Alessandro Carnevale, Il Giornale, 19 I 2021
“DA INSTAGRAM ALLA LATTUGA”: IL RUOLO DELL’ARTE NELLE NOSTRE VITE
Pubblichiamo per gentile concessione dell’autore un estratto del libro “Da Instagram alla lattuga. Dove si nasconde l’ arte e perche’ abbiamo ancora bisogno di lei” (Piemme edizioni, 2020)
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Siamo davvero tutti artisti, quindi?
C’è una citazione, se vi ricordate, appena sotto quella domanda.
Sono le parole di un grandissimo sociologo e filosofo contemporaneo, uno di quelli che passano le giornate a indovinare il mondo: Zygmunt Bauman. In uno dei suoi ultimi libri, Bauman scrive che «ognuno di noi è artista della propria vita», anche senza saperlo. L’arte della vita, pubblicato nel 2009, snocciolava la realtà fino a riscoprire una specie di sequenza genetica del futuro prossimo: nel giro di qualche anno, il mondo digitale avrebbe fornito a chiunque una tela bianca, un diario, intonso, su cui riscrivere la storia della propria vita. In quelle pagine, il sociologo sintetizzava un’equazione attualissima, ricalcando le impronte dell’arte. Il gesto osservato, vecchio millenni, era quello di dare ordine al caos. «Essere artisti significa dare forma e struttura a ciò che altrimenti sarebbe informe e indefinito. Significa manipolare probabilità.»
Per Bauman, dunque, la vita si plasma come un’opera d’arte. Decisione dopo decisione. Scelta dopo scelta. È una corsa contro l’ignoto: essere significa soprattutto ribadire quello che non siamo. L’ansia di ritrovarsi senza bussola, in questo flusso costante di possibilità da scartare, alimenta un bisogno ossessivo di restituire – in primo luogo a noi stessi – un’identità coerente con quei desideri che dovrebbero dirigere le nostre scelte.
La variabile che si è aggiunta, in questo gran casino, sono proprio i social network, che ormai viviamo come estensioni della realtà, in cui siamo liberi e invitati ad autorappresentarci: prima del 2006 era impensabile che praticamente chiunque potesse creare un racconto della propria vita e condividerlo, almeno idealmente, con milioni di persone. Grazie al web oggi si è aggiunto un passaggio ulteriore: abbiamo una seconda (e terza, e quarta) chance di ridipingere la nostra identità come meglio crediamo. L’essere artisti della propria vita, almeno sulla carta, non è mai stato così facile. Mi sembra superfluo sottolinearlo, ma lì sopra, sui social, chiunque racconta la miglior versione possibile di se stesso. Dovremmo esserne tutti assolutamente consapevoli: il problema è che non lo siamo affatto.
Nel decifrare la nostra modernità liquida, Bauman aveva isolato un cortocircuito percettivo che sarebbe riesploso, poi, nell’universo dei social network. Era il ’99, e scriveva così: «Viste da lontano, le esistenze sembrano possedere una coerenza e un’unità che nella realtà non possono avere, ma che allo spettatore appare evidente. Si tratta di un’illusione ottica».
Oggi guardiamo i profili su Instagram, su Facebook, su Tik Tok, e ci sembra di osservare soltanto persone felici. Esistenze prive di ansia, di angoscia, di paura, di rimpianti e tristezza. Non riusciamo a ritrovare i nostri errori, il nostro senso di vuoto, il nostro smarrimento, le nostre continue indecisioni: manca quella sensazione di muovere un minuscolo passo dopo l’altro, quasi alla cieca, andando per tentativi, continuando a sbagliare direzione, inciampando, tornando indietro, perdendo l’equilibrio. C’è spazio solo per la leggerezza, là sopra. Mettiamocelo in testa, una buona volta: è un’illusione ottica.
I social ci spingono a fare dei confronti e perfino a competere con qualcosa che non esiste. Alimentano la frustrazione, generano ansie, distruggono l’autostima e creano una perenne sensazione di inadeguatezza. Se tutti noi, legittimamente, su Instagram raccontiamo la nostra vita come un’opera d’arte, nel momento in cui osserviamo i profili degli altri dovremmo riconoscerli per ciò che sono: narrazione.
In un mondo in cui si può solo guardare ma non toccare, dove la distanza di cui parlava Bauman è onnipresente e alimenta infinite illusioni ottiche, in un mondo in cui le immagini sono il cuore di qualsiasi comunicazione, in un mondo dove diventa praticamente impossibile distinguere realtà e rappresentazione – ecco, in un mondo così – l’Arte diventa sempre più preziosa. Perché ci insegna come difenderci. Talvolta proprio dall’Arte.