Gianluca Pinto, blog su Il Fatto Quotidiano, 4 XII 2021
Ue, occuparsi di vocabolario lasciando tutti nelle mani del profitto è pericoloso
Nell’Europa del III millennio, come si nota, si è sempre ‘sul pezzo’. Qualche giorno fa, in piena quarta ondata di Covid e nel pieno di una devastante crisi ambientale arrivata al punto di non ritorno, è spuntata con uno straordinario tempismo una proposta di tipo linguistico tesa, con ragionamenti mirabili ed invidiabili per la loro complessità, a garantire il rispetto delle varietà culturali, di religione e di tradizioni presenti nei vari paesi dell’Ue. Si propone, ad esempio, di non dire “Buon Natale”, ma semplicemente “Buone Feste”, per non creare discriminazioni verso chi non crede al ‘Natale’ ad esempio.
Tralasciando il significato di stampo consumistico acquisito da alcune ricorrenze, per cui si dovrebbe fare una riflessione a più ampio raggio, questa acuta intuizione e questa geniale idea di cercare una soluzione alle tensioni sociali (provocate dal modello socio-economico e che si sfogano ove possibile) nella sostituzione di vocaboli ‘forti’ tipo ‘Natale’ con altri meno violenti tipo ‘feste’, oltre ad essere leggermente ipocrite, presentano qualche piccolissima lacuna a livello di analisi materiale della realtà.
Fermo restando che il rispetto reciproco prevedrebbe che ognuno sia libero di esprimere la propria tradizione con parole e concetti – non che ciascuno debba rinunciarci – è chiaro che il linguaggio sia l’espressione del livello culturale e sociale di una collettività e che il linguaggio sia anche azione, non solo comunicazione. Quello che non è assolutamente vero, tuttavia, è che il linguaggio si possa ridurre a vocaboli, né è tantomeno vero che, selezionando alcuni vocaboli, si modifichi sostanzialmente il linguaggio (che è espressione e risultato degli effetti di un modello socioeconomico sulla collettività e sugli individui) e/o il modello sociale che ne è fonte. Non è che mettendo zucchero nella bottiglia dove raccogli l’acqua della fonte (dando per scontato che tutti vogliano bere acqua e zucchero) si addolcisca la sorgente, per intenderci.
Il problema non è di mero ‘vocabolario’, come chiunque è in grado di capire, ma di linguaggio inteso come insieme delle forme di comunicazione (comprese quelle politiche e sociali) costituenti una società. Un linguaggio che dovrebbe nascere da una collettività matura e che parte dall’uguaglianza interna all’Ue in questo caso. Il pensare di risolvere le grandi questioni della nostra epoca contrapponendo un linguaggio edulcorato alla violenza materiale del modello sociale che lascia gran parte dell’umanità in condizioni di totale abbandono è folle e pericoloso. Il soffermarsi su una questione di parole quando la violenza del modello liberista porta automaticamente all’egoismo individuale e di gruppo è una colpa.