Jane Croft, Financial Times, 6 X 2016 *
L’intelligenza artificiale cambia l’attività legale
Gli Studi stanno capendo che il mancato investimento in tecnologia ostacolerà la capacità di competere nell’odierno mercato legale.
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Per sua tradizionale avversione al rischio la professione legale non è stata all’avanguardia nelle nuove tecnologie; ora però è matura per interrompere questa tendenza anche su pressione di clienti aziendali tecnologicamente maturi che stanno mettendo in discussione le dimensioni delle loro spese legali e che vogliono ridurre il rischio legale.
Sempre più Studi legali acquisiscono familiarità con termini come “machine learning” e “data mining”, stanno creando posti di lavoro tecnologico come “capo della ricerca e sviluppo” e programmano l’assunzione di esperti in Intelligenza Artificiale (AI).
Il cambiamento è stato guidato non solo dalla domanda dei clienti ma anche dalla concorrenza di Studi di consulenza che hanno incominciato a offrire servizi legali e ad usare la tecnologia per lavori di routine. Le “lawtech” start-up, spesso create da ex avvocati e così chiamate perchè utilizzano la tecnologia per semplificare e automatizzare gli aspetti routinari del lavoro legale, stanno diventando una presenza forte. “Lawtech” è paragonato a “Fintech” dove piccole ed agili aziende di tecnologia stanno cercando di cambiare i modelli di business delle banche.
Uno studio condotto da Deloitte ha suggerito che la tecnologia sta già portando nel Regno Unito alla creazione di posti di lavoro nel settore legale dove alcuni dei 114.000 posti potrebbero essere automatizzati entro 20 anni.
Il prof. Richard Susskind, consulente tecnologico e co-autore de “Il futuro delle professioni: come la tecnologia trasformerà il lavoro degli esperti umani“, prevede sconvolgimenti senza precedenti in una professione in cui le pratiche di lavoro di alcuni avvocati e giudici sono cambiate poco dall’epoca di Charles Dickens. “Una domanda è se qualcuono può fare con la legge quello che Amazon ha fatto nella vendita dei libri”, ha detto. “Non vedremo nulla di così drammatico, ma vedremo trasformazioni sempre maggiori nel modo in cui i documenti vengono esaminati ed in quello di valutare il rischio legale”.
Grandi Studi legali stanno investendo soldi nell’AI nel senso di automatizzare le attività tradizionalmente svolte dagli avvocati junior. E molti credono che l’AI permetterà agli avvocati di concentrarsi nel complesso sul lavoro di più alto valore. Un esempio è Pinsent Masons il cui sistema “TermFrame” emula il processo decisionale di un essere umano. E’ stato sviluppato da Orlando Conetta, capo della Ricerca & Sviluppo dello Studio, che ha una laurea in legge ed informatica e ha fatto un master in ragionamento giuridico ed AI. “TermFrame” guida gli avvocati attraverso diversi tipi di lavoro, collegandoli contestualmente ed al momento giusto a modelli importanti, documenti e precedenti. Lui è del parere che l’AI non farà estinguere gli avvocati ma “è un’altra categoria di tecnologia che aiuterà a risolvere i problemi”.
“I clienti sono consapevoli di come l’AI andrà a loro beneficio e ci stanno ponendo domande impegnative. L’anno scorso siamo andati oltre la modalità start-up per le pressanti richieste che ci arrivavano dal resto dello Studio”, dice David Halliwell, avvocato contenzioso direttore del settore conoscenza e innovazione di Pinsent Masons.
Un’altra applicazione AI è il “Linklaters’ Verifi program” che può vagliare 14 registri del Regno Unito ed europei per controllare i nomi dei clienti per le banche ed elaborare migliaia di nomi durante la notte. Un avvocato più giovane avrebbe impiegato la media di 12 minuti per cercare ciascun nome di cliente.
