Paolo Baroni, La Stampa, 2 XII 2022
Post-populista e malinconica: ecco l’Italia del 2022. Uno su tre teme dopo il Covid altri virus letali e nuove minacce biologiche alla salute
Il 56esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese: i grandi eventi della storia hanno fatto irruzione nelle micro-storie delle vite individuali, prevale la tristezza e si resta passivi.
Nel 2022 la società italiana è entrata nel ciclo del post populismo e di fronte al moltiplicarsi dei rischi e delle paure prevalgono la tristezza e la voglia di restare passivi sfociando in una vera e propria “malinconia sociale”. Alle vulnerabilità economiche e sociali tipiche del nostro Paese, secondo il 56esimo Rapporto sulla situazione sociale del paese del Censis, oggi si aggiungono “gli effetti deleteri” delle quattro crisi che nell’ultimo triennio si sono sovrapposte (la pandemia perdurante, la guerra cruenta alle porte dell’Europa, l’alta inflazione, la morsa energetica) e la paura straniante di essere esposti a rischi globali incontrollabili. Da questo quadro, profondamente mutato rispetto al passato, “emerge una rinnovata domanda di prospettive di benessere e si levano autentiche istanze di equità che non sono più liquidabili semplicisticamente come «populiste», come fossero aspettative irrealistiche fomentate da qualche leader politico demagogico”.
In un Paese dove la sanità è senza medici e infermieri, la scuola e l’università sono senza studenti, dove è venuta meno la coesione territoriale e dove la crisi energetica accelera crisi e ristrutturazione aziendali, aumentano i timori ed al tempo stesso la ripulsa per i privilegi. Nella quasi totalità degli italiani (il 92,7%) è convinta che l’impennata dell’inflazione durerà a lungo, il 76,4% ritiene che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari, il 69,3% teme che il proprio tenore di vita si abbasserà (percentuale che sale al 79,3% tra i redditi più bassi), il 64,4% sta intaccando i risparmi per fronteggiare l’inflazione. Cresce perciò la ripulsa verso privilegi oggi ritenuti odiosi, “con effetti sideralmente divisivi”: per l’87,8% sono insopportabili le differenze eccessive tra le retribuzioni dei dipendenti e quelle dei dirigenti, per l’86,6% le buonuscite milionarie dei manager, per l’84,1% le tasse troppo esigue pagate dai giganti del web, per l’81,5% i facili guadagni degli influencer, per il 78,7% gli sprechi per le feste delle celebrities, per il 73,5% l’uso dei jet privati.
A fronte di questa situazione, però, non si registrano fiammate conflittuali, intense mobilitazioni collettive attraverso scioperi, manifestazioni di piazza o cortei come pure si era temuto nei mesi passati. Si manifesta invece “una ritrazione silenziosa dei cittadini perduti della Repubblica”, rileva il Censis. Che ricorda come alle ultime elezioni il primo partito è stato quello dei non votanti, composto da astenuti, schede bianche e nulle, che ha segnato un record e una profonda cicatrice nella storia repubblicana: quasi 18 milioni di persone, pari al 39% degli aventi diritto. In 12 province i non votanti hanno superato il 50%. La spiegazione è che per porzioni crescenti dei ceti popolari e della classe media il tradizionale intreccio lineare «lavoro-benessere economico-democrazia» non funziona più.
Siamo entrati a tutti gli effetti in una nuova età dei rischi e questo porta i più a cercare una profilassi per l’immunizzazione dai pericoli correnti. “Nell’immaginario collettivo si è sedimentata la convinzione che a questo punto possa accadere di tutto – spiega il Censis – anche l’indicibile. Di nuovo il lockdown e poi il taglio di consumi essenziali (dall’energia al carrello della spesa alimentare), la guerra di trincea o l’uso della bomba atomica. L’84,5% degli italiani è convinto che eventi geograficamente lontani possano cambiare improvvisamente e radicalmente la propria quotidianità e stravolgere i propri destini. Il 61,1% teme che possa scoppiare un conflitto mondiale, il 58,8% che si ricorra all’arma nucleare, il 57,7% che l’Italia entri in guerra. “È l’assottigliamento del diaframma tra la grande storia e le microstorie delle vite individuali a generare nei nostri tempi la percezione di rischi che fanno sentire impotenti, al di là di ogni iniziativa di prevenzione alla propria portata” è scritto nel rapporto.
Oggi il 66,5% degli italiani (10 punti percentuali in più rispetto al 2019 pre-Covid) si sente insicuro. I principali rischi globali percepiti sono: per il 46,2% la guerra, per il 45% la crisi economica, per il 37,7% virus letali e nuove minacce biologiche alla salute, per il 26,6% l’instabilità dei mercati internazionali (dalla scarsità delle materie prime al boom dei prezzi dell’energia), per il 24,5% gli eventi atmosferici catastrofici (temperature torride e precipitazioni intense), per il 9,4% gli attacchi informatici su vasta scala.
Quella del 2022 non sembra però una Italia sull’orlo di una crisi di nervi, segnata da diffuse espressioni di rabbia e da gravi tensioni sociali, segnala il Censis, “ma i meccanismi proiettivi tipici di una rampante società dei consumi, che in passato spingevano le persone a fare sacrifici per modernizzarsi, arricchirsi e imbellirsi, hanno perso presa e capacità di orientare i comportamenti collettivi”. Prevale piuttosto la voglia di essere se stessi, con i propri limiti.
Gli italiani non sono più disposti a fare sacrifici: l’83,2% per mettere in pratica le indicazioni di qualche influencer, l’81,5% per vestirsi secondo i canoni della moda, il 70,5% per acquistare prodotti di prestigio, il 63,5% per sembrare più giovani, il 58,7% per sentirsi più belli. E il 36,4% non è disposto a sacrificarsi per fare carriera nel lavoro e guadagnare di più. Complessivamente, 8 italiani su 10 affermano di non avere voglia di fare sacrifici per cambiare, diventare altro da sé. “È l’astuzia operativa della soggettività – viene spiegato – che, nel flusso degli eventi inattesi degli ultimi anni, adesso esprime una inedita impermeabilità ai miti proiettivi, che può tracimare nell’esplicita rinuncia all’autopromozione individuale”.
Il bilancio? L’89,7% degli italiani dichiara che, pensando alla sequenza di pandemia, guerra e crisi ambientale, prova tristezza, e il 54,1% ha la forte tentazione di restare passivo. Insomma “è la malinconia a definire oggi il carattere degli italiani, il sentimento proprio del nichilismo dei nostri tempi, corrispondente alla coscienza della fine del dominio onnipotente dell’«io» sugli eventi e sul mondo, un «io» che malinconicamente è costretto a confrontarsi con i propri limiti quando si tratta di governare il destino”.
Al vertice delle insicurezze personali degli italiani, per il 53% c’è il rischio di non autosufficienza e invalidità, il 51,7% teme di rimanere vittima di reati (nonostante nell’ultimo decennio nel complesso siano calati del 25,4%), il 47,7% non è sicuro di poter contare su redditi sufficienti in vecchiaia, il 47,6% ha paura di perdere il lavoro e quindi di andare incontro a difficoltà economiche, il 43,3% teme di incorrere in incidenti o infortuni sul lavoro, il 42,1% di dover pagare di tasca propria prestazioni sanitarie impreviste.