Francesco de Remigis, Il Giornale, 25 I 2018
I francesi battono la burocrazia.
Ora hanno il “diritto di sbagliare”
Cittadini tutelati in caso di errori con l’amministrazione. Niente sanzioni: sarà lo Stato a dovere dimostrare il dolo.
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Una piccola rivoluzione. È quella francese sul «diritto all’errore», un articolo dell’ampia legge con cui Emmanuel Macron punta a ritrovare la fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato: contribuenti, associazioni, aziende, lavoratori.
Se finora erano infatti i francesi a dover provare la loro buona fede nelle dichiarazioni spiega il ministro per l’Azione di governo e dei Conti pubblici Gérald Darmanin l’idea è di fare l’opposto: «Il cittadino è in buona fede, è l’amministrazione che deve provare il contrario».
L’articolo formalizza la possibilità di sbagliare per tutti, cittadini e imprese. In cosa consiste? Semplificare il rapporto con la pubblica amministrazione rendendolo più sereno. Un provvedimento voluto dal governo, già impegnato a limitare il numero delle norme spesso complicate da decifrare e dunque causa di errori anche nell’adeguamento alle disposizioni dell’Unione europea.
Dalle prossime settimane, «chiunque deve poter rettificare, spontaneamente o in corso di controllo, il proprio errore commesso in buona fede». Qualche esempio? Piccole e medie imprese alle prese con l’ispettorato del lavoro: anziché essere immediatamente multate, l’imprenditore può rettificare un errore di calcolo; rientro anticipato dal congedo parentale non dichiarato mantenendo i benefici economici non dovuti? Niente multa, solo la restituzione del maltolto indennizzo. Operatore agricolo incappato in imprecisioni nella procedura di dichiarazione dei redditi? Con il diritto all’errore, potrà rettificare senza penalità.
Dalle iniziali proposte per «riparare lo Stato» e «farlo funzionare di nuovo» si è entrati nel vivo. Martedì sera il Parlamento ha votato l’articolo che stabilisce la «possibilità di sbagliare nelle dichiarazioni presentate all’amministrazione, senza rischiare sanzioni al primo errore». È il «pilastro» della nuova legge che riguarderà quasi tutti i compartimenti dello Stato, a eccezione del settore sanitario e casi specifici: per esempio errori che danneggino l’ambiente o mettano a rischio la sicurezza delle persone.
Pochi articoli, una quindicina, su cui sono piovuti quasi mille emendamenti. La legge spinta da Macron era una promessa elettorale, ma ha visto molti deputati della maggioranza prodigarsi per emendare un testo tutto sommato snello e di principio. Così è stato definito dal primo firmatario Stanislas Guerini, che precisa: «Non è un diritto alla frode, ma a regolarizzare un errore commesso in buona fede».
Su Twitter, il premier Edouard Philippe ringrazia i deputati per aver inaugurato la «rivoluzione del quotidiano». «Per uno Stato al servizio di una società fondata sulla fiducia», così aveva presentato la riforma dell’amministrazione pubblica lo scorso novembre, quando fu approvata dal Consiglio dei ministri. Se ne discuterà ancora nei prossimi giorni, specie della sua applicazione in materia fiscale.
A destra Marine Le Pen sottolinea alcune «imperfezioni», ma «nel complesso è un testo di buon senso». Comunisti e sinistra radicale parlano di assenza dello Stato, perché il diritto all’errore interverrà anche sul diritto del lavoro, con sanzioni non pecuniarie in caso di violazioni compiute in buona fede su orari, salari minimi e ferie. Per i recidivi potrebbero già essere previste sanzioni più pesanti nei prossimi giorni. L’intero provvedimento non sarà retroattivo.
Quasi mille gli emendamenti. Uno in particolare punta a inasprire le sanzioni per i colossi dell’agroalimentare che non pubblicano i bilanci. «Ritocco» trasversale e deputati concordi nel constatare che «la pubblicazione dei conti riveste un’importanza particolare nel settore agroalimentare a causa di una ripartizione molto sbilanciata del valore aggiunto». Un riferimento al caso Lactalis, che l’anno scorso spiegò in Assemblée come «pubblicare i bilanci non migliorerebbe i ricavi».