Paolo Conti, Corriere della sera, 22 I 2016
In uscita il film “Perfetti sconosciuti” di Paolo Genovese
Attenzione, sta per nascere un nuovo gioco di società, pericoloso per i rapporti sentimentali e i legami affettivi: la lettura dei contenuti del telefonino di tua/o moglie/marito mentre l’altra/o legge il tuo. Colpa del nuovo film di Paolo Genovese, Perfetti sconosciuti, che uscirà l’11 febbraio, con un bel cast: Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak.
Il plot è intuibile dai trailer, ma tutta la storia ha come perno il telefono portatile, perenne appendice degli umani contemporanei. Una sera, un gruppo di amici storici con consorti si ritrova a cena. Si scherza su come non ci siano più misteri per nessuno e su nessuno dopo anni di amicizia. Eva/Kasia Smutniak provoca: «Davvero sappiamo tutto di tutti? Allora stasera mettiamo i telefoni sul tavolo, leggiamo ad alta voce i messaggi che arrivano».
Ironie, sorrisi. Poi gli imbarazzi, e i drammi: la giovane moglie che scopre la gravidanza di un’amante sconosciuta del marito, quell’omosessualità repressa, quell’omofobia insospettabile, il padre che dialoga bene con la figlia mettendo in crisi la moglie psicanalista, la nuora che prenota una casa di riposo per la suocera ingombrante all’insaputa del marito: un mosaico di «perfetti sconosciuti».
La serata polverizza equilibri consolidati, lacera amicizie e matrimoni mentre Fiorella Mannoia canta l’omonima colonna sonora che ha scritto per il film con Bungaro e Cesare Chiodo. Chissà cosa accadrà quando il pubblico uscirà dopo aver visto il film (prodotto da Marco Belardi, di Lotus Production del Gruppo Leone, per Medusa film).
Dice Paolo Genovese: «Avrei voluto pubblicizzare il film con un cartellone tipo: “Non andate a vederlo con la fidanzata, a meno che non vogliate lasciarla”. Da tempo cercavo un modo per raccontare le vite segrete di ciascuno di noi, e ho trovato l’uovo di Colombo. Ormai il telefono ci consente diversi gradi di trasgressione e di legami con la realtà».
Il cellulare «scatola nera» dell’anima, dice Eva/Kasia Smutniak. Prova ne siano le app e gli stratagemmi tecnologici che permettono di leggere messaggi altrui, tradizionali o su WhatsApp, (basta consultare spytomobile.com, fedemarkez.com, persino studenti.it). La verità, sostiene lo psicoanalista Massimo Ammaniti, è che «il telefonino è ormai il luogo di un inconscio tecnologico, contenitore di un archivio personale e nascosto, spazio di appartato dialogo con se stessi, pericoloso se diventa l’unico. Ed è terreno della rappresentazione sociale di sé e, parallelamente, dell’assoluta intimità». Consiglierebbe a una coppia, uscita dal film, di scambiarsi i telefonini? «No. A meno che non vogliano lasciarsi…».
Per il sociologo Domenico De Masi il telefonino nasconde altre, inquietanti insidie: «Ormai dobbiamo rinunciare ad abitudini secolari, anzi millenarie. Con un cellulare in mano è impossibile dimenticare, perché ci ricorda tutto. Così come è impossibile perdersi, perché ci sono le mappe o i navigatori. Impensabile annoiarsi, per i giochini a disposizione, così come isolarsi, perché il telefono è sempre lì acceso. Ed ecco un altro gioco. Il telefono contiene ciò che di me è noto agli altri e a me, cioè il ruolo; ciò che è noto a me ma non agli altri, l’intimità; ciò che è noto agli altri ma non a me, la zona d’ombra; e ciò che è ignoto a me e agli altri, l’inconscio». Il gioco col telefono, insomma, può farsi durissimo.