in Dagospia, 25 I 2014.
IL VERBO DI CHOMSKY: “STIAMO ANDANDO VERSO LA PLUTOCRAZIA, IN ITALIA LA DEMOCRAZIA È MORTA CON IL GOVERNO MONTI. I NEW MEDIA RISCHIANO DI DARE UNA VISIONE UNICA DEL MONDO”
Il politologo a Roma: “In Europa si va verso la distruzione delle democrazie, perché sono decise dai burocrati e dirigenti non eletti da Bruxelles” – “Sul ‘New York Times’ trovi opinioni diverse, ma spesso i nuovi media portano a una visione più ristretta del mondo, perché le persone sono attratte dai mezzi che esprimono la loro stessa concezione”
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1. CHOMSKY, STIAMO ANDANDO VERSO LA PLUTOCRAZIA
ANSA – Noam Chomsky, il maggior linguista vivente, l’autore del capolavoro Il linguaggio e la mente, a 86 anni ha una lucidità di pensiero che non lascia spazio a dubbi e illusioni. “Le nostre società stanno andando verso la plutocrazia. Questo è neo-liberismo” dice Chomsky, in Italia per il Festival delle Scienze all’Auditorium Parco della Musica di Roma, stasera e domani, e del quale è appena uscita la raccolta di testi inediti nel nostro Paese ‘I padroni dell’umanità'(Ponte alle Grazie).
“La democrazia in Italia è scomparsa quando è andato al governo Mario Monti, designato dai burocrati seduti a Bruxelles, non dagli elettori”. Ha detto Chomsky. In generale, “le democrazie europee sono al collasso totale, indipendentemente dal colore politico dei governi che si succedono al potere, perché sono decise da burocrati e dirigenti non eletti che stanno seduti a Bruxelles.
Questa rotta – ha sottolineato Chomsky – è la distruzione delle democrazie in Europa e le conseguenze sono dittature”. Il linguista ha parlato anche di neoliberismo come di “un grande attacco alle popolazioni mondiali, il più grande attacco mai avvenuto da quarant’anni a questa parte” e di new media, sottolineandone uno degli aspetti negativi che è “la tendenza a sospingere gli utenti verso una visione del mondo più ristretta perché quasi automaticamente le persone sono attratte verso quei nuovi media che fanno eco alle loro stesse vedute”.
2. CHOMSKY, LINGUISTA E POLITOLOGO: “I RISCHI DEI NUOVI MEDIA? UNA SOLA VISIONE DEL MONDO”
Simone Valesini per www.wired.it
Noam Chomsky è uno degli intellettuali americani più importanti dei nostri giorni, famoso per il suo impegno politico, e per le forti critiche mosse nei confronti della politica estera degli Stati Uniti. Ma è anche un linguista e un filosofo di primo piano, che a partire dagli anni ’50 ha contribuito a riportare lo studio del linguaggio umano al centro del dibattito scientifico, dando una spinta fondamentale allo sviluppo di discipline come l’intelligenza artificiale, le scienze cognitive e le neuroscienze.
Non poteva dunque che essere uno degli ospiti più attesi del Festival delle scienze di Roma, di cui Wired è media partner, in corso in questi giorni all’Auditorium, e dedicato quest’anno proprio al tema del linguaggio. Sono due gli interventi previsti, e il primo andrà in scena stasera alle 21: Conversazioni con Chomsky, una talk-opera organizzata in collaborazione con l’Auditorium Parco della Musica, e dedicata al pensiero politico del linguista.
Intervenuto in occasione del Festival, Chomsky ha colto l’occasione per dire la sua sullo stato di salute delle democrazie occidentali. Una bacchettata che non risparmia il sistema politico italiano. “In Italia la democrazia è scomparsa con l’arrivo di Monti, che non è stato eletto dal popolo, ma da un gruppo di burocrati di Bruxelles”, ha commentato infatti il linguista americano, ricordando però come il problema non sia limitato al nostro Paese. “Lo stesso Wall Street Journal ha scritto che la democrazia americana è al collasso. Ogni governo, che sia di destra o di sinistra, segue la stessa politica, decisa da gruppi di banchieri e burocrati”.
Secondo Chomsky, a dettare l’agenda politica, in Europa come in America, sarebbero dunque gli interessi particolari dei grandi gruppi finanziari e delle banche. Tra i loro obiettivi principali, la distruzione di quel welfare state che è stata una delle principali conquiste europee del dopoguerra. “Il concetto lo ha sintetizzato bene Draghi in un’intervista recente, in cui ha dichiarato che il contratto sociale ormai è morto”, ha raccontato Chomsky: “Questo vuol dire che la politica ormai serve solo ad arricchire i banchieri”.
Se la diagnosi è chiara, la cura invece sembra difficile da trovare. Anche Internet e i nuovi media, spazi e linguaggi innovativi che per molti potrebbero contribuire a spezzare il “circolo vizioso del potere”, secondo Chomsky portano invece con sé nuovi pericoli. “Mi sembra che spesso i nuovi media portino a una visione più ristretta del mondo, perché le persone sono attratte dai mezzi che esprimono esattamente la loro stessa concezione”, ha spiegato infatti il linguista.
“Se su un giornale come il New York Times si trovano ancora un certo numero di opinioni differenti, un blog tende invece ad averne una sola. D’altra parte Internet mi permette di leggere i giornali di tutto il mondo. Dipende quindi da come si usano. Possono essere un bene, allargando i nostri orizzonti, così come un male”.
Oltre al suo pensiero politico però, il contributo di Chomsky al Festival delle Scienze riguarderà ovviamente anche il suo lavoro di scienziato. Per domani infatti è previsto il suo secondo intervento, sabato alle ore 21, dal titolo Il linguaggio come organo della mente, in cui farà il punto sulle nuove scoperte della linguistica.
“Negli ultimi anni sono venute alla luce alcune conclusioni sorprendenti sulla natura e sull’evoluzione del linguaggio, che cercherò di illustrare nella conferenza di domani”, ha spiegato il linguista, ricordando poi gli importanti traguardi raggiunti dalla linguistica negli ultimi decenni: “La moltitudine di studi svolti negli ultimi anni ha prodotto un incredibile aumento della comprensione teorica dei fenomeni linguistici, e oggi anche nuove discipline come le brain sciences iniziano a dare contributi interessanti”.
Un esempio? “Oggi sappiamo che l’ordine delle parole è un fenomeno superficiale, che ha più a che fare con il sistema articolatorio che con la comprensione del linguaggio. A migliaia di anni di distanza da Aristotele, che diceva che il linguaggio è l’unione di suoni e significati, oggi sappiamo invece che è fatto di significati con attaccati i suoni, i quali rivestono un’importanza solamente marginale”.