M. Carnieletto e A. Indini, Il Giornale, 4 X 2020
Simpson, il messaggio nascosto. Che cosa rivela la famiglia gialla
Aristotele, Kant, Heidegger e Nietzsche spiegano la serie tv che da trent’anni ci racconta i sogni e i fallimenti di una famiglia che ci assomiglia tantissimo
*
Non fatevi trarre in inganno: è tutto maledettamente serio. Anzi, filosoficamente serio. Per capire nel profondo le creature di Matt Groening e almeno qualcuna delle inumerevoli sfacettature della società statunitense contemporanea affidatevi a un affascinante tomo curato da William Irwin, Mark T. Conard e Aeon J. Skoble e pubblicato in Italia da Blackie Edizioni: I Simpson e la filosofia. L’intento è specificato già nel sottotitolo: capire il mondo grazie a Homer, Nietzsche e soci. Diciotto trattati, affidati ad altrettanti filosofi, vi aiuteranno a capire meglio quello che, probabilmente, è uno dei più grandi artefatti culturali degli ultimi trent’anni.
Probabilmente quella che vi troverete a maneggiare è l’opera definitiva sui Simpson, una serie televisiva che ci mette davanti “glorie e bassezze di una famiglia gialla che ci assomiglia molto” e che per questo sentiamo molto vicina. I caratteri e le gesta di Homer, Marge, Bart, Lisa, Meggie e di tutti gli abitanti di Springfield diventano così l’occasione per scrivere “un’introduzione, divertente e al tempo stesso rigorosissima, all’opera di pensatori come Aristotele, Kant, Heidegger, Sartre e molti altri“. Non un percorso facile perché rilancia temi che hanno a che fare con la nostra quotidianità e che portano il lettore a interrogarsi, facendo un passo oltre le divertenti avventure dei Simpson. L’obiettivo dell’opera, infatti, non è certo quello di “abbassare” il livello dei grandi pensatori ma di avvicinarli a chi solitamente non li mastica. I curatori non credono certo che i personaggi di Groening “siano l’equivalente delle maggiori opere letterarie della storia, tanto profondi da illuminare il comportamento umano in un modo sinora inedito”, ma li ritengono “abbastanza profondi e certamente abbastanza divertenti da giustificare una seria considerazione”. E così: studiare il carattere Homer aiuta a capire quello che Aristotele scriveva nell’Etica Eudemia. “Sfugge alla nostra indagine che cosa sia il bene e che cosa sia il buono nella vita”. Tradotto con parole più esemplificative: “Se Homer Simpson se la cava piuttosto male dal punto di vista morale, come fa a essere ammirevole?”.
La domanda posta da Raja Halwani, assistant professor di Filosofia al dipartimento di Arti liberali della School of the Art Instiutute di Chicago, è solo una delle tante che l’opera mette a tema. La figura di Lisa, la secondogenita dei Simpson, serve a sviscerare quel rapporto di amore e odio che la società americana nutre nei confronti degli intelletuali e dell’elitarismo e a condannarlo. “Chi difende l’uomo comune dovrebbe farlo senza sminuire le conquiste di coloro che sono istruiti – spiega Aeon J. Skoble – un approccio contrario equivale a difendere il diritto di Homer di vivere da stupido criticando Lisa per la sua intelligenza”. E, sebbene molti filosofi siano propensi a credere che non abbia il diritto di farlo, per Skoble è più importante sottolineare che questo atteggiamento è deprecabile perché scoraggia lo sviluppo della nazione e dei singoli individui. Il livello, insomma, è decisamente alto. Tanto da capire l’importanza di “scomodare” così tanti filosofi per spiegare un cartone animato. E non sono nemmeno così tanti se si tiene presente, come specificato anche nell’introduzione, che per realizzare un singolo episodio dei Simpson ci vogliono “trecento persone per otto mesi al costo di un milione e mezzo di dollari”. Una vera e propria industria che aiuta a muovere l’economia americana e a spostarne l’opinione pubblica. Perché, si sa, a guardare questa serie tv non sono solo gli adolescenti che guardano a Bart come una sorta di”esempio cautelativo”, parte integrante “della decadenza e del nichilismo che pervade la nostra società”.
Perché, dunque, guardare i Simpson? La loro comicità, per dirla con le parole di Nietzsche, diventa uno “sfogo del disgustoso dell’assurdo”. “Come satira sociale, come commento sulla società contemporanea, raggiungono spesso una straordinaria intensità”, spiega Mark T. Conrad nel capitolo su Bart e la virtù della cattiveria. “Non di rado è davvero eccellente, nella migliore accezione greca del termine. E generalmente raggiunge questa eccellenza prendendo i disparati elementi della caotica vita americana e riplasmandoli, dando loro forma, dando loro stile, forgiandoli in qualcosa di sensato e a volte di bellissimo, anche se si tratta solo di un cartone animato”.