Nel frattempo Allen & Overy, inseme ala società di consulenza “big four” Deloitte, ha creato un servizio per aiutare le banche a far fronte alle difficili normative di crisi post-finanziarie. “Margin Matrix” codifica la legge in varie giurisdizioni e redige automaticamente alcuni documenti. Così il tempo necessario a un avvocato per preparare un documento si ridurrà da tre ore a tre minuti.
Altri Studi stanno utilizzando l’AI per nuove applicazioni in dispute legali che possono comportare ore di lavoro per la ricerca di cocumenti. E lo Studio legale statunitense Cooley ha recentemente utilizzato l’AI in un contesto in cui la tecnologia ha individuato concetti di parole rilevanti e cluster di parole in 29 milioni di documenti. Ciò ha portato gli avvocati ad ottenere un sottoinsieme più piccolo di dati a cui il programma è arrivato tramite “machine-learnt”, attraverso una codifica preimpostata in conformità alla classificazione. Mark Deem, partner a Cooley, ha detto che lo Studio è aperto a utilizzare parte dell’AI per i suoi stessi clienti. “Alcuni dei nostri clienti più importanti stanno nel mondo tecnologico e quindi gli avvocati devono essere disposti ad abbracciare la tecnogia, e farlo”.
Una preoccupazione sta nel fatto che il modello di business “Big Law”, con le sue ore fatturabili e le partnership, non è adatto a far sviluppare tecnologia start-up dove la sperimentazione è vitale e potenzialmente costosa.
Tim Pullan, fondatore di ThoughtRiver, una lawtech start-up, tipico della nuova generazione di innovatori, afferma: “Credo che siamo un po’ più arretrati dei bambini giù a Shoreditch”. Era partner dello Studio legale londinese Lawrence Graham fino al 2006 quando decise di lavorare in Asia per “Experian”, un’agenzia di controllo del credito. Ma più tardi ha fondato ThoughtRiver con sede presso lo Studio legale Taylor Vinters a Cambridge, per affrontare “fondamentali questioni di produttività” nel cuore della legge.
“Ci ho pensato per anni, orientandomi su un particolare problema che abbiamo pensato di poter risolvere”, dice. Si trattava dell’area dei contratti legali: alcune aziende clienti potrebbero minimizzare i rischi concentrandosi sui contratti di maggior valore e ignorando quelli sotto un certo valore. Il software ThoughtRiver utilizza l’intelligenza artificiale per analizzare e interpretare le informazioni da tutti i contratti scritti utilizzati nelle valutazioni del rischio commerciale e le presenta in un cruscotto centrale online che consente ai clienti di valutare il rischio più facilmente.
Un altro Studio legale, Riverview Law, è in collaborazione con il dipartimento di informatica presso l’Universotà di Liverpool. Ha lanciato “Kim”, un’assistente virtuale progettato per aiutare i team legali a prendere decisioni più rapide e migliori. Karl Chapman, amministratore delegato di Riverview, dice che le caratteristiche di “Kim” includono l’essere in grado di suggerire il miglior ordine in cui rinegoziare una serie di contratti aziendali.
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Nel segno del suo potenziale successo lawtech ha la sua scena social. L’imprenditore seriale londinese Jimmy Vestbirk ha lanciato “Legal Geek“, che organizza eventi, meet-up, hackathons e conferenze interattive per lawtech start-up.
Mr. Vestbirk ha ricercato start-up legali in San Francisco prima di impostare F-Lex, un’agenzia paralegale on-demand a Londra. Non è un avvocato, ma descrive con fiducia quello legale come un settore pronto per l’innovazione. “L’intelligenza artificiale è una sua grande componente”, afferma. “C’è sicuramente fermento, adesso, nella professione legale.”
Così come il professor Richard Susskind il quale sostiene che: “Nel giro di 10 anni, se si dovessero guardare i primi 20 fornitori di servizi legali per fatturato, la metà sarà di non-avvocati.“
* Traduzione dello Studio