Andrea Bassi, Il Messaggero 17 VII 2020
SVIMEZ: “AL SUD RISCHIO TENSIONI SOCIALI”
Bastano pochi numeri. Poche cifre che il direttore generale della Svimez, Luca Bianchi, definisce «impressionanti». La caduta dell’occupazione nel Mezzogiorno quest’ anno, rischia di essere drammatica. In soli 12 mesi potrebbero rimanere senza lavoro 380 mila persone. In un solo anno la perdita di occupati sarebbe pari a quella subita nei cinque anni che vanno dal 2009 al 2013, quando la crisi finanziaria e quella dei debiti sovrani si sono saldate. Uno shock che fa temere anche alla Svimez che nel Mezzogiorno possano esserci «tensioni sociali».
Anche perché se il crollo del Pil di quest’ anno nel Meridione sarà più contenuto di quello delle regioni centro-settentrionali (-8,2 per cento contro il -9,6 per cento), la ripresa prevista per il prossimo anno sarà meno della metà al Sud rispetto al Nord (+2,3% contro +5,4%). Questo significa che il divario tra le zone più ricche del Paese e quelle meno ricche, è destinato ad allargarsi.
Certo, il governo ha già approvato due decreti, il Cura-Italia e il Rilancio, che hanno attenuato questa caduta. Secondo i calcoli della Svimez, gli aiuti hanno contenuto maggiormente il crollo del Pil meridionale di quello settentrionale, stanziando 75 miliardi di euro complessivamente (55 dei quali sono stati approvati ieri con la fiducia al decreto Rilancio), ma se si calcola qual è stato l’aiuto pro capite, per singolo abitante, il Centro-Nord ha ottenuto di più: 1.344 euro contro 1.015 euro ad abitante nel Mezzogiorno.
La ragione di questo divario è semplice. Molti interventi di aiuto destinati alle imprese e decisi dal governo, sono legati alla dimensione delle perdite. Al Nord mediamente le imprese sono di dimensioni maggiori. Dunque fatturano di più e hanno subito perdite più elevate in termini assoluti. Per questo hanno ricevuto, sempre in termini assoluti, più risorse da parte dello Stato. Ma è pur vero che chi ha dimensioni maggiori ha anche spalle più grandi per sorreggere il peso della crisi. Chi è più piccolo è più fragile, e potrebbe avere più difficoltà a rialzarsi.
Se per le imprese la situazione non sarà semplice, per le famiglie i rischi sono ancora maggiori. La caduta del reddito disponibile, spiega la Svimez, «è la più ampia mai riscontrata dalla metà degli anni novanta». La causa va ricercata nella contrazione dell’occupazione. In questo caso, però, la caduta del reddito delle famiglie meridionali sarà meno intensa di quella delle famiglie del Centro Nord.
Dipende dalle prestazioni sociali e dalle misure di sostegno al reddito. Il reddito di cittadinanza, insomma, sta in qualche modo sostenendo le entrate delle famiglie del Sud. Ma resta il fatto che la contrazione dei guadagni sta spingendo pericolosamente verso il basso i consumi. Nel Mezzogiorno la contrazione prevista è del 9,1 per cento. Nel Centro-Nord del 10,5 per cento. Ad aumentare sarà invece, per la prima volta dopo molto tempo, la spesa pubblica per consumi. Per le regioni meridionali è quasi una novità assoluta, visto che dal 2011 i consumi della Pubblica amministrazione si erano costantemente ridotti.
Ma cosa serve, secondo la Svimez, per il rilancio? «Una strategia nazionale di sostegno alla crescita compatibile con l’obiettivo del riequilibrio territoriale». Anche perché «le previsioni del 2021 mostrano una ripresa troppo debole per ricostruire la base produttiva e occupazionale distrutta dalla crisi e un allargamento del divario Nord-Sud». L’occasione del Recovery fund, insomma, non può essere persa.