Sergio Carli, Blitzquotidiano, 11 VIII 2020
CROLLATO DEL 24,6% IL MERCATO DEI QUOTIDIANI
Vendite giornali giugno 2020 in Italia, numeri da fine del mondo. Il mercato, fra giugno 2019 e giugno 2020, è crollato del 25 per cento, esattamente del 24,6%. Un anno fa le copie vendute furono quasi 2 milioni al giorno. Quest’anno sono scese sotto il milione e mezzo. Covid o coronavirus che sia, la crisi si fa sempre più grave. Se il Governo non fa qualcosa, si realizza il sogno di Grillo e D’Alema: la morte dei giornali.
E il settore sembra popolato da turisti svizzeri. Gli editori in fondo meritano la fine che faranno. E il Governo? La sopravvivenza dei giornali quindi è l’ultimo dei problemi. Anche Trump la pensa così. Stalin era più furbo. La democrazia non si salva con Facebook e Tiktok.
Spero di avere fatto qualche errore dunque. Non è mai andata così male, in un colpo solo. Questa volta il calo delle vendite non ha toccato solo i giornali sportivi e l’Avvenire, causa chiusura stadi e chiese, ma la quasi totalità delle testate. Il peggio è al Sud. Male il Corriere della Sera, che ha perso l’11%, male Repubblica, che ha perso il 18% delle copie vendute un anno fa.
Vediamo quindi le cifre effettive.
164 mila copie per il Corriere (furono 186 mila nel giugno 2019, 204 mila nel 2018); 113 mila copie per Repubblica (141 mila nel 2019, 146 nel 2018).
Vien da piangere a leggere i dati di vendita di Messaggero (52 mila copie), Secolo XIX (27 mila), Stampa (74 mila).
Crescono il Corriere delle Alpi di un uno per cento, il Giornale del 5%, il Fatto Quotidiano del 7%, la Verità del 18%. In edicola il Fatto è ancora sotto di 7 mila copie, il 19%, rispetto al giugno del ’18. La bistrattata (dal Fatto) Repubblica è sotto del 27%, il Corriere della Sera del 20%.
Parliamo di poche migliaia di copie in cifra assoluta. Il Fatto ha venduto in edicola quasi 30 mila copie, altrettante sono state le copie digitali. Tante copie digitali quante, più o meno, hanno venduto Corriere e Repubblica. La Verità è arrivata a vendere in edicola 27 mila copie. Quelle digitali sono state poche centinaia.
Al Fatto esultano per la forte crescita delle copie digitali, cioè del giornale cartaceo trasferito in pdf. Anche se non danno cifre assolute ma solo percentuali, tranne, chissà perché, per Repubblica. Che stravince nel confronto.
Sono state in giugno quasi altrettante che le copie vendute in edicola.
Io insisto a non considerarle per due ragioni. La prima è il valore pubblicitario. La copia digitale, letta sul telefonino o anche sul computer, è un prodotto del tutto diverso dal giornale stampato. Lo capisce anche un bambino. L’impatto dell’annuncio in dimensione al massimo la metà sulla copia elettronica rispetto a quella cartacea, è tutta un’altra cosa.
Come appare evidente, dal punto di vista dell’utente pubblicitario, siamo in presenza di due mezzi distinti, come la radio, la tv o l’affissione.
Certo, se uno considera la penetrazione della notizia e del sottostante messaggio politico, l’impatto c’è tutto. Probabilmente sarà questo il futuro dei giornali, la loro trasposizione sul foglio di Amazon della pagina ieri su carta, con la sua gerarchia di valore delle notizie espressa dai titoli e dalla loro collocazione.
Ma tutto questo non c’entra con l’impatto pubblicitario.
Copia cartacea e copia digitale restano due categorie dello spirito del tutto distinte.
La seconda ragione è che non appare evidente l’effetto degli abbonamenti digitali sul conto economico. La copia venduta in edicola sottostà a regole precise di prezzo e sconti.
Di tutte le altre vendite, sia delle copie cartacee sia di quelle elettroniche, non c’è verifica del prezzo. Rispetto al valore intrinseco del giornale, l’euro e mezzo che uno paga all’edicolante è poco più di un caffè o dell’elemosina in chiesa o al mendicante in strada.
Ma, tolto il quasi 20-30 per cento dei costi di distribuzione, moltiplicato per 360 per le migliaia di copie vendute in edicola a prezzo pieno, rappresenta metà dei ricavi del giornale. Diventa sempre più pesante, di fronte alla costante riduzione dell’apporto della pubblicità.
A che prezzo dunque sono vendute le copie digitali? Bisognerebbe abbonarsi per saperlo. Prendiamo il Fatto. Ai potenziali abbonati offre un serie di opzioni. Si va dall’abbonato sostenitore, a 6 euro al mese, a quello socio, che ne paga 50. A quale categoria appartengono i nuovi abbonati? C’è stata una campagna promozionale? A che prezzi?
Niente di scandaloso quindi, il New York Times promuove abbonamenti a un euro al mese. All’estero, dove la copia in edicola non è cannibalizzata. Ho letto uno studio sull’impatto degli abbonamenti on line sui conti di 23 giornali americani.
Ci hanno guadagnato solo quelli con rinomanza internazionale. Sono scritti in inglese, trattano temi globali. I giornali con focus locale ci hanno tutti rimesso. Anche se sono scritti in inglese.
Figuratevi i nostri, scritti in italiano. Bisogna riconoscerlo, il web è la morte dei giornali ricchi e pasciuti come li abbiamo apprezzati finora. Sia come sia, lo vedremo dai prossimi bilanci. Per ora, il quadro è catastrofico per tutti..
Ho già riportato notizie sui bilanci del 2019.
Ora sono stati pubblicati quelli del primo semestre 2020 ed è una strage.
Il gruppo Rcs, editore di Corriere della Sera, ha visto il fatturato scendere, semestre su semestre, da 475 a 319 milioni, il margine operativo lordo da 84 a 7 milioni, il risultato operativo da 58 a 17 milioni, il risultato netto da 38 milioni di utile a 12 di perdita.
Il gruppo Gedi (Repubblica, Stampa e un bel po’ di giornali locali e radio) è passato da 303 a 249 milioni di ricavi, il mol da 24 di utile a 4 di perdita, il risultato operativo da 8 milioni di utile a 20 di perdita. Il tutto poi aggravato da svalutazioni di testate che portano il risultato netto a 120 milioni di perdita.
Brutti numeri anche per Caltagirone editore, passato da 1,6 milioni di perdita un anno fa a 18 milioni quest’anno.
Il Fatto non ha ancora pubblicato la semestrale. L’ultimo dato disponibile è del bilancio 2019: un milione e mezzo di perdita su un fatturato di 32 milioni. Con 30 mila abbonati a 6 euro al mese supererebbe il pareggio, a 50 euro sarebbe una piccola miniera d’oro. Se l’edicola regge.