Ombretta Grasso, La Sicilia, 24 XI 2024
Le librerie Cavallotto festeggiano 70 anni di storia: «Da Ionesco a Siascia e Guttuso, “casa” di artisti e scrittori»
«C’anu a fare sti fimmineddi suli?». Nessuno scommetteva sulla resistenza di queste quattro donne la cui vita ha il profumo delle pagine. Rimaste sole dopo che Vito Cavallotto, editore e libraio illuminato, morì tragicamente in un incidente stradale nel 1983, hanno continuato a guidare le librerie, punto di riferimento di artisti immensi, e festeggiano oggi 70 anni di una storia che è orgoglio, grinta e amore per la Sicilia.
«Dopo la morte di mio marito – racconta la signora Adalgisa Cavallotto, splendidi 88 anni – Persino Sebastiano Addamo scrivendomi una lettera mi disse “Non so cosa potrà fare lei…». Forse non conoscendo – lo scrittore – fino in fondo la tenacia, le capacità, la forza della signora e delle sue figlie Cetti, Anna e Luisa. «Nessuno credeva in qusta squadra tutta femminile. Sono convinta che c’è lo zampino di mio marito – prosegue – Lo sognavo spesso e lo vedevo annuire con la testa e con il sorriso dirmi “vai avanti, vai avanti che ce la fai”».
Vito Cavallotto aveva i libri nel dna, in un intreccio di parentele e matrimoni tra librai ed editori da romanzo, raccontato infatti dalla scrittrice Giuseppina Torregrossa nel libro “Il figlio maschio”.
«Vito era di Sommatino e andò a frequentare le medie a Caltanissetta. La nonna era cugina di Luigi Russo, e tra i figli c’era Filippo Ciuni che pubblicò Croce durante il fascismo e aprì una famosa libreria a Palermo, dove collaborava anche la mamma di Vito. Mio marito fece l’apprendistato dal cugino Totò Sciascia e nel 1954 aprì la sua libreria a Caltanissetta, dove lavorava una mia amica. Io andavo a trovarla e lui mi guardava sempre con quegli occhi penetranti. Io sono sempre stata estroversa, giocherellona, ci siamo innamorati, sposati e ho iniziato a lavorare in libreria».
Caltanissetta in quegli anni era il cuore culturale della Sicilia, anche grazie a Leonardo Sciascia. «Nel 1964 ci trasferimmo in una libreria più grande, con galleria d’arte, cartoleria, articoli da regalo, materiale per l’ufficio. Sciascia la frequentava, veniva da Palermo con un rotolo di disegni di Emilio Greco, Bruno Caruso, Vespignani e diceva: “Signor Cavallotto, facciamo una mostra?”. E ne abbiamo fatte tantissime. Fu una stagione magica. Così come accadde anche a Catania dove nel ’68 abbiamo aperto in corso Sicilia. Iniziò un periodo incredibile di presentazioni di libri, di mostre. La libreria era un punto di incontro, un mondo».
Gli appuntamenti più importanti di quelle stagioni straordinarie, ricche di talenti?
«Tantissimi, impossibile dire tutto. Ospitammo Ionesco, il poeta Murilo Mendes, Piero Chiara, Migneco, Mazzullo, lo scultore di Messina, Santo Marino, il pittore di Militello, Fiume, Borra, Sciavarrello. E poi Bufalino, Consolo. Molti venivano in Sicilia per il premio Etna Taormina. A Catania abbiamo fatto una mostra di Guttuso incredibile, un pienone. Lui si tolse la cravatta, schizzò un cavallo nella parte interna e la regalò a Vito. Per i 50 anni della libreria organizzammo una mostra di Bruno Caruso, e anche lui ci regalò disegni di cavalli per mio marito. Ho sempre pensato di farne una mostra»
Poi la libreria a Palermo e la casa editrice.
