Alessandra Mammì, Dagospia, 8 III 2014.
TUTTO SULLA BIENNALE ARCHITETTURA DI REM KOOLHAAS.
DAL 7 GIUGNO, VENEZIA CI BUTTA IN MEZZO A QUESTA GLOBALE FUSIONE E CONFUSIONE, DOVE NON ESISTONO PIÙ LE ARCHITETTURE NAZIONALI.
Lunedì 10 marzo, Rem Koolhaas (forse di Prada vestito), alle 12 30 (sicuramente puntuale) arriverà nella Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian in Venezia per presentare la sua 14ma Mostra internazionale di Architettura (7 giugno – 23 novembre). E’ solo una conferenza stampa della Biennale, ma sarà un evento. Perchè anche se Koolhaas detesta la parola archistar (“invenzione di giornalisti pigri”, dice) lui fino a prova contraria di professione è architetto ed è fotografato, inseguito e vissuto come una star.
Perfetta icona dei nostri tempi: ossuto e nervoso quanto basta, elegante e minimale, physique du rôle della testa d’uovo, teorico controtendenza, sperimentatore e ricercatore di grande talento. Che ora affronta anche il ruolo di curatore vestendo i panni dell’antropologo, filosofo, sociologo «Mi ritengo un amateur in diverse discipline, tra cui l’architettura. Uno scrittore professionista: è così che mi sento», ha detto.
Del resto se non fosse consapevole del suo fascino e dell’amore dei media nei suoi confronti non avrebbe scelto un titolo tanto assoluto: “Fundamentals” . I fondamenti del mondo in tutto il mondo. Una cosetta che lui gestirà in un grande unico laboratorio tra i Giardini e l’Arsenale divisi in aree tematiche.
Al Padiglione Centrale c’è Rem Koolhaas uomo pratico. Quasi una massaia che comincia con l’ABC, ovvero soffitti, finestre, infissi, pavimenti. Fondamenti veri materie prime della costruzione, declinati in tutte le loro possibili forme e materie. Se non si parte da qui non c’è storia, anzi non c’è casa che tenga.
All’Arsenale invece, è certo che ci sarà l’ltalia, non è chiaro nè come nè perchè. Se in veste di grande bellezza, grande bruttezza, grande utopia, grande truffa…. centro storico o periferia, gloria dei padri o brutture dei geometri, abusivismo, speculazioni… sorpresa.
Il resto del mondo invece, sparso come sempre nei padiglioni tra Canal Grande, Giudecca e Arsenale sarà chiamato a confrontarsi su un unico tema Absorbing Modernity 1914-2014. Pensiero stupendo che cancella di un colpo i dialetti e ci butta in mezzo a questa globale fusione e confusione, dove non esistono più le architetture nazionali ma non sappiamo ancora parlare un linguaggio comune a tutte le latitudini.
Credo che oggi non abbia più senso parlare di architettura svizzera, cinese o indiana” Koolhaas dixit . “A ciascun paese chiederemo di raccontare la propria storia negli ultimi 100 anni in relazione all’idea di modernità, che sia stata accettata o rifiutata. Cercheremo insieme di capire come mai 100 anni fa era possibile parlare di architetture nazionali e ora non più. Ci chiederemo come siamo arrivati a una situazione in cui tutti costruiscono le stesse cose».
E magari sarà anche il caso di chiedere se queste “stesse cose” funzionano per tutti e sono belle ovunque. Perchè cominciamo ad avere qualche dubbio.