Pippo Virgillito, 95047.it, 28 VIII 2016.
MICHELANGELO VIRGILLITO 39 ANNI DOPO LA SUA SCOMPARSA
Nel testamento, la grande generosità per la sua Paternò.
Il 27 agosto 1977 il paternese Michelangelo Virgillito, un grande benefattore degli umili, a Milano, città dove si era trasferito da Paternò il 5 luglio 1926, fu preso per mano dalla Madonna, “Colei che considerava la nostra Avvocata”, per essere presentato a Dio ed ottenere in gloria la pace dell’eternità. Sono già trascorsi trentanove anni dalla sua morte ma le azioni di umana solidarietà di Michelangelo Virgillito (Paternò 01/01/1901- Milano 27 /08/1977) continuano a varcare i confini del tempo e dello spazio. Quell’uomo è tutto nelle sue opere! In cielo ha trovato la pace ma sulla terra le sue opere filantropiche vivono in lui! Vivrà sempre nel ricordo dei paternesi e non solo; vivrà soprattutto nella gratitudine dei poveri. Fu un uomo dal cuore generoso e grande. Ha lavorato tutta la sua vita realizzando opere di grande interesse pubblico dando alla sua enorme ricchezza una preponderante e nobile funzione civile e sociale.
Elencare tutte le sue opere finanziate in Italia ed all’estero sarebbe un’impresa assai ardua, consapevoli, tra l’altro, che tantissime delle sue attività umanitarie, come le numerose elargizioni non possono essere descritte anche per discrezione; si tratta di: “…Perle dentro le conchiglie”che quotidianamente vengono distribuite dalla Fondazione “Opera Michelangelo Virgillito”, sorta per volontà dello stesso nel suo testamento del 14 febbraio 1974, pubblicato a Milano il 19 ottobre 1977, riconosciuto poi con decreto del Presidente della Repubblica numero 727 del 7 giugno 1984 ed eretta ad ente morale.
Da tale data simbolicamente l’enorme patrimonio lasciato da Michelangelo Virgillito passava ai poveri di Paternò, dove ancora oggi la sua figura di “uomo della Provvidenza” rimane immutata nel cuore dei cittadini paternesi non solo avanti negli anni ma anche nelle nuove generazioni, ai tanti giovani verso i quali rivolgo questo mio umile ricordo su Michelangelo Virgillito, poiché sono loro le giovani sentinelle di fede e della memoria nel mattino del terzo millennio.
Don Salvatore Alì già Presidente della Fondazione “Opera Michelangelo Virgillito”, lo ricorda “l’Uomo della Provvidenza”, nobile d’animo che ha lasciato per testamento il suo ingente patrimonio ai poveri e non solo della sua amata città natia attraverso una Fondazione, perenne faro di luce e di carità per i più bisognosi di Paternò”.
Varie volte in passato mi sono trovato (su invito del Presidente della Fondazione), ad illustrare agli alunni delle scuole cittadine la figura del grande benefattore, in occasione della consegna delle borse di studio a favore degli studenti meritevoli, nati o residenti a Paternò.
Ed è a loro che intendo ricordare non le opere ma l’uomo a trentotto anni dalla sua morte, un gigante di generosità che per la sua grandezza umana è divenuto sempre più negli anni una figura da affidare alla storia patria della nostra città.
Presago di una tale verità è stato Padre Emanuele Suarez, maestro generale dei Domenicani quando durante la cerimonia della consegna del Santuario della Madonna della Consolazione, da parte di Michelangelo Virgillito ai paternesi (26 Agosto 1954) ebbe a dire: “… Passeranno gli anni, passeranno i secoli, ma l’opera di Michelangelo Virgillito resterà sempre”.
È morto di sabato, il giorno dedicato nella sua Paternò alla Madonna della Consolazione, lasciando eredi i poveri della sua città, alla quale aveva già donato nel 1973, il “pozzo Raffo” per l’approvvigionamento idrico, …<<…con l’acqua- diceva- entrerò in ogni casa di Paternò>>.
Ed è con tale aneddoto che sono solito raccontare le gesta umane del gigante buono e fare memoria collettiva di un uomo che fa onore alla propria terra, che ha ricevuto una profonda fede cattolica ed un’accurata formazione umana, religiosa e spirituale dai genitori, papà Domenico e mamma Provvidenza.
Quest’ultima una notte-come era solito raccontare lo stesso Michelangelo Virgillito- gli venne in sogno dicendogli: <<…Un giorno sarai ricco, ma ricordati della Madonna della Consolazione>>.
