«Se il Comune si è reso conto che un autovelox su quella strada, con quel limite di velocità, è un non senso e un atto di autentica violenza nei confronti dei cittadini, dirami un comunicato con il quale si impegna ad annullare le sanzioni, è evidente che quella installazione non persegue il condivisibile obiettivo della sicurezza», disse Stefano Bellei, segretario della Lega Nord.
Di dichiarazioni come questa, la cronaca locale italiana recente è zeppa, così come pullula di storie di comunità che si sono rinsaldate nella lotta contro gli autovelox, un po’ come nei moti del pane della Milano di fine Ottocento.
USURPATORI
Liberarsi dall’ autovelox è come cacciare gli austriaci, è la vittoria della legittimità popolare contro l’ usurpatore. Retorico? Mica tanto: il parallelo con la giustizia italiana che, anziché educare, punisce, è persino insufficiente, perché l’ altro elemento è quello della truffa legalizzata ai danni dei cittadini da parte di chi li amministra. In questi giorni, Isernia è in festa perché il tribunale ha finalmente confermato quanto molti giudici di pace avevano già sentenziato: l’ autovelox di Macchia deve essere scollegato, è illegittimo.
Vent’ anni fa questa battaglia non si combatteva: gli italiani odiavano gli autovelox ma si rassegnavano a tollerarli, certamente perché non erano stati sfigurati dall’ abuso delle amministrazioni.
SCATTO
La convivenza di quegli anni con questo strumento (il primo modello fu inventato dalla Telefunken, azienda tedesca, che lo immise sul mercato alla fine degli anni Cinquanta: in Italia arrivò nel 1972, grazie alla ditta Sodi Scientifica di Calenzano) è stata fotografata da Carlo Verdone nel suo Viaggi di nozze: ricordate lo sbigottimento innocente dei carabinieri che guardano lo scatto di Ivano e Jessica mentre fanno sesso in macchina a 220 all’ ora?
NUMERI
Attualmente, nel nostro Paese si contano 1.524 autovelox fissi: uno ogni 96 chilometri. Stando ai dati, sarebbe complesso affermare che abbiano avuto un impatto reale sulla diminuzione degli incidenti. Secondo le ultime rilevazioni Istat disponibili (pubblicate l’ estate scorsa e relative al 2015), in Italia, per ogni milione di abitanti, si contano 156 morti per incidente in macchina (in Europa, 52).
REGOLE
Le norme sulla sicurezza stradale prevedono che il limite massimo di velocità sia di 130 chilometri orari sulle autostrade; 110 sulle extraurbane principali; 90 sulle extraurbane secondarie; 50 in città. Si scala di 20 chilometri orari in caso di maltempo. Le sanzioni per chi li infrange sono piuttosto salate, prendiamo due estremi: multa tra 39 e 159 euro per chi supera il limite massimo di soli 10 chilometri orari; decurtazione di 10 punti sulla patente, sospensione da 6 a 12 mesi e ammenda pecuniaria dai 779 ai 3.119 euro per chi sfora di 60 chilometri orari il limite massimo consentito. Viene voglia di trasferirsi in Islanda.