Repubblica Motori, 19 IV 2018
Multe: il proprietario non è più obbligato a sapere chi era alla guida
Lo ha deciso la Corte di Cassazione con un’ordinanza depositata dalla Seconda sezione civile.
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Sorpresa: non è più obbligatorio conoscere, da parte del proprietario di un’auto, chi c’era al volante al momento in cui è stato infranto il codice della strada in uno dei suoi articoli. Lo ha stabilito niente meno che la Corte di Cassazione con l’ordinanza 9555/2018 depositata dalla Seconda sezione civile, ribaltando in un colpo solo decenni di giurisprudenza in senso contrario.
Prima di tale ordinanza era infatti obbligatorio per il titolare della vettura sanzionata, “ricordarsi” chi ci fosse al volante in quel dato giorno. E’ grazie ad una precedente sentenza della Corte Costituzionale che invece la Cassazione, nell’ordinanza in questione, riconosce invece al proprietario «la facoltà di esonerarsi da responsabilità, dimostrando l’impossibilità» di sapere chi guidasse al momento dell’infrazione. Insomma, un aiuto fra tribunali supremi, dalla Corte Costituzionale alla Corte di Cassazione, per sciogliere un dilemma che colpiva molti automobilisti, togliendo loro punti alla patente per infrazioni commesse da altri.
L’importante è che comunque il proprietario dell’auto ‘galeotta’ collabori con il Comune che gli ha inviato l’avviso di accertamento e la richiesta delle generalità di chi era alla guida e poi, caso per caso, si valuterà se sono validi i motivi per i quali non è in grado di indicare chi era al volante. Lo sottolinea la Cassazione nell’ordinanza 9555 depositata ieri dalla Seconda sezione civile.
Tra le ragioni che possono trovare ‘benevolo’ ascolto, la Suprema Corte indica il periodo di tempo trascorso tra il momento dell’infrazione e quello della notifica della multa con la richiesta del nominativo. Ad avviso degli ‘ermellini’, una multa notificata dopo tre mesi, ossia entro i canonici novanta giorni previsti per il compimento delle notifiche dalla riforma del 2008, può meritare come risposta un “non mi ricordo chi guidava perchè è passato tanto tempo e la macchina la utilizziamo in famiglia, in più persone”.
Con questa decisione i supremi giudici hanno respinto il ricorso del Comune di Bari contro la signora Rosa V. proprietaria di una macchina sorpresa in infrazione il sei marzo 2007, con verbale notificato alla donna tre mesi dopo, il 28 giugno. La signora aveva tempestivamente risposto ai vigili “di non essere in grado di indicare le generalità di chi era alla guida al momento della originaria infrazione a causa sia del notevole tempo trascorso tra l’infrazione e la notifica del verbale di accertamento, sia della circostanza che il veicolo era utilizzato oltre che da lei anche dal marito e dalle sue due figlie”.
Il Comune di Bari aveva chiesto il rigetto del ricorso di Rosa – accolto dal Giudice di Pace e poi condiviso dal Tribunale – rilevando che “in base alla normativa, il proprietario è sempre tenuto a conoscere le generalità di colui al quale affida la conduzione del mezzo, e nel caso in cui non sia in grado di comunicarle risponde a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento del veicolo stesso”.
Per la Cassazione, che per fare un passo indietro rispetto a quanto deciso in altri casi ha riesumato un parere della Consulta del 2008, “se resta in ogni caso sanzionabile la condotta di chi semplicemente non ottemperi alla richiesta di comunicazione dei dati personali e della patente del conducente, viceversa laddove la risposta sia stata fornita, ancorchè in termini negativi, resta devoluta alla valutazione del giudice di merito la verifica circa l’idoneità delle giustificazioni fornite dall’interessato ad escludere la presunzione di responsabilità che la norma pone a carico del dichiarante”.