G. Pedrini °, Blog in Huffington Post, 12 VI 2018
° Senior analyst a Institute for Global Studies
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Urge un serio dibattito sull’immigrazione
(2 video sull’argomento nei link in fondo all’articolo)Se c’è un qualcosa che la vicenda della nave Aquarius ci deve insegnare è l’assoluta necessità di un profondo dibattito politico sul fenomeno migratorio. La cagnara tra due contrapposte tifoserie che, di volta in volta, si azzuffano su singoli eventi di cronaca è ormai all’ordine del giorno.
Questa degenerazione è il risultato del fatto che l’immigrazione (come tante altre questioni) non è più affrontata nella sua dimensione globale, in quanto fenomeno, ma viene ridotta a una mera sommatoria di singoli eventi sparsi, sconnessi tra loro e avulsi da qualsiasi contestualizzazione. Ciò di cui oggi si ha un estremo bisogno è, invece, un ampio e serio dibattito della politica. Una discussione sull’immigrazione intesa nella sua natura di “fenomeno globale”, con le sue radici storiche, economiche e, soprattutto, politiche.
Nessuna persona di intelligenza media può davvero pensare che il fenomeno migratorio possa essere affrontato in uno scontro tra tifoserie. Uno scontro che ha prodotto una polarizzazione estrema tra due opposte narrazioni (quella “populista” e quella “umanitarista”) che condividono una particolare caratteristica: la loro natura totalmente irrazionale.
Da una parte i “populisti” che parlano alla pancia delle persone e ai loro istinti; dall’altra gli “umanitaristi” che si appellano alle emozioni e ai buoni sentimenti delle persone. Due narrazioni di segno opposto, apparentemente confliggenti, alimentate da forze subconscie e in cui sono assenti tutti gli elementi razionali e analitici capaci di inquadrare il fenomeno, individuandone cause, direttrici e conseguenze.
I primi anni Duemila
Gli ultimi dibattiti di un certo livello sull’immigrazione risalgono ai primi anni Duemila quando, nel discorso politico, il tema della globalizzazione la faceva da padrone. Allora era ancora possibile parlare al grande pubblico di visioni del mondo, variabilmente distanti o contigue rispetto al modello di globalizzazione dominante.
Se ne parlava e ci si confrontava nei media, nelle università e nei partiti politici, soprattutto quelli a maggiore carica ideologica, tanto a destra quanto a sinistra. Un dibattito ricco, in cui erano presenti diversi punti di vista sul modello globalizzante e globalizzato che, in quegli anni, andava progressivamente affermandosi.
Poi venne il 2007, il grande pubblico conobbe i “subprime” e, improvvisamente, fu l’inizio di una crisi senza fine. Svanì ogni dibattito sulla globalizzazione mentre il termine “crisi” divenne il nuovo mantra del discorso pubblico. La discussione si fossilizzò sulle questioni economico-finaziarie (per non parlare delle questioni securitarie: il “terrorismo islamico”).
La dimensione politica fu sovrastata da quella economica. In parallelo, quasi in una reazione al dominio meramente economico, riprese vita la scienza geopolitica, in Europa e soprattutto in Italia. Fu un fiorire di siti, riviste ed esperti geopolitici. Questi, tuttavia, per loro stessa natura, occupandosi esclusivamente dello scontro e delle strategie di entità geopolitiche non potevano certo sopperire all’assenza di una visione del mondo. La geopolitica, essendo cosa ben diversa dalla politica, non ha e non può avere alcuna pretesa di offrire una visione del mondo.
Qualcuno potrebbe obiettare che la geopolitica possa fornire degli strumenti di analisi per discutere di immigrazione e di altri fenomeni. Tutto vero. Ma è la politica che fornisce una visione del mondo attraverso la quale interpretare quegli strumenti.
Immigrazione e visione del mondo
Discutere di immigrazione (in quanto fenomeno globale) implica necessariamente il possesso di una visione del mondo. E avere una visione del mondo presuppone l’esistenza di un punto di vista sulla globalizzazione.
Globalizzazione e immigrazione sono due fenomeni talmente interconnessi che, come molti studiosi hanno dimostrato, uno non può esistere senza l’altro: la prima determina la seconda; la seconda è funzionale alla prima. Dunque appare evidente che non si può affrontare il fenomeno migratorio prescindendo dal fenomeno che lo determina e su cui esso stesso influisce.
Poco importa se in questo ruggente finire di decennio il termine “globalizzazione” viene percepito da alcuni come “démodé”. Oggi la globalizzazione è la realtà. Ci si può impuntare sulle tante definizioni che a questo termine sono state attribuite. Ma bisogna constatare che, passando di crisi in crisi (finanziarie, economiche, politiche, securitarie, mediorientali, migratorie), ci siamo dimenticati di osservare con occhio critico il mondo nella sua globalità, accettando l’attuale modello di sviluppo in maniera totalmente acritica. Ci siamo limitati a dibattere di questioni contingenti, tutte incardinate nell’accettazione passiva e inconscia di una visione del mondo universale e standardizzata. Quella che un tempo si sarebbe chiamata “pensiero unico”.
Ora, se non vogliamo che la vicenda della nave Aquarius passi alla storia come l’ennesimo episodio di cronaca, è assolutamente necessario che la politica si riappropri degli spazi che le competono e che apra una seria e profonda discussione sul fenomeno migratorio. Bisogna tornare ad avere una visione del mondo.
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Sull’argomento immigrazione qui a seguire il video – da 0:14:36 a 1:15:47 – della pregevolissima puntata di “Report” del 20 XI 2017 condotta dal bravo (non solo perchè nostro amico) Sigfrido Ranucci e un altro video del giornalista e analista americano Roy Beck. [Nota dello Studio]