Paolo G. Brera, Repubblica, 15 V 2017
Stipendi da fame e super lavoro: protesta dei giudici di pace
Niente udienze fino all’11 giugno e nemmeno depositi di sentenze e decreti ingiuntivi. Niente multe cancellate e opposizioni urgenti contro le cartelle pazze. Stop ai processi per incidenti stradali senza vittime e a quelli per minacce. “Dovremo lavorare come schiavi, non meno di 10-12 ore quotidiane, per percepire emolumenti netti mensili intorno ai 600-700 euro. Adesso basta”.
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I giudici di pace sul piede di guerra: scatta oggi il mese di sciopero, un inedito nella storia repubblicana, indetto per protestare contro il decreto di attuazione della legge delega sulla riforma della magistratura onoraria che allarga le competenze e taglia (di parecchio) i compensi. E allora niente udienze, da oggi fino all’11 giugno, e nemmeno depositi di sentenze e decreti ingiuntivi; niente multe cancellate e opposizioni urgenti contro le cartelle pazze; stop ai processi per incidenti stradali senza vittime e a quelli per minace, percosse…
Tra cause penali e civili, i giudici di pace e i vice procuratori onorari sbrigano oggi il sessanta per cento dei processi di primo grado: senza di loro, il carrozzone della magistratura ordinaria sommerso dai faldoni arretrati affogherebbe definitivamente. Bel problema, mentre il governo mette mano alla legge per riformarne l’istituto facendo infuriare i cinquemila magistrati onorari (tra giudici di pace, giudici onorari e vice procuratori onorari). In alcuni distretti, come quelli di Firenze e Napoli, oltre a incrociare le braccia in aula le incroceranno pure a tavola, con uno sciopero della fame a staffetta e la minaccia di “dimissioni in massa con effetto immediato” avanzata dall’Associazione nazionale dei 1.300 giudici di pace.
Se da un lato il governo, nella riforma varata dieci giorni fa dal consiglio dei ministri, estende di parecchio le competenze affidate agli onorari aumentando il valore limite delle cause che possono sbrigare – negli incidenti stradali, per esempio, si passa da 20mila a 50mila euro – dall’altro taglia loro “le indennità del 75%”. Fissa una competenza “di 16.410 euro lordi l’anno senza previdenza, maternità, festività e ferie: sono circa 700 euro al mese, dopo 14 anni di servizio guadagnerei una cifra irrisoria”, spiega un giudice onorario umbro, Cristiana Cristiani.
In teoria il giudice onorario doveva essere un servizio temporaneo, ma di rinnovo in rinnovo si è trasformato in un giudice precario pagato “con un fisso di 258 euro lordi al mese più un rimborso per ogni udienza e 56,81 euro lordi per ogni sentenza”, spiega ancora Cristiani. La formula del lavoro a cottimo aveva un suo perché, visto che incentivando la rapidità dell’arrivo a sentenza finiva per rendere efficiente il sistema e, lavorando molto, per consentire uno stipendio più che dignitoso agli onorari: “Più o meno sui 2.000, 2.500 euro netti al mese”, spiega il giudice onorario, che oggi esercita in due città umbre e “nei ritagli di tempo” continua l’attività di avvocato in una terza. Stipendio che può anche raddoppiare nelle sedi in cui i carichi di lavoro sono massimi.
Quel che chiedono i giudici onorari, dunque, è “uno stipendio dignitoso, perché una volta dedotto il 27% di ritenuta quello calcolato con il nuovo sistema basterebbe a malapena a pagare la cassa forense, la nostra pensione che ci costa 3.800 euro l’anno”.
“Dovremo lavorare come schiavi, non meno di 10-12 ore quotidiane, per percepire emolumenti netti mensili intorno ai 600-700euro, somme che neppure basterebbero per pagare le bollette e le spese di sopravvivenza”, denuncia l’Unione nazionale dei giudici di pace. Il tutto mentre la riforma, allargando le competenze degli onorari, alzerà dal 60 all’80 per cento le cause di primo grado assegnate loro.