Claudio Cucciatti, Repubblica, 14 XII 2017
L’ultimo prof attrazione allo zoo nel mondo futuro da realtà aumentata
Intelligenza artificiale, lavoro meccanizzato, dipendenza da social network, scontro generazionale, privacy, azzeramento del contatto umano, controllo totale: il futuro nero organizzato dal “Navigator Life” in un romanzo-profezia di Domenico Ventriglia.
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Con la sua condanna la scuola non esiste più. Finalmente l’ultimo professore è un’attrazione dello zoo. Nella sua gabbia ci sono dei banchi e una cattedra per far conoscere ai più piccoli quello che è stato il suo habitat per anni. Secondo la sentenza del tribunale che l’ha resa un’esemplare raro da proteggere, l’insegnante di italiano Liliana “ha forviato generazioni di ragazzi basando la loro formazione su inutili sentimentalismi”. Al suo posto, e a quello dei suoi colleghi, a guidare coscienze, animi e neuroni c’è la app “Navigator Life”, che indica cosa sia giusto o sconsigliato fare attraverso gli occhiali che tutti sono costretti a indossare e che proiettano una realtà aumentata.
L’ultimo professore, il romanzo di Domenico Ventriglia (IlMioLibro, pp. 152, euro 16) è un intreccio di vicende provocatoriamente paradossali ambientate nella Roma del 2032. Tra i pochi aspetti positivi dell’introduzione dei robot nella vita degli uomini la pulizia e l’assenza di traffico e smog nella capitale. Letteratura, appunto. Ma si tratta di una realtà fittizia in cui emergono all’ennesima potenza problemi sociali della nostra epoca. Sia lo stile che le tematiche attingono dalle opere di Stefano Benni (ne sono un omaggio, data l’originalità e la scorrevolezza del libro) e, proprio come nei testi del Lupo di Bologna, la leggerezza e l’assurdità delle situazioni provocano una risata amara che porta a riflettere su quello che potrebbe essere il nostro futuro.
Intelligenza artificiale, lavoro meccanizzato, dipendenza da social network, scontro generazionale, privacy, azzeramento del contatto umano, controllo di quello che facciamo, di ciò che amiamo, dei prodotti che consumiamo e, grazie alla realtà aumentata, di quello che percepiamo. Attraverso le storie di Angelo, Chiara e Nico, del professor Mongolini e del preside (e alla loro forte caratterizzazione) l’autore accarezza argomenti oggi al centro dei dibattiti di Commissioni, organizzazioni e circoli di intellettuali.
È un affresco grottesco, quello dipinto da Ventriglia che, una volta chiuso il libro, fa venire istintivamente voglia di gettare lo smartphone, spegnere il bluetooth, scollegarsi dal wi-fi e uscire a fare una passeggiata per riabbracciare il mondo come lo conosciamo, scomparso da queste pagine, e di cui troppo spesso ignoriamo aspetti meravigliosi dati per scontati per fretta, noncuranza e overdose da impegni.
L’eroina che nel finale restituisce ricordi, sentimenti e coscienza è Liliana, insegnante di italiano simbolo di una categoria chiamata ad adeguarsi ai tempi che corrono senza averne spesso i mezzi per farlo. Con il difficile compito di formare cittadini consapevoli ma sempre più fragili di fronte al dominio della tecnologia.
Ecco dunque che mentre ascende al “paradiso dei professori”, premio per l’ultimo concorso vinto della sua vita, sotto al suo sguardo si consuma la battaglia finale, fratricida, tra i nostalgici e gli innovatori, tra chi vuole imporre il controllo delle menti attraverso gli occhiali e chi si batte per riaffidarsi alla vista naturale, tra chi considera i sentimenti un ostacolo da eliminare e chi l’ingrediente che rende la vita saporita e imprevedibile. Tra le righe si evince facilmente da che parte stia l’autore, e non potrebbe essere altrimenti. Un robot non sarebbe in grado di immaginare, elaborare e scrivere una storia come questa.
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Nota dello Studio (clicca qui)