Claudio Siniscalchi, IlGiornale, 7 VIII 2019
Il pensiero cattolico? Scomparso dai radar come Sturzo e Del Noce
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Ma chi lo legge oggi Luigi Sturzo, sacerdote, battagliero uomo politico, esule antifascista, meridionalista, polemista agguerrito? A scorrere il catalogo delle sue opere e degli studi a lui dedicati su Amazon, ben 24 pagine, quasi nessuno. Perlopiù libri vecchi. Datati. Spesso specialistici. Spesso apologetici. L’unico editore che meritoriamente lo ha adottato con convinzione è il calabrese Rubbettino, che qualche anno fa in epoca ratzingeriana lanciò un progetto a vasto raggio sul «cattolicesimo liberale» moderno e contemporaneo.
A tutt’oggi il miglior lavoro biografico sul sacerdote di Caltagirone è quello di Gabriele De Rosa, datato 1977. Un altro secolo! Un altro millennio! A tradire Sturzo è stata la cultura cattolica. Si è cercato in tutte le maniere di «piegarlo» a sinistra. Di farlo passare per un liberale tout court. Addirittura, un padre del «cattolicesimo democratico», uno dei tanti imbrogli lessicali inventati dai comunisti per distribuire ai cattolici la patente di rispettabilità. Al «conservatorismo» di Sturzo hanno messo la sordina. Un prete con la tonaca in tempi di vestiti arcobaleno?
Lo «sdoganamento» della destra «missina» Sturzo lo anticipò di quarant’anni, alle elezioni amministrative di Roma nel 1952, ponendo la sua candidatura a sindaco della città favorevole Pio XII contro De Gasperi sostenuto da una lista autonoma della quale faceva parte il Movimento sociale italiano e monarchici. Eppure, Sturzo è stato un gigante. Nonostante gli errori. Non saperne recuperare la lezione vitale è il segno evidente dello stato comatoso in cui versa la cultura cattolica.
Del resto, Sturzo è in buona compagnia. L’opera del più importante filosofo della seconda metà del XX secolo, il cattolico Augusto Del Noce, è stata gettata alle ortiche. Quest’anno ricorre il trentennale della sua scomparsa. Del Noce è stato «profetico». In studi magistrali, controcorrente, talvolta in solitaria, ha distrutto il mito della rivoluzione, annunciando nel 1978 che si sarebbe suicidata. Quando Berlinguer lanciò l’«eurocomunismo» e poi il «compromesso storico», Del Noce reagì filosoficamente con un macigno che demolì nel 1981 i presupposti culturali del «cattocomunismo». Indicò con largo anticipo la trasformazione del comunismo italiano in un agglomerato radicale, elitario, nichilista. Indicò, sempre con largo anticipò, il futuro dei democristiani: un piccolo segmento insignificante, collocato a sinistra della sinistra. Appoggiò senza riserve le encicliche economiche di Giovanni Paolo II, sfotticchiato da Giorgio Bocca su Repubblica, quando non era ancora il «giornale del Papa». Appoggiò Ratzinger nella condanna alla «teologia della liberazione», rintuzzato sempre su Repubblica da Gianni Baget Bozzo, sacerdote e fine interprete della politica, perennemente ondeggiante da destra a sinistra. Fiancheggiò Comunione e liberazione. L’ultimo suo scritto, poco prima della morte, è una dura requisitoria sul futuro della società tecnocratica occidentale, posta a prefazione di un saggio di Marcello Veneziani. È il suo testamento politico-filosofico. Chi lo ha ereditato in questi trent’anni?
Don Sturzo e Del Noce riposti in soffitta. Il Novecento cattolico lasciato ad ammuffire. Il risultato è la desertificazione della cultura cattolica. Un bellissimo risultato.