«Nel 1972 Vito pubblicò il primo libro “La civiltà del legno in Sicilia”, di Antonino Uccello, al quale seguirono tanti altri, tra cui “Profumi di Sicilia”. Mio marito era un antesignano e, nel 1976, aprì un’enorme libreria a Palermo. Sergio Mattarella con Nino Buttitta e Giusto Monaco facevano parte del comitato organizzatore degli eventi culturali. Con Roberto Cerati figura leggendaria di Einaudi, c’era un rapporto di stima. Con lui nacque l’idea di una mostra di tascabili, con le bancarelle davanti alle librerie di Caltanissetta, Catania e Palermo».
Dopo la morte di Vito, tante difficoltà.
«Abbiamo venduto Palermo subendo tanti soprusi, le banche ci avevano chiuso i conti, le case editrici ritirarono i libri».
Ma i libri sanno quando è il momento di scompaginare un destino che sembra segnato.
«Molti immaginavano che avrei mollato, considerando le mie figlie “l’addevi…”. Il mantenere vivo il pensiero di mio marito, l’avere eletto Catania come unica sede, l’aiuto dei miei parenti e delle mie figlie, nate e cresciute in libreria, ci hanno consentito di continuare. E anche di aprire la libreria in viale Jonio. Abbiamo sempre avuto uno staff prezioso: competente, responsabile, su cui possiamo contare. Le ragazze hanno frequentato la scuola per librai aperta da Luciano Mauri, figura di spicco dell’editoria. Abbiamo ripreso le presentazioni dei libri e con molti autori si è creata familiarità. Con Dacia Maraini, con cui organizziamo anche tanti incontri nelle scuole, Gherardo Colombo, Maria Attanasio, Luisa Adorno, solo per citare qualche nome. Ospitammo Andrea Camilleri per la sua prima presentazione in Sicilia. La presentazione di Gramellini con Franco Battiato fu incredibile, non c’era spazio per tutti».
Una lunga storia con lo sguardo sempre al futuro.
«Le mie figlie hanno portato la modernità, hanno innovato le librerie, inserendo nuovi settori e lanciando tante iniziative. Organizziamo corsi di lettura, di pittura, di origami, proiezioni, incontri, ospitiamo due gruppi di lettura, “Quelle che non giocano a carte” e il “Book club”. Proprio oggi inauguriamo il nuovo reparto dedicato alla cultura pop e ai fumetti».
Quanto è cambiato fare impresa in Sicilia?
«Ho tre nipoti e studiano in tre città diverse. Io dico: viaggiate, fate le vostre esperienze ma mettetele a frutto in Sicilia. Mi rispondono: “Con quali opportunità?”. E la pensano così tanti altri giovani che lavorano lontano dall’Isola».
Cosa cambierebbe a Catania, in Sicilia?
«Catania è la mia città da tanti anni. Quando mi alzo da casa vedo il mare e l’Etna e gioisco di quella vista, ma la città è piena di sacchetti di spazzatura, è troppo sporca, ed è carente nei servizi. Se si fa una passeggiata sul mare si vedono gli scogli pieni di rifiuti. Dovremmo amare di più la nostra città e tutta la Sicilia, averne cura».
I siciliani non capiscono lo splendore di cui siamo circondati?
«Siamo dei cretini noi siciliani, e mi ci metto anch’io. Non solo non diamo alle nostre bellezze il lustro che meritano, ma pure le deturpiamo. Non facciamo altro che cementificare sul mare, stiamo distruggendo la natura, interriamo torrenti, fiumi, prosciughiamo laghi e pantani, ci comportiamo in modo vergognoso».
Suo marito lo sogna ancora?
«Non più. Però vede queste foto? Non nota che c’è un vuoto alle mie spalle? Che manca qualcuno? In questo spazio c’è mio marito. E’ sempre con me».
*
Nella foto in alto, da sinistra: Vito Cavallotto, Natale Tedesco, Santo Marino, Leonardo Sciascia, un altro ospite, Mario Grasso (col cappello).