Simone Santini, Megachip-Globalist, 26 II 2018.
La vera natura del MoVimento Cinque Stelle
Molti commentatori politici si stupiscono per la tenuta del consenso popolare a favore del M5S […]. Sembra riproporsi il paradigma di Donald Trump che, con una fulminante battuta durante la campagna per le presidenziali, smontò la narrazione arrembante dei media contro di lui: “sono talmente amato che potrei scendere a sparare sulla quinta strada e mi voterebbero lo stesso”.
Dopo il silenzio elettorale dei sondaggisti vedremo se tali previsioni saranno confermate dai voti veri dentro le urne. Nel frattempo, tali commentatori ripropongono la solita litania di motivazioni per questi fatti stupefacenti. Nonostante il MoVimento abbia dato ampie dimostrazioni, dicono, della sua incapacità, incoerenza, inettitudine, inadeguatezza, addirittura disonestà, se i cittadini continuano a premiarli non è per loro merito ma perché i sentimenti di odio e di anti-politica sono talmente diffusi che è molto difficile sradicarli. È la protesta la vera benzina che spinge ancora il motore 5stelle, null’altro.
Di certo tali motivazioni non mancano, malgrado Di Maio stia costruendo una immagine più istituzionale e pragmatica, “governativa”, dei pentastellati. Forse il M5S sta perdendo voti in quelle frange, piuttosto marginali, di incattiviti ma, evidentemente, ne sta conquistando altri in altre fasce di popolazione.
Le motivazioni vengono da lontano e non hanno nulla a che fare con l’anti-politica. Semmai il contrario.
Il Movimento Cinque Stelle non nasce all’improvviso ma è il frutto di una lunga gestazione tra gli anni novanta e duemila durante i quali il suo ideologo e cofondatore Beppe Grillo ha costruito una comunità politica in fieri, un sentire comune, una emotività collettiva attraverso i suoi spettacoli e le sue ricerche. Un modo di fare politica nuovo che riempiva i palazzetti. Un artista visionario curioso della realtà e della società con indubbio carisma e una storia personale particolare. L’incontro con Casaleggio servì a strutturare comunicativamente e poi organizzativamente in modo stabile, attraverso la rete, tale magma di seguito popolare e di conoscenze. Il blog servì per condensare un senso di appartenenza che si era già diffuso poiché aveva colto uno spirito del tempo.
Movimenti politici di massa, popolari, sembrano poter nascere in questa epoca solo in tal modo. L’altro esempio storico assimilabile, ma solo per tali aspetti genetici, è stata Forza Italia nata dal sentimento diffuso con le televisioni commerciali (con tempi di gestazione lunghissimi, in cui programmi televisivi come Ok il prezzo è giusto o Drive In hanno plasmato la società molto più e in profondità di mille comizi politici), una personalità di riferimento carismatica, e un’organizzazione strutturata secondo criteri aziendali. Nel caso manchi anche uno solo di questi tre elementi, il progetto anche se avviato favorevolmente è destinato poi al fallimento (vedansi i casi dell’Italia dei Valori o di Scelta Civica). Unica parziale eccezione è stata la Lega che non ha mai usufruito di una organizzazione “aziendale” ma la cui strutturazione territoriale degli attivisti ha compensato egregiamente tale aspetto.
È il senso di appartenenza al MoVimento quel collante forte che i vari commentatori, nella loro miopia, non vedono, e che non si lascia scalfire da eventi avvertiti come transitori o come naturali crisi di crescita. O addirittura come attacchi strumentali ed ingiustificati che servono a rafforzare ancora di più il senso di tale appartenenza.
Un recente sondaggio pubblicato dal Corriere della Sera (Ipsos di Nando Pagnoncelli) sulla composizione demografica e sociale dell’elettorato appare molto istruttivo. Per i 5 Stelle, tra i 25 e i 54 anni la percentuale di elettori è stabilmente sopra il 30% con un picco del 36% nella fascia 35-44 anni. Tale percentuale crolla però al di sotto del 20% tra gli ultra 65. Socialmente l’elettorato è stratificato in tutte le aree professionali ma non si tratta solo di voto borghese o più in generale di ceto medio, infatti la percentuale più alta in assoluto è tra gli operai con ben il 40% (e se a questo dato si aggiunge il 20% della Lega ci si accorge che la grande maggioranza della classe operaia non vota più a sinistra).
Il sociologo De Masi sostiene che il blocco elettorale è lo stesso che fu del PCI. Considerazione realistica se spogliata di connotazione ideologica. Ma l’evoluzione nella società porta ad identificare nell’esclusione il fattore comune per individuare il grillino tipo. Un elemento soprattutto generazionale che si può declinare secondo varie chiavi di lettura.
Esclusione politica: i partiti tradizionali avevano intasato ormai ogni possibilità di partecipazione al governo della cosa pubblica, strutturandosi spesso e volentieri secondo logiche clientelari e parassitarie. Chi era fuori da conventicole era semplicemente fuori dalla possibilità di svolgere un efficace ruolo pubblico.
Esclusione sociale: che è una conseguenza diretta di quella politica. Non è il merito l’ascensore sociale ma l’appartenenza ad una qualche baronia, in qualunque ambito. Chi non ha santi in paradiso o si mette in coda o trova all’estero lo sfogo per le proprie aspirazioni.
Esclusione economica: che diventa tutt’uno con le prime due. Precarietà cronica, realizzazione personale che rimane ingessata da mille rigidità, età adulta che si sposta sempre più in avanti causando frustrazioni, insicurezze, instabilità.
Il MoVimento è stato l’unica forza politica capace di raccogliere il grido umano che arrivava da tali criticità. Il suo programma, votato e approvato direttamente dagli iscritti, secondo modalità di partecipazione del tutto originali, ha due direttrici fondamentali, moralizzazione e innovazione, che si snodano poi in ogni settore di intervento.
Troviamo dunque proposte molto avanzate per risolvere la piaga dei conflitti di interesse che sclerotizzano lo Stato; proposte particolarmente incisive per il contrasto e la lotta alla corruzione, piaga non solo civile ma anche economica che draga miliardi su miliardi dall’economia reale.
Al contempo si analizza con attenzione il cambio di civiltà in corso: così si prospetta una rivoluzione energetica che da qui al 2050 porterà ad abbandonare le fonti fossili a favore di quelle rinnovabili. La mobilità, la produzione industriale, le nostre vite ne saranno profondamente modificate. Lo stesso dicasi per l’innovazione tecnologica derivante da intelligenza artificiale, internet delle cose, robotica, con il suo impatto sul mondo del lavoro che dovrà essere gestito, sorvegliato, accompagnato da qui al 2030.
Dunque, senso di appartenenza forte ad una comunità umana, prima che politica. Moralizzazione. Innovazione. Chi trascura questi elementi non è in grado di comprendere la natura vera e profonda del MoVimento Cinque Stelle.
Finché tali elementi resteranno saldi resterà saldo anche il consenso popolare. Pertanto il nemico da temere è l’omologazione, la perdita di senso, lo smarrimento e dunque la rabbia che non ti fa più sentire a casa.
Il MoVimento, se ambisce al governo della Nazione, dovrà riuscire continuamente ad evolversi e reinventarsi sotto tali aspetti, al di là dei risultati di questa tornata elettorale. In ogni caso il futuro lo attende.