Angelo Allegri, Il Giornale, 31 X 2016.
Macché risparmi: i mandarini di Stato si difendono con il «latinorum»
Leggi e regolamenti incomprensibili non sono casuali, ma uno strumento per salvare il potere dei superburocrati e per frenare il cambiamento.
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I dieci comandamenti non contengono incisi, né subordinate, usano solo e sempre forme verbali semplici e dirette.
Nell’ultima Gazzetta ufficiale un provvedimento del ministero della Salute autorizza la messa in commercio di un prodotto della Bayer, un fungicida usato per proteggere i pomodori. Il testo inizia: «Visto il regolamento (Ce) n. 396/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 febbraio 2005 concernente i livelli massimi di residui di antiparassitari nei o sui prodotti alimentari e mangimi di origine vegetale e animale e che modifica la direttiva 91/414/Cee del Consiglio, nonché i successivi regolamenti che modificano gli allegati II e III del predetto regolamento, per quanto riguarda i livelli massimi di residui di singole sostanze attive in o su determinati prodotti…». Poi si prosegue per quattro pagine in cui si richiamano, in un’orgia di frasi relative e incidentali spesso ingarbugliate tra di loro, almeno una quarantina tra leggi, decreti, regolamenti e direttive, citati diffusamente con articoli, commi e allegati.
Un capolavoro che sarebbe folle se non fosse scientifico. Perché è il linguaggio la forma di resistenza più sofisticata dell’alta dirigenza pubblica al cambiamento e alla modernizzazione. Come nel latinorum dell’Azzeccarbugli manzoniano, l’incomprensibilità si trasforma in difesa dello status quo e del proprio potere. Lo scrittore Antonio Pascale (Le aggravanti sentimentali è l’ ultimo libro pubblicato da Einaudi), ex funzionario del ministero delle Politiche agricole, l’ha raccontato con grande efficacia in un articolo pubblicato qualche anno fa dal Corriere della Sera. Pascale parla dei suoi primi mesi da funzionario ministeriale, una volta vinto il concorso. Tra i primi incarichi gli viene affidato il compito di dare un giudizio su una circolare esplicativa ancora in bozze: «Sarà stato per le subordinate che si inseguivano senza tregua», racconta, «per i rimandi snervanti, per una serie di punti numerati con A) a) A1) aa1 e via dicendo, io pensai che solo una mente alienata potesse avere prodotto quel documento. Così andai dal vecchio direttore e balbettando dissi: non ho capito niente. E lui rispose con n mezzo sorriso: bene, allora è perfetta!… Fu una piccola lezione. Le leggi non devono mai essere chiare, perché se lo sono, con la chiarezza si fornisce potere a chi legge. Il Superiore ministero deve mantenere la possibilità dell’interpretazione autentica».
Dopo quell’episodio, che risale al 1989, fu approvata una grande riforma (nelle intenzioni), la legge sulla trasparenza amministrativa del 1990. Nel 1994 l’allora ministro della Funzione pubblica Sabino Cassese curò e fece stampare un ambizioso Codice di stile delle comunicazioni scritte a uso delle amministrazioni pubbliche, una specie di guida all’utilizzo di una corretta lingua italiana. Non c’è stato niente da fare: leggi, regolamenti e circolari sono incomprensibili oggi come lo erano ieri.
Non che in altri Paesi il problema non esista. Ma altrove cultura e senso dello Stato dell’élite burocratica sono diversi che in Italia. In Gran Bretagna, per esempio, l’amministrazione pubblica iniziò a occuparsi della questione subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nel 1948 il ministero del Tesoro affidò l’incarico di scrivere un manuale di stile a Ernest Gowers, uno dei gran commis di Stato più vicini a Winston Churchill. Il risultato divenne subito il testo di riferimento dell’amministrazione pubblica nelle comunicazioni con i cittadini. Non solo. Il manuale nato per gli uffici statali fu così apprezzato da essere messo in vendita al grande pubblico con il titolo Plain words, «parole semplici». Da allora è uno dei testi più ristampati del mercato librario di lingua inglese. Un altro mondo.