Ivo Mej, blog su Il Fatto Quotidiano, 16 II 2019
‘L’Italia è prossima alla rovina morale’. Ma sarà vero?
*
Essere italiani oggi non è facile. Leggere i titoli dei nostri giornali, giornaloni e giornaletti farebbe accapponare la pelle perfino a Vlad III di Valacchia. “Litigare con Francia e Bankitalia affossa l’Italia a crescita zero”; “Pil dell’Italia a crescita zero nel 2019”; “L’Italia resta ai margini nella vicenda Venezuela”; “Chi pagherà i navigator?”; “In 100mila senza più sussidio: salta l’assegno di ricollocazione”; “È guerra sui poveri” e, persino, “Vogliamo il rimborso dei soldi spesi per il televoto di Sanremo!”.
La rappresentazione di un Paese in disarmo, che non cresce, che non figlia, che non progredisce, che si impoverisce, che diventa più razzista, più insofferente, più gretto. Ma è, per l’appunto, una rappresentazione. Interrogatevi personalmente: davvero il mio vicino/meccanico/barista/collega/fidanzata/moglie/amante è peggiore dell’anno scorso? Davvero l’Italia oggi è prossima alla rovina morale, economica, demografica, politica, sociale?
“I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni a partire dal governo, gli enti locali, gli enti di previdenza, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai tv, alcuni grandi giornali”. Così diceva Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari nel 1981. Era davvero quella l’età dell’oro?
Forse no, se Pier Paolo Pasolini ancora prima, nel lontano 1975, sentiva il pericoloso bisogno di esporsi affermando che “Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati. E quivi accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione con la Cia, uso illegale di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna, distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani, responsabilità dell’esplosione “selvaggia” della cultura di massa e dei mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa della televisione”.
Pensare che Silvio Berlusconi a quell’epoca era ancora un palazzinaro, lontano anni luce dalla tv e dalla politica e non poteva ancora essere tacciato di responsabilità nell’imbarbarimento dell’italica popolazione.
Risaliamo ancora più indietro, al poeta greco Esiodo, settimo secolo prima dell’era moderna, che nel suo “Le opere e i giorni” descrive la storia dell’uomo come una continua decadenza verso l’abbrutimento, dall’età dell’oro fino a quella del ferro (la sua) dove regnerebbero violenza e ingiustizia. Proprio quello che un peana univoco di voci mediatiche vorrebbe farci credere oggi.
La realtà è che l’uomo è sempre lo stesso, come medesimi sono la sua natura e i suoi problemi. L’età dell’oro non è mai esistita nella storia della scimmia nuda e, ancora una volta, lo testimonia una voce dal passato: “Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!” Amintore Fanfani, 26 aprile 1974. L’età dell’oro.