Salvo Toscano, LiveSicilia, 5 III 2016.
IL FENOMENO
E giunse l’alba dei libri anti-antimafia
In libreria “Contro l’antimafia” di Giacomo Di Girolamo. Dopo anni di volumi celebrativi del movimento, nasce un nuovo filone che muove dagli scandali dei tempi recenti.
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PALERMO – I tempi cambiano. E la pubblicistica s’adegua. E così, dopo tonnellate di pagine ascrivibili al filone dell’antimafia, dopo i noti scandali che hanno sconquassato l’immagine del movimento, nasce adesso un nuovo filone. Che si potrebbe battezzare proprio col titolo del libro di Giacomo Di Girolamo uscito nelle scorse settimane per Il Saggiatore, ossia “Contro l’antimafia”.
Quello che fino a pochissimo tempo fa era un moloch intoccabile e che pochi s’azzardavano a criticare a voce alta, con schiere di fortunati aedi e cantori, oggi diventa oggetto di analisi critiche severe. Di Girolamo, giornalista che per anni si è occupato di criminalità organizzata, sceglie un artificio letterario interessante, rivolgendosi direttamente all’imprendibile Matteo Messina Denaro. Nel risvolto di copertina si legge tra l’altro: “Ha ancora senso l’antimafia, per come è oggi? Ha avuto grandi meriti, ma a un certo punto è accaduto qualcosa. Si è ridotta alla reiterazione di riti e mitologie, di gesti e simboli svuotati di significato. In questo circuito autoreferenziale, che mette in mostra le sue icone – il prete coraggioso, il giornalista minacciato, il magistrato scortato – e non aiuta a cogliere le complesse trasformazioni del fenomeno mafioso, si insinuano impostori e speculatori. Intorno all’antimafia ci sono piccoli e grandi affari, dai finanziamenti pubblici ai «progetti per la legalità» alla gestione dei beni confiscati, e accanto ai tanti in buona fede c’è chi ne approfitta per arricchirsi, per fare carriera o per consolidare il proprio potere, in nome di un bene supremo che assolve tutto e tutti”.
È l’antimafia delle carriere e degli affari, quella stigmatizzata già in empi assai lontani fa sulle pagine di Livesicilia dagli articoli di Giuseppe Sottile (già nel 2010 ai tempi di Lombardo e poi nel 2012 con la perifrasi “antimafia degli affari”), quella dei “professionisti” intoccabili che in tempi recenti, nel 2013, Davide Faraone attaccò con un’uscita subito rilanciata da Livesicilia, suscitando una valanga di commenti favorevoli. Quella che ora, una lunga serie di scandali, di inchieste giudiziarie, di accuse e velenose polemiche, ha mostrato con chiarezza i suoi limiti e le sue contraddizioni. È quella “oligarchia dell’antimafia” che ha sistematicamente accusato di complicità chi ha provato ad attaccarla. Quell’antimafia che, come ha fatto notare lo storico Salvatore Lupo in una interessante audizione parlamentare, è rimasta sempre uguale a se stessa mentre la mafia cambiava, si trasformava, si indeboliva anche. “Ormai si è diffuso tutto un cerimoniale delle conferenze antimafia – scrive Di Girolamo –, che prevede un unico schema: il referente locale di Libera o dell’associazione antimafia, il giornalista, il giudice, il politico se serve, e don Luigi Ciotti o qualche altra guest star a dare lustro. Ed è proprio nei convegni che l’antimafia mi appare nella sua natura di recinto. Le mafie cambiano, noi siamo intrappolati nei nostri giri, nei nostri convegni”.
E così Di Girolamo passa in rassegna pagine controverse. Parla della galassia delle associazioni antimafia e dei copiosi fondi a loro destinati. Parla della Commissione antimafia, anzi, delle commissioni antimafia, perché ci sono anche i cloni regionali. Parla anche di un’icona come Nino Di Matteo e delle manifestazioni di solidarietà al magistrato palermitano minacciato da Cosa nostra. “L’ultima volta che l’ho visto, immersa nel bagno di folla che lo aspettava una mamma gli ha fatto accarezzare il bambino… Non c’è bisogno neanche di leggerlo il suo libro, in effetti: la sua sola presenza dà beneficio”. E nella pagina successiva, l’autore ricorda il disastro del processo su via D’Amelio, le bufale del pentito Scarantino, “imboccato per bene e poi creduto dagli investigatori”. Ci sono le pagine su Libera, “cominciata come antimafia militante e finita come antimafia dirigente”. Sul network fondato da don Ciotti, pagine fitte di storie. Le critiche di Franco La Torre, quelle del magistrato Catello Maresca. Di Girolamo racconta anche la sua esperienza personale alla prima assemblea locale di Libera: “Eravamo in tanti e fu nominata la coordinatrice regionale. Attenzione, dico nominata, non eletta, perché nella mia breve e tormentata esperienza dentro Libera non ricordo mai una votazione: tutto avveniva per acclamazione o semplice calata di testa”. E ancora l’antimafia legalitària dei “padroni”, consacrati e poi caduti in disgrazia, da Montante a Costanzo passando per Helg. E altre piccole storie, il “regista antimafia”, il “giornalista antimafia”, il “pittore antimafia” e chi più ne ha più ne metta. Una nuova frontiera, insomma, si è aperta, e altri titoli si annunciano in uscita, come anticipava giorni fa Repubblica. Chissà, che come è stato per i libri antimafia dell’ultimo ventennio, non stia per nascere un nuovo filone mainstream.