Luca Gallesi, Il Giornale, 29 V 2015.
Tutti schiavi del salutismo. Un futuro (troppo) vicino.
Ne “I prigionieri del Caduceo“, Moore racconta un mondo dominato da dottori e tecnici dello star bene. Una dittatura buonista ma feroce.
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L’idea che ogni desiderio dell’uomo sia finalmente realizzabile, e che, grazie al progresso scientifico, si possano valicare i limiti della realtà oggettiva è alla base di alcune illusioni dalle conseguenze assai pericolose per molti e altrettanto redditizie per, pochi, altri.
Immaginare, a esempio, che si possa sconfiggere la morte usando trattamenti estetici o grazie a protocolli farmacologici è semplicemente ridicolo, anche se molto proficuo per case farmaceutiche e chirurghi senza scrupoli. Allo stesso modo, ritenere che la vecchiaia sia una malattia da affrontare con cure adeguate, o che l’iperattività infantile debba essere trattata con psicofarmaci, oppure che le turbe dell’adolescenza vadano sempre portate davanti allo psicoanalista sono atteggiamenti sbagliati, che finiscono per togliere libertà e sicurezza agli individui, aumentando contemporaneamente il potere della classe medica. Come gli sciamani euroasiatici o gli uomini di medicina nordamericani di un tempo, spesso, oggi, sono i medici ad avere l’ultima parola su questioni che riguardano scelte fondamentali come la vita e la morte degli individui.
La dilagante moda salutista del «mangiare bene», possibilmente biologico, per «vivere bene», ci avverte che «il fumo uccide», condannando tutte le abitudini un tempo considerate bagaglio ineludibile della condizione umana, come la passione per il rischio o l’amore per la sfida, oggi disapprovate da una società sempre più medicalizzata, che ha finito per ridurre definitivamente in cenere Bacco, Tabacco e Venere.
Cosa potrebbe succedere se queste tendenze diventassero obblighi di legge, e se i medici finissero per conquistare il potere politico è raccontato nel romanzo di fantascienza “I prigionieri del Caduceo” , scritto da Ward Moore nel 1978 e presentato oggi per la prima volta al pubblico italiano nel fascicolo di maggio della collana Urania.
La storia si svolge in un futuro prossimo, dove il mondo è stato definitivamente globalizzato e sottoposto alle amorevoli cure della Mediarchia, ovvero della classe medica. I camici bianchi, radunati sotto il simbolo del Caduceo, sono l’unica classe dirigente del pianeta, Gran Bretagna esclusa, e impongono la dolce dittatura salutista e le sue regole, che prevedono la «tanatizzazione» a chi è troppo debole per vivere, la vasectomia obbligatoria per tutti, la riproduzione consentita solo a chi è in forma fisica eccellente, e il controllo ossessivo di tutti i parametri fisiologici, come la pressione arteriosa e i valori ematici, trascritti su cartelle cliniche diventate documenti di identità obbligatori. Nessuno, o quasi, tenta di ribellarsi, dato che «i dottori e gli scienziati sono coloro che sanno», e quindi non possono che agire per il nostro bene. Tutti i libri sono stati bruciati, per le stesse ragioni di monopolio del sapere, e il motto mondiale è diventato «In DOC we trust», con i dottori che hanno preso il posto di Dio. Il lutto viene scoraggiato, la buona salute è obbligatoria, e ai bambini viene insegnato a segnalare alle Autorità Mediche ogni violazione delle regole sanitarie da parte dei genitori, regole che un ristretto gruppo di ribelli, definiti Anormali, decide di rifiutare.
Come fanno notare i curatori, Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, nella loro introduzione (da cui, forse un po’ pavidamente, sembra prendere le distanze il direttore della collana Giuseppe Lippi), la Mediarchia ipotizzata da Moore sta diventando una realtà in molte parti del mondo: se in Cina viene imposta la politica del figlio unico, in Occidente il fumo viene proibito anche all’aperto e i carnivori sono considerati orrendi selvaggi, mentre i figli troppo grassi vengono tolti alle famiglie e cominciano a dilagare apparecchietti da polso che tengono costantemente monitorati i valori della nostra pressione, il battito cardiaco etc…
Il Governo, insomma, vuole preoccuparsi di noi, come il Grande Fratello orwelliano, «dalla culla alla tomba», con la presunzione di sapere sempre, e meglio di noi, cosa ci fa bene, e quello che dobbiamo fare. L’arroganza di certe «maestrine dalla penna rossa», che pretendono di cancellare il passato per plasmare il futuro, è ben descritta da Moore, che non avrebbe probabilmente immaginato che quanto da lui raccontato quasi quarant’anni fa si sarebbe materializzato così presto, anche se, per ora, la classe medica non è al potere, ma si limita a mettersi al servizio di quella politica, ansiosa di mostrarsi più realista del Re, prostrandosi al Moloch del politicamente corretto.