Nuela Celli, Libroguerriero, 25 VII 2022
“LA CITTA’ NERA” DI DOMENICO TRISCHITTA (ALGRA EDITORE)
‘La città nera’ di Domenico Trischitta è un lungo racconto che ha del poetico, a tratti aspro e a tratti struggente. I protagonisti, di cui si narrano le vicende negli anni Ottanta, sono: Domenico, detto Mimmo, un giovanissimo catanese con ottimi voti a scuola, appassionato di letteratura e musica, ma anche avido di vita e di avventure in cui perdersi, narrato in prima persona, Mohamed Jugeb, mercante dalle mille attività di origine senegalese, “uno di quei neri che di notte farebbe paura perfino a New York”, e infine Patricia, prostituta ventisettenne proveniente dal Brasile. Ci appaiono esattamente in questo ordine, gli ultimi due raccontati in terza persona.
Il cuore pulsante che intreccia i destini di questi personaggi è Catania, una città viva, bellissima nei suoi contrasti di lava nera, natura selvaggia, barocco e opulenza di commerci. Come in tutte le grandi metropoli qui la vita è dura e sottoposta a leggi sociali complesse. Mimmo, che incontra Mohamed a Parigi, nel quartiere di Pigalle, dopo averlo sentito parlare dell’Università della Sorbona come fosse una donna e del suo amore per la musica classica, lo invita a trasferirsi in Sicilia. Il consiglio verrà accettato e così inizierà questa strana frequentazione tra un ragazzo dabbene, studente eccellente proveniente da una famiglia borghese dove è vietato persino l’utilizzo del dialetto, e un uomo che, per colore ed estrazione, deve vivere nei margini più labili e rocamboleschi del tessuto urbano.
Ma Domenico ha fame di vita e per lui le diversità sono soltanto un valore aggiunto. Nasce così un’amicizia che lo porterà, tra le altre cose, a parlare di integrazione e razzismo durante una Festa dell’Unità, ripreso dalle telecamere, a lavorare un mese con l’amico nella raccolta dei pomodori soltanto per saggiare il loro grado di fratellanza, e a recarsi, da turista appassionato, a Dakar. Ma Mimmo sa che il divario non si colma così facilmente, e che le sue aperture verso il diverso convivono con distanze e sbarramenti, e il senso di colpa rimane velenoso e latente.
“Appena giunti, mi indicò il numero civico, feci una lunga corsa. Entrati, mi sentii Virgilio, ma io accompagnavo un Dante nero, e a un Dante nero è possibile soltanto l’accesso ai gironi infernali, e noi all’inferno eravamo. All’inizio mi sembrarono un centinaio, tanto erano aggrovigliati, poi mi accorsi che cento erano sicuramente gli occhi.”
Nel frattempo Domenico si apre alla vita con ingordigia e furore, è nel pieno dei suoi anni e non sa negarsi niente. L’amicizia è il legame imprescindibile che sottende a ogni avventura, prima in compagnia del ‘Borgataro’ e del ‘Poeta’, lui soprannominato ‘Biondo Cerbero’, per via dell’abbronzatura e dei lunghi capelli che con il mare si imbiondiscono, e poi insieme a svariate comitive con le quali misurarsi in viaggi epici, concerti rincorsi per l’Italia e la Francia (sulle note dei Rolling Stones e dei Police, per citarne alcuni), conquiste compulsive e nottate passate a suonare, parlare per ore, ridere di tutto e bere fino a stordirsi.
“Quelle giornate, mi viene difficile riviverle adesso, arano sempre assolate. Anche se c’era freddo le vivevamo con un’energia particolare, le assaporavamo fino in fondo, a nostra volta ci facevamo possedere da esse.”
In questo rutilante viaggio iniziatico, che espone la sensibilità del protagonista ai mille colpi della vita, una sensibilità perennemente messa in pericolo dalla sua brama di collezionare esperienze ed emozioni, Domenico si scontra con l’amore. Un primo amore che parte da opposti inarrivabili. Lei, appassionata e devota, pronta a tutto, lui, troppo giovane e fremente, un conquistatore seriale.
“Cominciai a piangere di maggio, solo tra le mie mura a dare l’addio a quel superomismo sfrenato e ad accogliere il mio ruolo insicuro, quella voglia di tenerezza che avrei sempre cercato.”
La Francia e Nizza sono lo sfondo suggestivo e prepotente dei capitoli in cui questa storia si dipana convulsa. Proprio in quest’ultima città inizia la seconda parte della narrazione. L’ottica si sposta repentina e da subito ci fa immedesimare nei primi passi di Mohamed, tra i sassi roventi della spiaggia nizzarda, dove vende bibite clandestinamente, e nei pressi della Sorbona, dove coltiva vaghe ambizioni artistiche e impronta un commercio di uccelli di carta. Il suo arrivo a Catania, sulla scia dell’invito di Mimmo, si intreccia con la storia dell’ultimo personaggio che ‘La città nera’ ci regala, Patricia, prostituta iniziata dal padre orco nella città di Brasilia, la cui vita viene magistralmente ricostruita dall’autore, tra aspirazioni, speranze e rassegnazione.
Lo stile del romanzo è chirurgico ed esatto, centellina le parole, ma sa anche concedersi momenti di lirismo intenso. Ha la cadenza di un canto aedico, che nel raccontare amori e tragedie compone agilmente le parole, con precisione e passaggi di straordinaria potenza.
Questo piccolo libro, poco più di centoventi pagine, che si fanno leggere avidamente, rappresenta un viaggio in una città affascinante, Catania, che congiunge l’Africa e il Sud del mondo con il nostro paese e il resto dell’Europa, ma è anche un romanzo di formazione, all’amicizia, all’amore e alla vita in generale, oltre che una toccante storia di integrazione, l’unica possibile, per le premesse, per la piega che a volte prendono gli eventi e per come le cose tendono ad andare nella maggior parte dei casi.
Si arriva all’ultima pagina e un po’ ci dispiace, non possiamo non immedesimarci con i personaggi e li si vorrebbe seguire ancora un po’ più in là, nell’ennesima avventura, rimanendo avvolti da suggestioni e atmosfere che faticano a diradarsi.