V. Imperatore, blog su Il Fatto Quotdiano, 22 VI 2019
Libra, la moneta di Zuckerberg renderà superflue le banche. Ma loro non se ne sono accorte
“Vince chi, preparato se stesso, aspetta di cogliere il nemico impreparato.” ( Sun Tzu)
Vi ricordate delle agenzie viaggi? Quante ne incontravamo percorrendo le strade delle nostre città? Tante. Un tempo, per organizzare una vacanza occorrevano settimane. Era la normalità. Oggi tutto questo non esiste più, perché è arrivato il web e in 20 minuti puoi prenotare volo, hotel e, se ti va, anche una macchina in loco, pure il ristorante per la prima sera. Basta un clic. Risultato? Moltissime agenzie di viaggio hanno chiuso.
Interessandomi da tempo al fenomeno della Financial Technology, ovvero l’insieme delle tecnologie attraverso le quali si forniscono servizi e prodotti finanziari, mi dicevo “la FinTech sta alle banche, come il web alle agenzie viaggi”. Il vecchio mondo del credito, la mediazione degli istituti tradizionali, non esisterà più. Non era una previsione, solamente una disamina degli scenari. Npl, etica della governance, ricambio generazionale, inefficienza dei controlli. Per anni le attenzioni delle banche riguardanti il futuro si sono concentrate solo su questi aspetti (tutt’oggi è così). Sono argomenti rilevanti ma di poco conto se si riuscisse a cogliere lo tsunami che sta per abbattersi sui potenti e impreparati vertici del nostro sistema bancario.
Mi chiedevo: la tempesta l’hanno prevista? Alcuni studi di Moneyfarm del 2017 riportavano: la FinTech è temuta dall’83%dell’industria di servizi finanziari tradizionali, ma nessuno fa nulla per reagire. La cecità si è protratta. Nemmeno i migliori analisti riuscivano ad identificare i nuovi player in arrivo. Eppure, per non essere schiacciate dalle nuove tecnologie, dovevano anticiparle. Non ne sono stati capaci. I mostri sono già arrivati. E si chiamano Facebook, Google, Yahoo…
Facebook già nel 2017 acquistò una licenza bancaria in Irlanda per offrire prestiti personali ai propri utenti. Nessuno se li è filati, anzi si sono defilati. Facebook, in questi giorni, ha annunciato Lybra (o GlobalCoin), una nuova moneta digitale con la quale, dal 2020, sarà possibile fare acquisti sul web, sulla piattaforma o scambiarsi somme di denaro. L’idea è quella di permettere l’utilizzo di quest’ultima anche nel mondo fisico, con l’obiettivo di trasformare la nuova “moneta” in una forma di pagamento transnazionale. Era un passaggio in qualche modo prevedibile.
Stiamo parlando di una moneta virtuale, come quelle già esistenti ma diversa in un aspetto determinante per le reazioni emotive del cittadino comune. Lybra sarà infatti una stablecoin fiat collateralized: il suo valore sarà legato a quello di una o più valute (probabilmente il dollaro Usa o addirittura un paniere internazionale), così da evitare le fluttuazioni caratteristiche del cripto-mercato che tanto (e giustamente) spaventano il consumatore non esperto. Il punto di forza, insomma, sarà la stabilità, collegando la moneta a risorse misurabili ma mantenendo l’autonomia rispetto alle banche centrali.
Sta cambiando tutto, era nell’aria, nomi imponenti della finanza e dell’e-commerce lo hanno capito, le banche no. Il progetto di Mark Zuckerberg vede la partecipazione di Visa, Mastercard, Paypal, Uber, Booking, Stripe, Mercado Libre, Spotify, Vodafone, Iliad, e Bay, Farfetch, Andreessen Horowitz e ancora Xapo e Coinbase. Potrei continuare ancora, sarebbero un centinaio: ognuno di loro investirà 10 milioni di dollari, così da far da garanzia alla moneta attraverso la Lybra Foundation, un consorzio che non dipenderà da nessuno ma sarà gestito da Facebook.
Capirete che il progetto è forte e per evitare qualsiasi tipo di falla il Ceo di Facebook ha radunato i migliori in circolazione. Ed Bowles, chief of publics affairs di Standard Chartered in Europa, seguirà da vicino le mosse della Comunità europea; Nick Clegg, ex vice primo ministro britannico, curerà gli affari globali e la comunicazione; David Marcus, prima numero uno di PayPal, guiderà il progetto insieme a Sunita Parasuraman, ex capo delle operazioni in tesoreria di Facebook.
Uomini ma anche relazioni. Negli scorsi mesi Zuckerberg ha tenuto riunioni con funzionari del tesoro americano, Western Union e Mark Carney, governatore americano della Banca d’Inghilterra. Cose in grande, perché Lybra integra una blockchain (una tecnologia che garantisce le transazioni sulla base di un meccanismo di consenso in rete) con un network di cui fa parte un quarto della popolazione mondiale, che potrà gestire i propri fondi e i microcrediti dal proprio telefono o tablet. Miliardi di account. La piattaforma gestirà il data patrimonio più grande al mondo. Potrà mettersi contro tutti senza farlo davvero, si prenderà tutto sottraendo più che combattendo. Quando lo scarto tra te e il tuo nemico è grande non hai bisogno di combattere: quei tutti (le banche) che dopo essersi defilati (vedi Jean Pierre Mustier, capopopolo dell’uscita di Unicredit da Facebook e i servizi correlati) non potranno fare altro che associarsi per non soccombere.
I punti deboli al momento sono troppi:
1. Il primo è la qualità del management e la capacità di fare innovazione.
2. Il secondo è la velocità (o lentezza) di risposta della tecnologia, che influenza, anche psicologicamente, i rapporti di forza tra domanda e offerta di servizi finanziari.
3. Il terzo, grosso come un macigno, è la mancanza di fiducia che le banche hanno seminato nel corso degli ultimi anni nell’opinione pubblica e nel mercato in generale. I clienti, sempre più esigenti, sempre più smart, sono pronti ad affidarsi a nuovi player. Pensate a quanto le banche sono distanti. Scattano i minuti di recupero, si aggreghi chi può.