Raffaele Ricciardi, Repubblica, 5 X 2017
Il Consiglio di Stato legittima gli Enti a chiedere consulenze gratis. Professionisti sulle barricate
Palazzo Spada ha ribaltato una sentenza del Tar e dato ragione al Comune di Catanzaro, che ha messo a bando la redazione del piano strutturale dell’Ente a un euro simbolico più rimborso spese. “Rischio di creare un cartello in base al quale chiunque voglia lavorare con la PA dovrà farlo in maniera gratuita”
Una sentenza destinata a far discutere, che per alcuni è già diventato un pericoloso precedente. Sul tavolo la difficile convivenza dell’interesse pubblico ad ottimizzare le risorse pur garantendosi un lavoro di qualità e dall’altra parte la legittima rivendicazione di vedere riconosciuto (economicamente) il proprio contributo professionale, anche per non aprire distorsioni sul mercato. La decisione del Consiglio di Stato di legittimare il Comune di Catanzaro a bandire una consulenza senza compenso per i professionisti (fatte salve le spese da rimborsare) sovverte quanto stabilito in precedenza dal Tar e fa partire la levata di scudi del mondo dei professionisti.
I fatti. A inizio 2016, l’ente calabrese ha aperto un bando per trovare chi redigesse il piano strutturale del Comune e il relativo regolamento urbanistico. Preso atto del fatto che mancavano le coperture finanziarie per una spesa stimata di 800mila euro e supportato dal giudizio della Corte dei Conti, l’ente ha deciso di procedere con un bando che prevedesse “incarichi professionali da affidare a titolo gratuito“. Nel dettaglio, un simbolico euro e la promessa di ripagare le spese – da documentare – per 250mila euro. Gli ordini professionali hanno impugnato il bando e ottenuto ragione dal Tar. Ma due giorni fa, con la pubblicazione della sentenza di Palazzo Spada, hanno avuto la doccia fredda: bene ha fatto l’ente a procedere in quel modo, è tutto legittimo.
Apriti cielo, sui professionisti. In rapida successione sono insorti i rappresentanti degli ordini corporativi, con gli ingegneri a parlare di “sentenza criminogena”. Marina Calderone, presidente del Comitato Unitario delle Professioni, ha sintetizzato le posizioni con toni più moderati: “Quella dei giudici di Palazzo Spada è un’interpretazione troppo ampia e non condivisibile del ‘contratto a titolo oneroso'”, ha commentato. Vista questa impostazione, per Calderone ora “si legittima qualsiasi Pubblica amministrazione a non fare più bandi onerosi e a creare di conseguenza una sorta di cartello in base al quale chiunque voglia lavorare con la PA dovrà farlo in maniera gratuita”. Si arriva a citare la Costituzione e la sua lesione, in particolare “dell’art. 36 ove si afferma che ‘il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa’”.
Ma per quale motivo il Consiglio di Stato ha dato ragione al Comune? In primo luogo i giudici rompono il nesso secondo il quale una prestazione offerta gratuitamente sia sinonimo di una fornitura scadente da parte di chi partecipa alla gara e concludono che dire “contratto a titolo oneroso” nel contesto pubblico può “assumere un significato attenuato o in parte diverso” rispetto a quanto accade tra i privati. I professionisti potrebbero avere altre motivazioni, al di là del ‘soldo’, per partecipare seriamente alla gara. E l’appalto, se scritto bene, dovrebbe contenere i criteri sufficienti per garantire una leale concorrenza tra i potenziali contraenti, badando alla qualità delle loro proposte e non alla loro convenienza finanziaria. Si riportano anche due esempi a supporto della tesi, duramente attaccati dal mondo delle professioni.
Palazzo Spada cita infatti gli enti del volontariato, che spesso prestano i loro servizi gratuitamente per rispondere ai bandi pubblici, e le sponsorizzazioni, in particolare nel mondo dello spettacolo. In questo secondo caso si ricorre al concetto di “economia dell’immateriale“. Il ragionamento, in sintesi, è: lo sponsor che accede a un bando gratuito in cambio di un servizio ha l’opportunità di rafforzare la propria immagine, affiancando il proprio nome a quello dell’Ente; si configura così uno scambio tra denaro e “utilità immateriale”; il potenziale ritorno di immagine può essere rintracciato anche nell’appalto di servizi offerto ai professionisti dal bando di Catanzaro. Di fatto, per il Consiglio di Stato si salva la logica concorrenziale quando “si bandisce una gara in cui l’utilità economica del potenziale contraente non è finanziaria”, ovvero del denaro, ” ma è insita tutta nel fatto stesso di poter eseguire la prestazione contrattuale”.
Gli Ingegneri ribattono sul punto con amara ironia: “Il corrispettivo del professionista risiederebbe addirittura nel ‘ritenersi lusingato’ dall’eseguire un piano urbanistico per il Comune di Catanzaro”, annota il presidente del Consiglio nazionale, Armando Zambrano. Ma “il ‘corrispettivo’, ancorché immateriale, è puramente ipotetico ed idealizzato dal Consiglio di Stato e si presta ad usi impropri ed a facilitare pratiche corruttive nell’affidamento degli incarichi, proprio quelle che il codice degli Appalti intendeva evitare”. Come Calderone, anche Zambrano a questo punto rilancia la palla sulla necessità di fissare “un equo compenso per l’attività del professionista. A tutela della dignità di quest’ultimo ma soprattutto degli interessi dei cittadini e della collettività”.
Tra i professionisti serpeggia anche malcontento perché lo spirito della sentenza viene visto in contrattidizione con quello del Jobs act degli autonomi, che incoraggia appunto la partecipazione ai bandi pubblici. La notizia esce poi dallo stretto giro degli architetti. Gianmario Gazzi, presidente degli assistenti sociali, conosce bene il tema perché ha già ricevuto tre segnalazioni di bandi di Comuni siciliani che richiedono assistenti sociali a titolo gratuito, e ha avviato una battaglia – anche con un ricorso al Tar – per “fermare questo trend aberrante”. Un trend che a suo dire “rischia solo di minare il futuro dei giovani che si vedono scaricati addosso i costi – o mancati guadagni – di questa situazione”. La sua provocazione: “Visto che si usa la sussidiarietà come scusa e il concetto di immaterialità come ricompensa, allora dico: che tutti i dipendenti accettino di essere pagati con beni immaterali il 27 del mese, e vediamo cosa succederà”.