Giovanna Pangallo, La legge per tutti
Invalidità civile:
come contestare il verbale della commissione medica
Nei confronti della diagnosi effettuata dalla commissione sanitaria è possibile fare ricorso a due rimedi: la domanda di revisione e l’accertamento tecnico preventivo.
Non è infrequente che la diagnosi resa dalla commissione medica a seguito della visita di accertamento dell’invalidità civile o dello stato di handicap non riconosca il reale grado d’invalidità del richiedente. Che fare in questi casi? E soprattutto: è possibile contestare un verbale medico non solo quando il grado d’invalidità o di handicap riconosciuto sia inferiore a quello effettivo, ma anche quando nel verbale venga accertata una patologia da cui il paziente non ritiene di essere affetto?
Prima di esaminare i quesiti ora indicati è bene chiarire cosa s’intenda per invalidità civile e per handicap.
Cos’è l’invalidità civile
Secondo il legislatore italiano l’invalidità civile consiste in minorazioni congenite o acquisite non solo permanenti ma anche a carattere progressivo.
Nella nozione di minorazione sono comprese anche le irregolarità di natura psichica come, ad es., le oligofrenie di carattere organico o dismetabolico e le insufficienze mentali derivanti da difetti sensoriali e funzionali.
È necessario, inoltre, che tali minorazioni comportino una riduzione permanente della capacità lavorativa in misura non inferiore ad un terzo o, nel caso di soggetti minorenni, che abbiano permanenti difficoltà nello svolgere i compiti e le funzioni della loro età.
Cos’è l’handicap
Per persona portatrice di handicap s’intende colui che è affetto da una minorazione fisica, psichica o sensoriale.
La minorazione può essere stabile o può essere di tipo progressivo e dev’essere causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa causando una condizione di svantaggio sociale o addirittura di emarginazione.
Da chi è composta la commissione medica
La commissione medica, cioè il soggetto deputato ad accertare l’invalidità civile o la condizione di handicap,in origine era composta dal medico provinciale (che rivestiva la funzione di presidente), da un ispettore medico del lavoro o da altro medico scelto dal capo dell’ispettorato provinciale del lavoro (preferibilmente tra i medici previdenziali o fra gli specialisti in medicina legale o del lavoro ovvero tra gli specialisti in igiene generale e speciale) nonché da un medico designato dall’Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili.
A seguito di diversi interventi normativi oggi la commissione sanitaria risulta composta da cinque membri di cui un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e due medici di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro, un sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell’Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili, dell’Unione italiana ciechi, dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti e dell’Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali ed, infine, un medico dell’INPS in qualità di membro effettivo [6].
È bene, inoltre, precisare che le visite di accertamento vengono effettuate presso le unità sanitarie locali nell’ambito delle quali operano una o più commissioni incaricate di svolgere l’attività di verifica e diagnosi.
Quali sono le competenze della commissione
Secondo la normativa vigente la commissione sanitaria deve svolgere le seguenti attività:
a) accertare la minorazione degli invalidi e mutilati e la causa invalidante nonché valutare il grado di minorazione;
b) valutare se la minorazione può essere ridotta mediante idoneo trattamento di riabilitazione e dichiarare se la minorazione stessa impedisca la frequenza dei corsi normali di addestramento;
c) valutare la necessità o l’opportunità di accertamenti psico-diagnostici ed esami attitudinali [7].
È chiaro che l’indicazione dei compiti elencata non ha carattere esaustivo nel senso che la commissione gode di una certa discrezionalità dovendo fare una valutazione complessiva dello stato psico-fisico della persona e non dovendo necessariamente rimanere entro i limiti della richiesta presentata dal cittadino.
All’esito della visita, la commissione rilascia un verbale contenente la diagnosi effettuata e spedito al paziente mediante posta.
Come fare per contestare il verbale
Qualora la diagnosi indicata nel verbale riporti un grado di invalidità o di handicap minore rispetto a quello da cui si ritiene di essere affetti o, caso molto meno frequente, si voglia contestare una valutazione di maggiore gravità, è possibile percorrere due vie: presentare la domanda di revisione o chiedere l’accertamento tecnico preventivo.
La domanda di revisione
La domanda di revisione è quella domanda con cui si chiede all’INPS di essere sottoposti a nuova visita al fine di accertare il peggioramento o il miglioramento delle patologie psico-fisiche.
Di norma la persona affetta da invalidità o da handicap è sottoposta a visita di revisione qualora l’invalido sia un minore o quando vi sia una diagnosi provvisoria o una menomazione soggetta a miglioramento.
È quindi la commissione medica che, di solito, dispone la revisione mediante indicazione espressa risultante dal verbale rilasciato dopo la visita.
Poiché però la normativa sul punto non pone particolari divieti nulla esclude che sia l’invalido stesso a chiedere di essere sottoposto ad una visita di revisione mediante la presentazione di apposita domanda.
Chiaramente la diagnosi resa a seguito della revisione non ha efficacia retroattiva poiché mediante la domanda di revisione si chiede di accertare il mutamento che nel corso del tempo la patologia ha subito.
L’accertamento tecnico preventivo
L’accertamento tecnico preventivo (più comunemente indicato nella formula abbreviata A.T.P.) è una fase antecedente al giudizio vero e proprio: esso rappresenta una condizione di procedibilità (cioè un passaggio obbligato) per poter impugnare il verbale della commissione medica innanzi al giudice.
Nonostante la natura di fase preprocessuale dell’A.T.P., anche l’accertamento tecnico preventivo si propone con ricorso e si traduce in una causa innanzi al giudice benché caratterizzata da tempi ridotti.
Mediante questa procedura il ricorrente chiede al giudice di nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (in altre parole un medico esperto nella patologia da esaminare) il quale ha il compito di accertare la correttezza o meno della valutazione compiuta dalla commissione sanitaria.
Qualora la relazione del CTU sia favorevole alle richieste del ricorrente e la controparte (cioè l’INPS) non faccia opposizione, il giudice emetterà il decreto di omologa che non è passibile di impugnazione; nel caso contrario sarà possibile impugnare il provvedimento conclusivo del procedimento ed avviare una vera e propria causa di primo grado.
Abitualmente l’accertamento tecnico preventivo viene proposto per contestare una diagnosi che si ritiene erronea in quanto lo stato di salute è più grave rispetto a quello diagnosticato; tuttavia, poiché la legge si limita a prevedere la generica impugnabilità del verbale senza porre limiti al tipo di domanda da rivolgere al giudice, non vi sono ostacoli alla proposizione del ricorso anche nel caso in cui la diagnosi attesti una patologia ulteriore rispetto a quella da cui si è affetti.
A chi rivolgersi per contestare il verbale
Qualora si voglia presentare la domanda di revisione non sarà necessaria l’assistenza legale poiché si tratta di una procedura analoga a quella del primo accertamento: è bene, tuttavia, corredare l’istanza con certificazione medica aggiornata.
La domanda dovrà essere presentata direttamente all’INPS.
Se, invece, si vuole proporre il ricorso per ottenere l’accertamento tecnico preventivo sarà necessario rivolgersi ad un avvocato esperto in diritto previdenziale.
Il ricorso si propone in Tribunale.