Laura Pasotti, Repubblica, 10 I 2018
Il segreto del successo? Imparare a perdere
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L’errore non è un vicolo cieco ma un percorso alternativo per cogliere nuove opportunità. Ne è convinta Francesca Corrado, economista e ideatrice della “Scuola di fallimento”, dove si insegna a sfruttare i propri sbagli, sdrammatizzarli e considerarli occasioni di crescita. “Il successo? In realtà, è la somma di tutti i nostri fallimenti”.
Sbagliando s’impara. Quante volte ce l’hanno ripetuto da bambini? È così che abbiamo mosso i primi passi, dopo essere inciampati, che abbiamo imparato a parlare, nuotare o andare in bicicletta. Eppure da adulti tendiamo a considerare un errore come la fine del mondo e a vivere il fallimento come uno stigma sociale. Pretendiamo la perfezione e dimentichiamo di aver imparato, sbagliando. “Se viviamo il fallimento come un vicolo cieco, è naturale provare frustrazione, ansia, paura e immobilismo, se invece accettiamo l’errore come elemento naturale di una vita complessa e come un viaggio alla scoperta di sé, dei propri limiti e dei propri talenti allora daremo un giusto peso al fallimento e magari un giorno leggeremo sui dizionari una diversa definizione di fallimento, come percorso alternativo per cogliere una nuova opportunità”. A parlare è Francesca Corrado, economista, ricercatrice e fondatrice di Play Res con cui ha aperto la prima Scuola di fallimento in Italia. Di cosa si tratta? È un progetto formativo che insegna a sfruttare i propri sbagli, a sdrammatizzarli e considerarli non come vicoli ciechi, ma come occasioni di crescita. “Il successo è, in realtà, la somma di tutti i nostri fallimenti”, dice. Non a caso, il payoff scelto per la scuola è “osa perdere per vincere“.
La Scuola di fallimento nasce da una serie di riflessioni personali di Francesca Corrado conseguenti a quello che lei stessa ha definito un annus horribilis. “Nel 2015 ho liquidato la mia società e ho perso la cattedra all’università di Modena, per mancanza di fondi – racconta – . Così ho iniziato a pensare alle scelte che avevo compiuto, a chi ero e cosa volevo fare da grande, ho rimesso in discussione tutto”. Grande lettrice, Corrado si è appassionata alle neuroscienze, al tema dell’errore e al concetto di perfezione. “Ho capito che noi siamo le nostre scelte ma siamo anche responsabili di quelle scelte – continua – e così ho deciso di avviare una nuova impresa, per mettere a frutto le mie conoscenze ed essere di supporto ad altri per crescere dal punto di vista personale e professionale”. Nasce così la società Play Res e la Scuola di fallimento.
Gioco e teatro dell’improvvisazione. Sono gli strumenti utilizzati dalla Scuola di fallimento perché, “permettono di apprendere più velocemente rispetto alla lettura di un testo”. Il percorso prevede cinque moduli: percezione dell’errore proprio e altrui, analisi degli errori sistematici, consapevolezza, sdrammatizzazione e fiducia. La prima fase serve per far emergere la percezione soggettiva e oggettiva rispetto all’errore e al fallimento; la seconda per dare alle persone una sorta di antidoto agli errori sistematici che, se non impedisce loro di commetterli, almeno le porti a ragionare in modo diverso quando si vengono a trovare in quella stessa situazione; nella terza si propone un lavoro su se stessi per capire che sbagliare fa bene e costruire una forma mentis predisposta ad accettare l’errore; nella quarta si mettono in scena i propri errori attraverso il teatro dell’improvvisazione, “ci si prende in giro, per far capire che non sono la fine del mondo”; nell’ultima sono previsti una serie di esercizi, diversi a seconda del target, per raggiungere il successo. Gli insegnanti sono 10 con competenze diverse: si va dal formatore al neuroscienziato, dallo psicologo al game designer, dal maestro di teatro al ludologo fino all’economista.
Il primo corso è partito a giugno 2017 grazie al supporto della Fondazione Cassa di risparmio di Modena e della Fondazione San Filippo Neri. Da allora Play Res ha incontrato mille studenti in tutta Italia e ha organizzato un centinaio di corsi da uno o due giorni. I partecipanti sono stati genitori, imprenditori, insegnanti e Neet (i giovani che non lavorano e non studiano). “Con questi ultimi abbiamo lavorato per costruire una sorta di personal business, per capire chi erano e cosa volevano fare e cercare di aiutarli a orientarsi nel mercato del lavoro – afferma Corrado – . Ci siamo resi conto che questi ragazzi conoscono poco se stessi e i propri talenti mentre sono concentrati su quelli che sono i propri limiti: ecco perché cerchiamo di lavorare sui talenti e i desideri per costruire un percorso che possa agevolarli”. I feedback sono positivi, “alcuni hannotrovato la propria strada, altri ancora no ma siamo rimasti in contatto con loro”. Anche se la mission della scuola non è trovare un lavoro, per il futuro Corrado sta pensando a partnership con realtà che possano essere di supporto nello step successivo al percorso formativo.