Fiorina Capozzi, Il Fatto Quotidiano, 12 III 2018
Famiglie, il bilancio di Bankitalia: “Scende la ricchezza media e sono sempre più i giovani del sud a rischio povertà”
L’analisi sui dati 2016: quasi un italiano su quattro guadagna meno di 830 euro al mese. Ed è per questo a rischio di emarginazione in un Paese in cui crescono le disuguaglianze.
*
Mai così poveri negli ultimi 27 anni: quasi un italiano su quattro guadagna meno di 830 euro al mese. Ed è per questo arischio di emarginazione in un Paese in cui crescono ledisuguaglianze. E’ questo lo scenario che emerge dall’indagine di Bankitalia sui bilanci 2016 di oltre 7mila famiglie italiane. A completare il quadro c’è poi l’identikit dei nuovi poveri: giovani, principalmente residenti al Sud, meno istruiti enati all’estero. In compenso, rispetto a due anni fa, il reddito medio delle famiglie tiene (+3,5%), ma resta ancora decisamente lontano (15%) dai livelli precrisi del 2006. Scende però la ricchezza media che, fra il 2014 e il 2016, ha perso il 5% proseguendo in scia al trend negativo imboccato nel 2010. La colpa è “dell’andamento delle attività reali che ha riflesso prevalentemente la riduzione del valore degli immobili”, come si legge nello studio.
La crisi insomma è tutt’altro che alle spalle. Come spiega Bankitalia, nel 2016 è “aumentata la quota di individui a rischio di povertà, definiti come quelli che dispongono di un reddito equivalente inferiore al 60 per cento di quello mediano. L’incidenza di questa condizione, che interessa per lo più le famiglie giovani, del Mezzogiorno o dei nati all’estero, è salita al 23 per cento, un livello molto elevato”. In compenso, al netto diimposte sul reddito e contributi, il reddito annuo familiare 2016 degli italiani si è attestato a 30.700 euro, appena cento euro in più rispetto al 2014. “Al netto della variazione dei prezzi è un valore sostanzialmente analogo a quello rilevato nelle indagini sul 2012 e sul 2014 ma ancora inferiore di circa il 15 per cento a quello registrato nel 2006, prima dell’avvio della crisi finanziaria globale”, come si legge nello studio.
Scende la quota dei senza reddito, ma aumentano le famiglie monoreddito. Dall’analisi Bankitalia sui nuclei con un capofamiglia con meno di 65 anni emerge come “la quota di persone che vivono in famiglie senza alcun percettore di reddito da lavoro è diminuita nel 2016 all’8,7 per cento dal 10,4 nel 2012; rimane tuttavia di 1,2 punti superiore al valore nel 2006”. Tra il 2006 e il 2016, si assottiglia invece la quota delle persone che vivono in nuclei familiari dove ci sono almeno due lavoratori (dal 50,7 al 45,5%). Inoltre “nel Mezzogiorno, il 13,3 per cento degli individui vive in famiglie senza alcun percettore di reddito da lavoro rispetto al 6,1 nel Nord e 6,9 nel Centro”, prosegue l’indagine.
E’ in calo la ricchezza netta media. Secondo Bankitalia, la somma dei beni mobiliari e immobiliari al netto delle passività delle famiglie italiane ammonta a 206mila euro nel 2016. Tuttavia è costituita soprattutto da case di proprietà. “Il valore mediano, che separa la metà più povera delle famiglie dalla metà più ricca, era – in passato – significativamente inferiore (126.000 euro, da 138.000 euro nel 2014), riflettendo la forte asimmetria della distribuzione”, spiegano gli esperti di Bankitalia evidenziando non solo il peggioramento della situazione delle famiglie italiane ma anche l’allargamento della forbice tra ricchi e poveri.
Intanto si riduce il numero di famiglie indebitate.”Nel 2016 la quota di famiglie indebitate è ancora diminuita, al 21 per cento dal 23 nel 2014, proseguendo la tendenza avviatasi nel 2010 – conclude Bankitalia -. La flessione ha interessato, pur in misura diversa, tutte le principali forme di debito con l’eccezione di quelle, complessivamente poco diffuse, riconducibili a ragioni professionali. Tra il 2006 e il 2016, la flessione della quota di famiglie indebitate ha interessato quasi esclusivamente quelle il cui capofamiglia ha al più 45 anni (dal 38 al 29 per cento), riflettendo la forte contrazione del ricorso al credito al consumo (dal 20 al 9 per cento); è invece rimasta stabile (attorno al 17 per cento) la quota di chi è indebitato per acquisto o ristrutturazione di immobili”.