Massimo Malpica, Il Giornale, 28 II 2016
Lo Stato ci ruba un euro su due
Tassazione effettiva a quota 50,2% del Pil. La Cgia di Mestre: in queste condizioni rilanciare l’economia è impossibile.
Per avere un’idea concreta della pressione fiscale reale nel nostro Paese basta prendere in mano una moneta da 2 euro. Di quel disco bimetallico più della metà – un euro e quattro centesimi – se lo prende lo Stato. Una morsa fiscale che incide sulle nostre finanze, alleggerendo la moneta (che pesa 8,5 grammi) del 50,2 per cento.La stima, da brividi, arriva dalla Cgia di Mestre, che ha calcolato la pressione fiscale mettendo in rapporto l’ammontare complessivo del prelievo con il Pil depurato del sommerso e delle attività illegali, che in quanto tali non elargiscono tributi. Il dato così ottenuto per la prima volta sfonda il muro del 50 per cento, erodendo di oltre la metà le finanze dei cittadini. Il calcolo, inoltre, è frutto di una stima prudenziale. Gli ultimi dati sull’economia «non osservata», che prospera in settori come il contrabbando, lo spaccio di droga e la prostituzione, risalgono al 2013. Quell’anno il sommerso era valutato 207,3 miliardi di euro – il 12,9 per cento del Pil – in crescita di 4,8 miliardi di euro rispetto al 2011, mentre la parte emersa del Pil, quella che produce gettito fiscale, era in contrazione di 36,8 miliardi di euro nello stesso periodo. Nonostante il trend inverso dell’economia grigia e di quella emersa, l’ufficio studi della Cgia ha comunque considerato invariata l’incidenza dell’economia «non osservata» sul Pil, il cui totale depurato dal «grigio» è dunque una stima che la stessa Cgia definisce «estremamente prudenziale». Eppure, di fronte a un dato ufficiale che per il 2015 segna la pressione fiscale in Italia (al netto del bonus di 80 euro) a quota 43,7 per cento, quella reale, ossia quella che pesa sulle spalle degli italiani che pagano le tasse, è appunto del 50,2 per cento. Più di un euro su due guadagnato dai cittadini onesti viene in media sfilato loro di tasca dal fisco. Applicando la percentuale-monstre al calendario, ecco che i contribuenti quest’anno lavoreranno solo per pagare le tasse fino al 2 luglio compreso.Una «quota record», ricorda il coordinatore dell’ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo, mentre ad allargarsi è anche la forbice tra dato ufficiale e dato reale nell’ultimo lustro. Nel 2011 la pressione fiscale ufficiale era pari al 41,6 per cento mentre quella reale era 5,8 punti percentuali più su, a quota 47,4. Nel 2012 e nel 2013 la somma di imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali in rapporto al Pil era pari ufficialmente al 43,6 per cento (43,5 nel 2013), mentre la pressione reale arrivava al 49,9 per cento. Si è arrivati al 50 per cento di pressione fiscale reale nel 2014 (contro un dato ufficiale del 43,6 per cento), fino al 50,2 per cento dell’ultimo anno, con una forbice del 6,5 per cento rispetto al dato ufficiale. Ce n’è abbastanza da rischiare che questa pressione alle stelle soffochi qualsiasi tentativo di ripresa dalla crisi, come sottolinea anche il segretario dell’associazione degli artigiani di Mestre, Renato Mason: «Con un peso fiscale simile, è evidente che sarà difficile trovare lo slancio per ridare fiato all’economia del Paese in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta».