Martina Pennisi, Corriere della Sera, 22 I 2015
IL LATO OSCURO DELLA TECNOLOGIA
Due giorni alla Triennale di Milano per una critica della ragione tecnologica, iniziativa curata da Matteo Bittanti e Gianni Canova.
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Il lato oscuro della tecnologia e del progresso tecnologico. Quello antitetico al sorriso pulito di Mark Zuckerberg o al tono rassicurante dello “zio” Eric Schmidt, che ha accompagnato i giovani Larry Page e Sergey Brin alle colonne d’Ercole da cui gestiscono la quasi totalità della nostra vita online. La zona d’ombra, che spesso viene sottovalutata o ignorata mentre ci si lascia trascinare dalla celebrazione dei successi dei nuovi media e della loro presunta funzione democratizzatrice. Di questo si parla venerdì 23 e sabato 24 alla Triennale di Milano, in occasione della due giorni “Il mondo che verrà, il mondo come è già”. Per una critica della ragione tecnologica curata da Matteo Bittanti e Gianni Canova.
Come nel caso delle riflessioni di Evgenji Mozorov, non si tratta di una presa di posizione luddista, ma piuttosto di un’apertura al dialogo con “tempi che vanno oltre un tweet o l’aggiornamento di una conversazione”, spiega Bittanti al Corriere della Sera. Proprio la biografia dell’artista, aggiunge il (suo) docente universitario e critico cinematografico Canova, è esplicativa del concetto che si vuole esprimere: “Esperto di videogiochi, fanatico di tecnologia, si trasferisce a San San Francisco (dove insegna, ndr) e sente poi l’urgenza di aprire questo dibattito: un giovane intellettuale che non ripudia niente”. Bittanti non ripudia, “bisogna superare l’enfasi pessimistica e ottimistica e utilizzare tutti gli strumenti in modo critico rendendosi conto come la tecnologia non abbia valore solo in quanto tale ma come trasformazione dell’intera società”, ma guarda all’Italia come contesto predestinato ad abbracciare nel giro di 5 anni quel “futuro distopico già in atto a San Francisco: non ci sono più librerie, edicole e agenzie di viaggio. Le scuole stanno chiudendo. La tecnologia crea ambienti uniformi in cui il livello di disuguaglianza aumenta e la mobilità sociale è sempre più ridotta”.
Più ottimista Canova, secondo cui il nostro “analfabetismo mediatico ci difende dal fascino ipnotico delle nuove tecnologie. La cultura che abbiamo alle spalle dovrebbe aiutarci a guardare tutto con distacco”. Rimane la necessità “di iniziare una discussione franca su qualcosa di cui si discute troppo poco. Siamo eccitati e non stiamo valutando con sufficiente attenzione le ombre”.