Dario Di Vico, Corriere della sera, 19 II 2017
Professione notaio, crisi di vocazione. In quattro anni un terzo dei praticanti
Calati da 1.200 a 425. Niente più retribuzioni d’oro: il 75% incassa meno di 70 mila euro lordi.
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La voce ormai corre: è crisi di vocazioni per i notai. Quella che ancora in un recente passato è stata una delle professioni più ambite dai laureati in legge conosce una diminuzione senza precedenti dei praticanti. Nel 2012 avevano raggiunto la cifra significativa di 1.211 unità, ma nel giro di quattro anni la discesa è stata vorticosa: siamo a quota 425. Quasi un terzo. L’anno dell’inversione a U è stato il 2013 in cui si sono persi 600 praticanti e nel triennio successivo altri 200.
Giampaolo Marcoz, del Consiglio nazionale del Notariato, non nasconde la preoccupazione: «È un fenomeno con il quale dobbiamo fare i conti. Il nostro timore è che da una crisi quantitativa si passi a un abbassamento della qualità e invece vogliamo continuare ad attrarre i migliori talenti, come accadeva un tempo». Oggi infatti la selezione si è fatta più blanda: prima un candidato su 15 passava gli esami, ora il rapporto è uno a 4. Anche a Milano il numero dei praticanti è sceso drasticamente. Erano 114 nel non lontano 2007 e sono diventati 67 nel 2016. In più nel distretto ambrosiano sono 118 le sedi vacanti. La situazione non è diversa nelle altre città: il calo degli iscritti alla pratica a Napoli in sei anni è stato del 60%, a Firenze del 57% e a Bari del 68%.
I mutamenti in corso nel notariato non riguardano solo i saldi complessivi. Sta aumentando la componente femminile: su 4.819 notai italiani oggi il 33,5 % è donna ma le proporzioni sono destinate a cambiare perché tra i praticanti ormai siamo al fifty fifty. Anche le entrate medie tendono al ribasso. Secondo Marcoz il 75% dei notai oggi ha un reddito lordo inferiore ai 70 mila euro, in passato la stessa media oscillava ai 200 mila euro anche se fortemente influenzata dagli introiti di pochi professionisti molto facoltosi. Sta cambiando pure l’organizzazione degli studi: prima si aspirava ad andare «a bottega» dai colleghi più prestigiosi, oggi si sta affermando la formula della condivisioni e va per la maggiore la formula dell’associazionismo orizzontale. Un punto d’orgoglio dei notai riguarda la mobilità sociale. «Solo il 18% è a sua volta figlio di un notaio, tra gli avvocati si arriva al 40% — racconta Arrigo Roveda, presidente del distretto di Milano —. È chiaro che in una professione dove contano moltissimo le relazioni non è facile farsi strada in una fase di profonda crisi economica. La riduzione delle compravendite immobiliari ha ridotto la torta e messo in maggiore difficoltà di chi stava iniziando a muovere i primi passi». La professione comunque continua ad avere maggiore credito tra i giovani meridionali piuttosto che al Nord mentre nel derby tra le categorie giuridiche la carriera da magistrato oggi prevale, «anche perché — annota Roveda — non comporta l’assunzione di rischi d’impresa».
La Federnotai, il sindacato di categoria, punta l’attenzione molto sugli ostacoli materiali all’accesso come la lunghezza delle procedure per i concorsi e il costo che pesa sul bilancio delle famiglie dei candidati. Ma Roveda mette in rilievo come la riduzione di appeal sia stata causata anche «da scelte che a partire dalle lenzuolate liberalizzatrici hanno descritto la nostra professione come una commodity indifferenziata, quasi fossimo dei passacarte». La diminuzione del numero dei notai, infine, può aprire un altro rischio e lo sottolinea fermamente Marcoz. «Il 91 per cento delle segnalazioni anti-riciclaggio viene da nostri colleghi e testimonia come la professione vada considerata come un presidio di legalità, per di più in una fase in cui la criminalità organizzata si infiltra anche in Regioni nelle quali era storicamente assente». E anche per questo motivo il Notariato confida nei nuovi 950 notai che dovrebbero aprire lo studio nel giro di un paio d’anni.