E così avvenne nell’esistenza del futuro benefattore, la cui vita è stata caratterizzata da una sofferta ed intensa sensibilità a favore dei poveri e di classi sociali disagiate e ciò in molte parti d’Italia, all’estero, ed in modo particolare nella sua città natale, Paternò, dove farà costruire il Santuario della Consolazione nel periodo che va dal 1948 al 1954, retto dai padri Domenicani dal 1954 al 1966 e dal 17 ottobre 1966 in poi dai padri dell’opera di Don Orione, mentre la casa della carità “Mamma Provvidenza” viene affidata alle suore Domenicane Missionarie di San Sisto.
Era andato via da Paternò col cuore rivolto a Maria SS. della Consolazione, nella cui confraternita era stato governatore il nonno Angelo Virgillito, colui che incaricò nel 1870 l’Architetto Carlo Sada (lo stesso che creò il progetto del Teatro Massimo Bellini di Catania), di progettare il fercolo della Madonna della Consolazione.
Il 29 maggio 1965 il sindaco di Paternò dott. Giuseppe Benfatto, consegnava la chiave d’oro della città a Michelangelo Virgillito, il quale nel palazzo Comunale, pronunciava un profondo discorso, ricco d’intensa umanità nei messaggi rivolti alla sua terra illuminata dai sorrisi del cielo ed inondata dai profumi della natura negli anni della sua giovinezza prima di trasferirsi a Milano.
Rivolto poi a suoi concittadini – proseguendo nel suo discorso – asseriva che: “…Là dove sorge un campanile che si eleva diritto verso il cielo, il nostro animo avverte il conforto di un richiamo invisibile: è come noi sentissimo più vicino l’occhio vigile ed eterno di Dio… la chiesa non è il luogo dove si ascolta soltanto una predica o altro è molto, molto di più …! Anche queste chiese nella loro immensità spirituale ripongo nelle vostre mani, conservatene sempre la sublimità del loro fine.”
Ho appreso molte notizie sull’uomo Michelangelo Virgillito dialogando con il compianto Canonico Salvatore Longo, parroco negli ultimi anni della chiesa di San Francesco di Paola, luogo frequentato dal piccolo Michelangelo, spesso trasformato in rifugio quando doveva evitare di essere materialmente redarguito dal padre per le sue continue marachelle nel quartiere; era per dirla in breve un ragazzino “tostu” ossia discolo; divenuto assai sveglio e intraprendente prima di emigrare a Milano.
Il padre, piccolo imprenditore edile, lo portava spesso con sé a lavoro per punizione. Da bambino frequentò le scuole elementari sino alla terza classe e in seguito da autodidatta, conseguirà la licenza della scuola tecnica.
Padre Longo era solito inoltre asserire che sulla tomba del commendatore, (così lo chiamava anche nelle lettere che gli spediva a Milano), “… Non c’era un fiore, né un lumino; solo una lacrima di profondo dolore e gratitudine”.
Si commuoveva il canonico quando parlava delle ultime righe del testamento di Michelangelo Virgillito: “Paternò, Paternò se tu sapessi quanto ti ho amata!”.
Una frase ripetuta per ben due volte, un genuino messaggio dell’uomo della Provvidenza.
L’amico storico paternese Barbaro Conti (1930-2013) ha scritto: “… A me, personalmente, non ha lasciato neanche una lira, né mi spettava; ma quando entro nel Santuario o in un’altra chiesa da lui fatta edificare e vi sosto anche per poco o vi ascolto la messa, comprendo che anche a me ha donato qualcosa”.
Quest’anno nel trentottesimo anniversario della sua morte intendo parlare della figura del nostro grande benefattore depositando idealmente, nella chiesa del Santuario di Maria SS. della Consolazione, un fiore, i cui petali rappresentano gli eventi più belli già citati, rilevando la grande umiltà di un uomo che ha espresso la volontà di tumulare le sue spoglie mortali nell’Eremo di Fonte Avellana.
Già nel lontano luglio del 1959 Michelangelo Virgillito aveva confidato al dott. Enzo Castorina, giornalista: “… Quel giorno vorrei che fossi qui, in quest’eremo”.
E così avvenne nell’agosto del 1977, mentre – secondo lo scrittore Carmelo Ciccia (su “la gazzetta dell’Etna” – Paternò 03 agosto 1991) -: “…Veniva lasciato vuoto il loculo già predisposto per lui sotto l’altare maggiore del Santuario della Consolazione, nella natìa Paternò, l’opera più prestigiosa da lui realizzata”.