CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO (CEDU) ED EQUA SODDISFAZIONE ALLA PARTE LESA DA PROVVEDIMENTI GIUDIZIARI DI UNO STATO MEMBRO
Pubblichiamo integralmente nella versione in italiano [PDF in calce] una Decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che appare assai attuale in questo particolare momento di discussione sul riassetto del sistema giudiziario nazionale.
La Decisione è stata resa dalla 1a Sezione della CEDU (Presidente Mirjana Lazarova Trajkovska) in parziale accoglimento del ricorso avanzato da un cittadino italiano, assistito dall’Avv. Luisa D’Urso del Foro di Catania, per l’accertamento dei pregiudizi subiti da esso ricorrente e dalla figlia minore in dipendenza di una Decisione adottata da un Ufficio Giudiziario italiano.
In particolare la Corte ha osservato che l’Ufficio Giudiziario in parola non aveva tenuto conto di una perizia e di un pregresso provvedimento di altra Autorità Giudiziaria e quindi non aveva invocato motivi sufficienti e pertinenti per giustificare la sua Decisione (peraltro successivamente riformata da due sentenze rese da diversi uffici giudiziari), oltrepassando così il margine di apprezzamento e violando i diritti sanciti dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
In conseguenza di ciò, ed ai sensi dell’art. 41 della citata Convenzione, lo Stato Italiano è stato condannato a versare al ricorrente quale parte lesa una somma di denaro a titolo di equa soddisfazione.
Nel corpo della Decisione in parola, poi, è possibile rinvenire anche interessanti affermazioni di natura generale, tra le quali, in ambito procedurale, quella che nel qualificare giuridicamente i fatti di causa la CEDU non è vincolata dalla qualificazione data a tali fatti dai Ricorrenti o dai Governi convenuti e quindi può esaminare d’ufficio alcuni motivi di ricorso dal punto di vista di una disposizione della Convenzione, di un articolo o di un paragrafo che le parti non avevano invocato.
Nell’immagine in alto Giurisprudenza di G. Klimt, 1903–1907.