Bernard-Henri Lèvy, Corriere della sera, 26 VI 2016.
L’ANALISI
Così con la Brexit ha vinto un sovranismo ammuffito
L’unica via di uscita per gli europei è una azione di grande rilievo.
*
Brexit è la vittoria non del popolo, ma del populismo. Non della democrazia, ma della demagogia. È la vittoria della destra dura sulla destra moderata, e della sinistra radicale sulla sinistra liberale. È la vittoria, nei due campi, della xenofobia, del vecchio odio verso l’immigrato e dell’ossessione di avere il nemico in casa.È la rivincita, in tutto il Regno Unito, di coloro che non hanno mai sopportato che gli Obama, Hollande, Merkel e altri esprimessero la propria opinione su quello che essi si accingevano a decidere. È la vittoria, in altri termini, del «sovranismo» più stantio e del nazionalismo più stupido. È la vittoria dell’Inghilterra ammuffita sull’Inghilterra aperta al mondo e all’ascolto del suo glorioso passato.
La sconfitta
È la sconfitta dell’Altro davanti al rigonfiamento dell’Io, e del complesso davanti alla dittatura del semplice. È la vittoria dei sostenitori di Nigel Farage su una «classe politico-mediatica» e sulle «élite mondializzate» che essi ritengono siano «agli ordini di Bruxelles». È la vittoria, all’estero, di Donald Trump (il primo, o uno dei primi, ad aver acclamato questo voto storico) e di Putin (il cui sogno e, probabilmente, uno dei progetti — non lo si ripeterà mai abbastanza — è la disgregazione dell’Unione Europea).
La vittoria
È la vittoria, in Francia, dei Le Pen e dei Mélenchon che sognano una variante francese di Brexit, mentre ignorano completamente l’intelligenza, l’eroismo, la radicalità e la razionalità francesi. È la vittoria, in Spagna, di Podemos e dei suoi Indignati di cartapesta. In Italia, del Movimento 5 Stelle e dei suoi clown. In Europa centrale, di chi, dopo aver percepito gli utili dall’Europa, è pronto a liquidarla.È la vittoria, ovunque, di coloro che aspettavano solo che si presentasse l’occasione per sottrarsi all’impegno europeo; di conseguenza, siamo all’inizio di un processo di smembramento che, oggi, nessuno sa come potrà essere arrestato.È la vittoria della folla di Metropolis sulla «colazione dei canottieri» (riferimenti al film di Fritz Lang e al dipinto di Auguste Renoir,ndt).
Il piccolo e il grande
È la vittoria degli estremisti violenti e di dementi gauchisti, dei fascisti e degli hooligan avvinazzati e pieni di birra, dei ribelli analfabeti e dei neonazionalisti che fanno venire il sudore freddo.È la vittoria di coloro che, come l’inenarrabile Donald Trump che urla sventolando la parrucca gialla come un lazo: «We will make America great again!», pensano di interporre un muro, anche loro, fra «i musulmani» e se stessi. Questo si potrà dire in anglico, nella lingua dei rital, in franglese. Sarà detto ringhiando, picchiando, cacciando via, rimandando in mare, vietando di entrare o proclamando a voce alta l’irrisorio e fiero: «Sono inglese, io, signore» — o scozzese, o francese, o tedesco o altro ancora.Sarà, sempre, la vittoria dell’ignoranza sul sapere. Sarà, ogni volta, la vittoria del piccolo sul grande, e della cretineria sull’ingegno.
Gli oligarchi
Infatti, amici britannici, è evidente che «i grandi» non sono i «plutocrati» e i «burocrati»! E nemmeno i «privilegiati» di cui oggi si sogna ovunque, come da voi, di veder la testa infilzata su una picca! E quelli che Brexit ha silurato, cancellando l’appartenenza all’Europa non sono, ahimè, gli «oligarchi» denunciati dai vostri battistrada!I grandi sono gli amici e gli ispiratori della vera grandezza dei popoli. Sono gli inventori di quella splendida chimera, nutrita con il latte di Dante, Goethe, Husserl o Jean Monnet, che si è chiamata Europa. Sono questi grandi che voi state rimpicciolendo. Ed è l’Europa come tale che si sta dissolvendo nel nulla del vostro risentimento.
Il ruolo
Che l’Europa abbia avuto un suo ruolo nel processo della propria messa a morte, è vero. Che questa «strana sconfitta» sia anche quella di un corpo esangue, e che si disinteressava alla propria anima, alla propria storia, alla propria vocazione; che l’Europa cui viene dato il colpo di grazia fosse moribonda da anni perché rappresentata da dirigenti scialbi e già fantomatici, il cui errore storico era di credere che la fine della Storia fosse avvenuta e ci si potesse addormentare in un sonno eterno purché venisse messo in funzione l’annaffiatore automatico, è certo.
La responsabilità
Insomma, che la responsabilità della catastrofe incomba anche su politici che hanno preferito — da fedeli ascoltatori dei loro spin doctor e dei loro maestri sociologi — accarezzare gli eventi nel senso del pelo che è quello della non-Storia, attenuare il rombo dei temuti temporali e rinchiudersi in un newspeakle cui parole sono sempre servite a tacere piuttosto che a dire, anche questo è un’evidenza. Ma coloro che hanno ottenuto la maggioranza al referendum, e coloro che l’applaudono, non vengano a raccontarci che volevano difendere, in segreto, chissà quale «Europa dei popoli». Infatti Brexit non è la vittoria di un’«altra» Europa, ma di una «assoluta mancanza di Europa». Non è l’alba di una rifondazione, ma il possibile crepuscolo di un progetto di civiltà. Significherà, se non si ritorna in sé, la consacrazione della grigia Internazionale degli eterni nemici dei Lumi e di chi ha sempre avversato la democrazia e i diritti dell’uomo.
I dirigenti
L’Europa era, certo, indegna di se stessa. I suoi dirigenti erano pusillanimi e pigri. I suoi professori erano abitudinari e la loro arte di governare infiacchita. Ma quello che si prospetta al posto di questo giardino dei Finzi Contini è una zona di villini mondializzata dove si dimenticherà, poiché ci saranno ormai solo nani da giardino, l’esistenza di Michelangelo. O meglio, fra coloro che si rassegnassero a lasciar marcire questo mondo nelle pattumiere «trumpiane» della «grande America» dei fucili e stivali, o nella seduzione di un putinismo che reinventa le parole della dittatura o, adesso, nella desolazione di una Gran Bretagna che volta le spalle alla propria grandezza, fra questi dunque e i contemporanei di una fornace da cui uscirono i più spaventosi demoni dell’Europa, non c’è che lo spessore della vita di un uomo.
L’azione
La scelta è quindi chiara. O gli europei tornano in sé, o questo sarà il giorno di una Santa Alleanza dei militanti di una nuova Reazione la cui fonte battesimale si trova non più sul Giordano ma sulle rive del Tamigi. O gli europei escono da questa crisi senza precedenti da settant’anni con parole forti e con una azione di grande rilievo, oppure, nell’ampio spettro coperto dai linguaggi pre-totalitari — dove la smorfia rivaleggia con l’eruttazione, l’incompetenza con la volgarità e l’amore del vuoto con l’odio per l’altro — sarà il peggio a fare la sua apparizione.
(traduzione di Daniela Maggioni)