Francesco Puleio*, Live Sicilia CT, 17 IV 2020
Il giro della morte
del sostegno al credito
Nei Luna Park di tanti anni fa, una delle principali attrazioni era costituita dal “giro della morte”. Spericolati motociclisti avviavano i loro bolidi – con studiata coreografia – dal basso di una grande struttura conica circondata dalle tribune, per poi dosare il gas e girare lentamente in circolo, e con le moto cominciare a salire, e salire ancora, e salire di più, fin quando, tenuti in equilibrio dalle forze centripeta e centrifuga, per qualche istante diventavano quasi orizzontali agli spettatori incollati ai loro sedili.
Come quei centauri, che nel «giro della morte» non potevano permettersi di sbagliare il dosaggio dell’acceleratore, pena drammatiche conseguenze, allo stesso modo le misure di sostegno messe in campo dal Governo con il decreto legge numero 23 dell’8 aprile 2020 (cd. Decreto credito), nell’intento di stimolare la nostra economia, investita dal turbine delle conseguenze sociali della presente emergenza sanitaria, se danno troppo poco gas nella ricerca di stimoli, rischiano di cadere risucchiate nel baratro della recessione e della concorrenza internazionale, ma se danno troppo gas rischiano di perdere il controllo della giostra e decollare, facendo male molto a sé stesse e più ancora agli spettatori-cittadini in tribuna.
Così, il decreto ha introdotto diverse misure di sostegno orientate a contenere gli effetti negativi che l’epidemia del Covid 19 sta producendo sul tessuto produttivo nazionale. Tra queste, particolare rilievo rivestono le specifiche garanzie pubbliche accordate in favore degli istituti di credito per i finanziamenti concessi alle imprese da destinarsi ad investimenti o costi per il personale.
La norma ha esplicitamente previsto (art. 1, commi 1 e 2) i presupposti economico – finanziari per il riconoscimento delle garanzie: in buona sostanza, questi si riconducono ad una positiva valutazione, condotta nel rispetto delle tecniche ragioneristiche, delle potenzialità dell’impresa, tali da far ritenere che la stessa, senza le conseguenze indotte dall’epidemia in corso, sarebbe stata in grado di far fronte agli obblighi contrattuali assunti con le proprie risorse o con quelle ottenibili dai proprietari: e ciò perché si vuole e si deve sostenere le imprese attive, non ristrutturare le esposizioni di quelle decotte. Sono stati inoltre contemplati altri vincoli di natura contabile, che riguardano l’importo del prestito (non deve superare un quarto del fatturato annuo dell’impresa, ovvero il doppio dei costi del personale), il divieto di distribuire dividendi per il 2020 e l’obbligo di gestire i livelli occupazionali di concerto con i sindacati.
Completa il quadro la misura della ripartizione dell’obbligo in capo allo Stato in caso di mancato rimborso del finanziamento, massimo con riferimento ai benefici concessi alle imprese più piccole e via via decrescente all’aumentare delle dimensioni dell’azienda. Tutte precauzioni opportune ed opportunamente introdotte.
Il rispetto dei precetti di economia aziendale non si è invece accompagnato ad una altrettanto meditata attenzione ad evitare il pericolo che finanziamenti con la garanzia dello Stato siano concessi a soggetti immeritevoli: nulla è stato previsto in ordine alla necessità, per l’impresa beneficiaria, di rendere trasparente la destinazione del finanziamento, magari attraverso il ricorso obbligatorio a conti dedicati, che avrebbero facilitato i controlli tesi ad evitare anomalie e rischi di riciclaggio; né si è subordinato l’accesso al credito agevolato all’obbligo per il richiedente di attestare l’assenza di pregiudizi penali, ovvero di non essere sottoposto a procedimenti per delitti contro il patrimonio, di corruzione o frode fiscale, ovvero ancora di non disporre di mezzi personali (conti svizzeri od altro) ai quali attingere per capitalizzare le proprie aziende in difficoltà: con il che si sarebbe introdotta quanto meno una chiave di giudizio per legittimare la destinazione di risorse collettive all’impresa in crisi, agevolmente verificabile e gravemente sanzionabile in caso di falsità.
L’omissione non è di poco conto, ove si rifletta sulla circostanza che l’operazione in questione realizza comunque un imponente trasferimento di risorse pubbliche dallo Stato alle imprese, che va riservata agli imprenditori seri, vera spina dorsale del Paese, in un momento di oggettiva e drammatica difficoltà, evitando di offrire energie preziose in quanto limitate a soggetti sospettabili di interessi opachi se non illeciti, ovvero a manutengoli della criminalità organizzata o di quella disorganizzata sistemica (evasori e truffatori seriali, ça va sans dire) pure esistente nel nostro Paese.
Non mancano dunque i profili problematici. Sembra opportuno porvi rimedio nell’immediato, magari utilizzando la valvola di sfogo costituita dal comma 10 dello stesso articolo 1 della norma, con cui si è prevista la possibilità di disciplinare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ulteriori modalità attuative e operative ed eventuali elementi e requisiti integrativi di accesso al credito. In seguito, vi sarà tempo per considerare queste esigenze, introducendo più alti e resistenti argini normativi nel quadro della legge di conversione del decreto: lo impone il rispetto dei principi e delle garanzie, anche e soprattutto al tempo dell’emergenza. Spetta allo Stato, nella fondamentale azione di tutela della salute pubblica, curare la corretta allocazione delle risorse nella garanzia delle nostre libertà e dei nostri diritti fondamentali.
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* Procuratore aggiunto della Repubblica di Catania.