Carlo Lottieri, Il Giornale, 27 VIII 2017
Meno 158mila. La morìa di botteghe è strage di Stato
I dati diffusi dalla Cgia di Mestre sulla moria dei piccoli negozi e, ancor più, delle botteghe artigianali sono drammatici.
Per un Paese che poggia sulla piccola impresa è allarmante dover constatare che in soli otto anni si siano perse ben 158 mila attività. La stragrande maggioranza di tali aziende era attiva nell’artigianato (145 mila) e il numero degli addetti persi arriva quasi a 400 mila unità.
In parte, si tratta di un processo «naturale». Se ognuno di noi smette di far riparare le scarpe (che oggi costano assai meno di un tempo) e non si rivolge al falegname del quartiere perché compra mobili industriali, è fatale che quelle attività si ridimensionino. In vari casi la modernizzazione dell’economia induce i consumatori ad assumere comportamenti che premiano realtà come Amazon, dove ormai si compra di tutto, a scapito delle botteghe di vicinato.
Non c’è però solo questo. Come sottolinea Renato Mason, segretario degli artigiani mestrini, in queste cifre bisogna anche leggere il radicarsi della crisi e l’impoverimento di una società in cui aumentano solo le imposte e gli oneri burocratici. Lo si è detto spesso: in questi anni ha retto meglio chi ha lavorato soprattutto per l’estero, ma botteghe e negozi si indirizzano essenzialmente al consumatore italiano. Se tutti noi spendiamo meno, è chiaro che anche le prospettive di tali aziende si fanno difficili.
Bisogna anche sottolineare come le piccole realtà imprenditoriali sia nell’artigianato, sia nel commercio avrebbero una serie di potenzialità da sfruttare, grazie alla loro flessibilità e alla qualità (spesso alta) di prodotti e servizi. Non è insomma assurdo immaginare che come l’ottimo espresso di un barista italiano sa respingere Starbucks un libraio colto e gentile sappia sottrarre clienti alla Feltrinelli. Ma certo è difficile stare sul mercato quando si è tanto maltrattati dalle istituzioni.
Basti una considerazione elementare. Agli occhi dei più, ormai, la sola ipotesi di aprire una partita Iva è vista con inquietudine. È infatti consapevolezza comune che questo Stato avversa chi produce ricchezza, ricerca il profitto, vuole avviare un’attività per mettersi al servizio del pubblico.
In Italia, la figura dell’imprenditore continua a godere di un certo prestigio, ma è ormai associata a una tale selva di rogne, fastidi e persecuzioni da indurre ognuno (e i giovani in prima fila) a pensarci due volte prima di aprire un’azienda, anche piccolissima. E in questo quadro è impossibile essere ottimisti.