Repubblica, 1 IV 2017
Su tre milioni di Partite Iva il Fisco pesa oltre la metà degli affari
La denuncia della Cgia di Mestre: i provvedimenti avviati col governo Renzi hanno portato un sollievo fiscale da 21 miliardi a dipendenti e imprese medio-grandi. Poco o nulla per i lavoratori a Partita Iva.
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Partite Iva dimenticate dal governo, che a partire dall’esecutivo guidato da Renzi ha pure provato ad alleggerire il peso fiscale. E’ la denuncia della Cgia di Mestre, che ha calcolato un beneficio strutturale di oltre 21 miliardi con i provvedimenti messi in pista nei mille giorni di governo. Ma, di questi vantaggi fiscali, poco o nulla è andato al popolo di poco meno di 3 milioni di partite iva: artigiani, commercianti e lavoratori autonomi senza dipendenti subiscono ancora una pressioine fiscale del 51 per cento. Numeri che la Cgia rilascia poco dopo l’audizione di Enrico Giovannini che, mettendo in fila i dati dell’evasione italiana, ha puntato il dito proprio contro il tax gap (cioè l’ammanco erariale) nel mondo degli autonomi: la propensione al gap per l’Irpef, tra le fila del lavoro autonomo raggiunge il 59%.
In attesa che il Senato concluda in percorso sul Jobs act degli autonomi, l’organizzazione degli artigiani ricostruisce i quattro provvedimenti fiscali principali che hanno portato alla riduzione del carico fiscale. Il famoso bonus di 80 euro è una misura che costa quasi 9 miliardi l’anno e interessa oltre 11 milioni di lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse; l’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro: l’operazione ha ridotto il costo del lavoro di 4,3 miliardi di euro l’anno, avvantaggiando le imprese con più dipendenti – dice la Cgia -. “Non godono di alcun beneficio il 78 per cento delle imprese individuali e dei lavoratori autonomi e il 52 per cento delle società di persone”; l’abolizione della Tasi ha consentito alle famiglie di risparmiare 3,5 miliardi di euro l’anno. Dei 19,6 milioni di proprietari di prima casa che hanno beneficiato di questo sgravio, il 90 per cento circa è costituito da operai, impiegati e pensionati. Solo il 10 per cento circa da imprenditori, liberi professionisti o autonomi; la riduzione Ires: con l’abbattimento dell’aliquota dal 27,5 al 24 per cento, le oltre 700 mila società di capitali interessate risparmiano 3,9 miliardi di euro l’anno. Questa misura non riguarda le piccole-micro imprese (ditte individuali o società di persone).
A questi quattro pilastri, la Cgia aggiunge altri interventi minori “come l’esenzione dell’Imu sui terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti (meno tasse per 120 milioni di euro), l’abolizione dell’Irap in agricoltura (sgravio da 196 milioni di euro) e l’abolizione dell’Imu sugli imbullonati. Misura, quest’ultima, a vantaggio quasi esclusivamente delle medio-grandi imprese (valore pari a 530 milioni di euro)”.
“Se dal 2011 avevamo subito un costante aumento del prelievo fiscale, a partire dal 2014 si è invertita la tendenza – esordisce il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – anche se la stragrande maggioranza dei benefici introdotti dal governo Renzi non ha interessato il popolo delle partite Iva. Ancora una volta la lobby sindacale/confindustriale e l’insensibilità della classe politica di questo Paese hanno prevalso sugli interessi dei piccoli produttori”. Tra le poche note favorevoli, da Mestre ricordano il credito di imposta del 10 per cento dell’Irap per le aziende senza dipendenti, l’incremento delle deduzioni forfetarie della base imponibile Irap, la riduzione dell’Inail e del diritto camerale. “Una contrazione che è stata più che compensata dall’aumento dei contribuiti previdenziali avvenuto in questi ultimi anni a seguito delle disposizioni previste dalla riforma previdenziale realizzata dal Governo Monti”.