Susie East e Ben Tinker, CNN, 15 X 2015.
Lo stress ai tempi di internet – Intervista a Daniel Levitin
*
Ecco un numero che vi sbalordirà: ogni giorno consumiamo 74 gigabyte di dati (pari a 9 DVD), riuscendo a processarli e a dare loro un senso. Come gestiamo un simile sovraccarico di informazioni?
«E’ più di quanto il nostro cervello possa sostenere» spiega il neuroscienziato Daniel Levitin e autore del libro “ The Organized Mind”: «Un tempo pensavamo di poter fare attenzione a cinque o perfino a nove cose per volta. Oggi sappiamo che non è vero, era una sovrastima. La mente conscia si concentra su circa tre cose per volta. Se gestiamo oltre questo, perdiamo capacità mentali».
Il sovraccarico di informazioni porta anche a quello che si chiama “fatica decisionale”. E’ il motivo per cui Albert Einstein indossava quasi sempre un abito grigio, Steve Jobs un dolcevita nero e Mark Zuckerberg ha più o meno la stessa T-shirt. Per non disperdere energia, evitano di prendere decisioni sull’abbigliamento. Ci spiega tutto Levitin.
Come facciamo a capire quando siamo sovraccarichi?
«Lo siamo se dobbiamo prendere tante piccole decisioni tipo “questa mail la leggo ora o dopo?”, “La inoltro?”, “La metto fra gli spam?”. Un pugno di decisioni da valutare, senza aver fatto qualcosa di davvero significativo. Questo ti mette in una condizione di fatica perché i neuroni vanno, il metabolismo richiede glucosio per funzionare, ma non distinguono fra le decisioni importanti e quelle non importanti. Ci vuole la stessa energia per prendere decisioni piccole e grandi».
Quando arrivano le informazioni, i nostri cervelli cambiano o si adattano per assorbirne di più?
«Ci stressiamo se qualcuno urla in ufficio, se facciamo uno sbaglio, se perdiamo soldi. Abbiamo a che fare con problemi che i nostri antenati non avevano. Loro dovevano preoccuparsi di affrontare un leone o di contrastare un masso che cadeva laddove vivevano. Il cortisolo rilasciava adrenalina per renderli pronti all’azione e inibiva il sistema riproduttivo, azzerava la libido, perché non ne hai bisogno se non vivrai abbastanza a lungo. Oggi, quando siamo stressati, non c’è modo di sfogarsi. Non combattiamo lo stress. Ce lo teniamo e questo crea effetti tossici nel nostro corpo, ci offusca».
Il sovraccarico di informazioni spesso è auto-imposto. Lo cerchiamo, è lì disponibile. Ne abbiamo il controllo?
«Sì ma è un sistema di assuefazione. I nostri antenati cercavano novità per potersi adattare, era importante conoscere e riconoscere le cose per sopravvivere. Oggi siamo presi da internet, Twitter, Instagram, e ogni nuova informazione ci dà dopamina, così, dopo un po’, vogliamo stimolazione addizionale. Stiamo sfruttando il sistema nel modo sbagliato. Ci stressa e ci allontana dalle cose che per noi contano davvero».
La grande sfida è capire quale informazione sia importante e quale no?
«Non puoi sapere cosa è rilevante se prima non ci hai prestato attenzione. Prendiamo come esempio un supermercato: fino a 25 anni fa offriva 9000 prodotti diversi, oggi ne offre 40.000. Un consumatore medio ha bisogno di 150 prodotti, il che significa che deve ignorarne 39.850. Per ignorarli, deve prenderli in considerazione. Deve dire questo non mi interessa, preferisco quest’altro. Intanto però si è preoccupato di entrambi. Dobbiamo imparare un po’ di autodisciplina e darci delle priorità».
L’attenzione si esprime in modi diversi?
«Quelli dominanti sono due. Il primo è il “modo centrale esecutivo”, quando sei immerso totalmente nel lavoro, nella conversazione o in un hobby. Il secondo è il “daydreaming network”, quando non hai controllo dei pensieri, vagabondi da uno all’altro, guardi fuori dalla finestra. Dopo un paio di ore di concentrazione, il nostro cervello comincia a divagare e lo percepiamo, quindi facciamo una pausa.
Quella sensazione di concentrazione che si perde è il modo che il cervello ha per premere il bottone “reset”. Se lo ascoltassimo, se ci permettessimo di distrarci un quarto d’ora quando il cervello lo richiede, le cose funzionerebbero meglio. Torneremmo al lavoro con rinnovata energia, equivarrebbe a 10 punti in più sul quoziente intellettivo».
Una vita organizzata porta a una mente organizzata?
«Non è detto, puoi essere molto disordinato ma sapere esattamente dove stanno le cose ed avere una mente superorganizzata. Ognuno ha un proprio sistema».