Gian Antonio Stella, Corriere della sera, in Dagospia 21 VII 2016
IL PAESE DEI SOMARI
NEL CODICE DEGLI APPALTI CI SONO 181 ERRORI SU 220 ARTICOLI.
(G.A. Stella non possiede l'<illuminazione> del dirigente che ha vistato il Codice il quale sa, invece, che in qualunque forma lo stesso verrà emanato sarà di volta in volta pur sempre soggetto all’ancor più stravagante e ipotetica interpretazione della giurisprudenza. Un esempio per tutti nell’ultimo cpv. di questo link) *
Centottantuno errori! Finisse sottomano ai maestri d’ una volta, il dirigente di Palazzo Chigi che ha vistato il «Codice degli appalti», quello famoso che doveva «far ripartire l’ Italia», sarebbe spedito dietro la lavagna col berretto a punta da somaro. Come si può incasinare una legge fondamentale con 181 errori su 220 articoli? C’è poi da stupirsi se il valore delle gare bandite, in questo caos, è crollato secondo l’ Ance del 75 per cento?
«Voglio la testa dell’ asino», dirà probabilmente Matteo Renzi nella scia del celeberrimo «Voglio la testa di Garcia» di Sam Peckinpah. Anche noi. Nome, cognome, ruolo. Per sapere se magari ha avuto lui pure il premio di «performance» come l’ 89% (ultimo dato disponibile) degli alti burocrati della presidenza del Consiglio. Tutti bravissimi, tutti intelligentissimi, tutti preparatissimi.
Sul «somarismo» non ci sono dubbi. La sentenza è della Gazzetta Ufficiale che ha appena pubblicato ( http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/07/15/16A05218/sg ) un umiliante «avviso di rettifica» (che vergogna…) con tutte le correzioni al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 recante: «Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’ aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’ appalto…». Cinquecentoventisei righe per mettere in fila, come dicevamo, le correzioni a centottantuno errori. Alcune frutto di demenza burocratica.
Come l’ introduzione di un punto e il trasloco di un punto e virgola: «alla pagina 110 , all’ art. 97, comma 4, lettera c), dove è scritto: “…proposti dall’ offerente;” leggasi: “…proposti dall’ offerente.”;» Altre dovute alla negligenza: «Alla pagina 1 , nelle premesse, al settimo visto, dove è scritto: “per l’ attuazionedelledirettive” leggasi: “per l’ attuazione delle direttive”;» Altre causate da sciatterie sfuggite alla rilettura: «servizi di ingegnera». Altre ancora generate da evidenti difficoltà grammaticali: «all a pagina 18 , all’ art. 16, comma 1, al secondo rigo, dove è scritto: “è tenuto ad aggiudicare”, leggasi: “…sono tenute ad aggiudicare…”».
Per non dire di spropositi vari: «all a pagina 28 , all’ art. 25, comma 6, al quinto rigo, dove è scritto: «… in sito dire periti archeologici.” leggasi: “… in sito di reperti archeologici.
“» Oppure: «all a pagina 23 , all’ art. 23, comma 4, al secondo rigo, dove è scritto: “… i requisitigli elaborati …” leggasi: “…i requisiti e gli elaborati …”».
Fino alle varianti pecorecce: «all a pagina 123 , all’ art. 105, comma 21, all’ ultimo rigo, dove è scritto “…casi di pagamento di retto dei subappaltatori” leggasi “… casi di pagamento diretto dei subappaltatori”». E via così: dov’ è scritto «infrastrutture strategiche» va letto «infrastrutture prioritarie», dove «…di cui al presente Titolo…» va letto «di cui al presente capo», dove «”il progetto di base indica …” leggasi: “Il progetto a base di gara indica”». Dove «la seconda fase, avente ad oggetto» leggasi «il secondo grado, avente ad oggetto»… Un delirio, con l’ aggiunta di parole rococò: «all a pagina 61 , all’ art. 53, il comma 7 è da intendersi espunto». Sic.
Nella galleria degli orrori, tuttavia, i più mostruosi sono altri. «Alla pagina 30 , all’ art. 26, comma 6, lettera b), dove è scritto: “… e di cui all’ articolo 24, comma 1, lettere d), e), f), g), h) ed i),” leggasi: “… e di cui all’ articolo 46, comma 1″».
Per capirci: perfino un genio in materie tributarie o contrattualistiche, se i riferimenti sono sbagliati, si schianta. Sbagliare su queste cose, le pietre miliari delle leggi, significa far deragliare anche i fuoriclasse del settore. E il «Codice degli appalti» è pieno di strafalcioni così. «Il “comma 28” leggasi “comma 26″». «Dove è scritto: “… articoli 152, 153, 154, 155, 156 e 157.” leggasi: “… articoli 152, 153, 154, 155 e 156″». «Dove è scritto: “…di cui all’ articolo 24, comma 1, lettere d), e), f), g), h) ed i),” leggasi: “… di cui all’ articolo 46, comma 1″».
Al che verrebbe da urlare: ne avessi almeno indovinato uno! Ora, non c’ è al mondo piastrellista che possa posare 181 piastrelle sbagliate su 220, cuoco che possa carbonizzare 181 bistecche su 220, bomber che possa sbagliare 181 rigori su 220… Sarebbero tutti buttati fuori. Tutti. Giuliano Cazzola, sul blog formiche.net ironizza: «Nel Belpaese esiste una presunzione assoluta di corruzione a carico di tutte le opere pubbliche. Il che porta, in primo luogo, a fare delle leggi assurde e inapplicabili, vero e proprio tormentone per le imprese del settore. Ecco un esempio illuminante». Ancora più sferzante il giudizio di LavoriPubblici.it che per primo ha dato la notizia denunciando, al di là degli errori grammaticali o degli svarioni nella punteggiatura, la sostanziale modifica del «44% dell’ articolato».
«Ciò significa che per quasi tre mesi gli operatori hanno avuto a che fare con un codice difficilmente leggibile, con conseguenze che sono sotto gli occhi di chi ha voglia di fare un’ analisi libera da legacci politici», accusa durissimo il sito, «ci chiediamo, e vi chiediamo, se questo è il modo di legiferare e perché il testo originario sia stato predisposto dal dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio dei ministri espropriando il ministero delle Infrastrutture della responsabilità e competenza della predisposizione di una legge che riguarda le infrastrutture ed i trasporti». Rileggiamo il verbo: «espropriando». Segno di uno scontro termonucleare tra due burocrazie. Di qua il ministero, di là Palazzo Chigi.
Ma scusate: sarebbero questi i dirigenti pubblici che, stando al dossier del commissario alla spending review Carlo Cottarelli, vengono pagati ai livelli apicali 12,63 volte più del reddito pro capite italiano cioè quasi il triplo, in proporzione, dei colleghi tedeschi? Questi i burocrati che mediamente prendono molto più che i vertici della Casa Bianca? Queste le «eccellenze» che per bocca di una sindacalista sostengono che il loro lavoro «richiede una elevata professionalità» e che «come tutte le cose pregiate, come una Porsche, ha un costo» e che «nessuno si stupisce se costa di più un diamante di una pietra di scarso pregio»?
Ci si dirà: non facciamo d’ ogni erba un fascio. Giusto.
Per evitare generalizzazioni inique occorre però che chi aveva confezionato quello sconclusionato codice degli appalti, che secondo i costruttori ha fatto precipitare del 27% le gare bandite e del 75% il loro valore, venga subito rimosso. Anzi, per dirla a modo suo: espunto.
* Nota dello Studio