Anthony Distefano, 95047.it, 12 IX 2016.
LA VALIGIA E LA TENTAZIONE DELLA FUGA: DA UNA CITTÀ ED UNA TERRA CHE CI UMILIANO OGNI GIORNO
“Perché restare? Forse è vero: meglio andare a seminare i propri sogni altrove”.
La mia generazione è stata quelle delle pacche sulle spalle. E della compassione. Di quei politicanti che a Paternò si presentavano e si presentano anche oggi come nostri amici dicendoci: “Eh, ma non è certo colpa mia se non c’è lavoro. Ma stammi vicino che ci penso io. Vedrai”. In tanti, ci sono cascati. In pieno. Del resto, che fai: se vuoi mettere sù famiglia, se vuoi anche solo provare a sopravvivere: che fai? E, allora, giusto così. Anche se giusto non dovrebbe esserlo. In realtà, la speranza ambiziosa avrebbe dovuto essere quella di non cadere al tranello e di pretendere che la politica si occupasse di tutti. Ma questa è filosofia. Lo so.
Eppure, da troppo tempo si consuma il passaggio obbligato della presa in giro mascherata da promessa solenne. Di un naufragio addobbato da approdo. Di ogni buonafede soffocata dagli eventi. E le prove di tutti questi lunghi anni sono pistole fumanti sul tavolo della disperazione.
Quante volte ci siamo sentiti dire col petto gonfiato di retorica che i “Giovani sono il fulcro”, “Il cardine della salvezza della nostra terra”, “Ripartiamo dai giovani”, “Salviamo i giovani”, “E’ importante che i giovani non rimangano scottati dalla politica”.
Sarebbe anche il caso di dire: basta. Basta con questa carica dell’incenso dell’ipocrisia.
Perché nelle cose che contano i giovani non ci sono mai. Non sono mai previsti. Perché per il potere e l’opposizione significherebbe essere spodestati dalle loro seggiole.
E, poi, c’è quella parola “lavoro” che viene tirata fuori all’occorrenza per contrabbandare una bugia perpetua travestita da una grottesca speranza. Tralasciando l’altra parola: “futuro” che raggiunge l’apice dell’assurdità. Perché oggi di futuro non si può parlare. E mentre la nave affonda provano pure a far suonare l’orchestra per distrarci: una crudeltà nella crudeltà. Così la politica (con la “p” minuscola”) e politicanti (con la “p” sottoterra) si pavoneggiano sui social network. Si pavoneggiano sul nulla.
Non resterebbe che tentare la fuga. Andare via e provarci. Andrà bene? Andrà male? In una città e in un’isola che dovrebbero premiare il merito e gettare le fondamenta per un nuovo tessuto economico anzichè umiliarci tutti, la valigia resta lì sul letto. Perché restare? Forse è vero: meglio andare a seminare i propri sogni altrove. E la valigia è lì. Per sfuggire all’inciucismo e all’autoconservazione che ha devastato ogni giorno di più questa città. E questa terra.