Roberta Fuschi, Live Sicilia CT, 1 V 2014.
Lavoro, un giovane su due è disoccuppato.
I negozi abbassano le saracinesche, le aziende chiudono i battenti e l’esercito dei disoccupati si rimpingua ogni giorno di più. L’ultimo capitolo della tragedia occupazionale, che attanaglia la provincia etnea, si chiama Almaviva dove arrivano i primi 20 licenziamenti.
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CATANIA- Un primo maggio amaro per i lavoratori etnei. Nell’arco di quattro anni si sono persi ventiquattromila posti di lavoro. I dati, diffusi dall’Ires, si riferiscono al periodo compreso tra il 2009 e il 2013 e riguardano la provincia etnea. Il calcolo tiene conto non solo dei licenziamenti, ma anche dei “dipendenti andati in pensione e non sostituiti, commercianti che abbassano le saracinesche e artigiani che vanno in quiescenza e non trasferiscono le attività”. Circa ottocento le aziende che hanno chiuso i battenti. Numeri che parlano da soli e segnano un solco profondo in un contesto di crisi economica, che a livello locale morde ancora di più.
Un giovane catanese su due non lavora e il tasso di disoccupazione femminile è uno dei più bassi d’Italia: 26%. L’indicatore del ricorso alla cassa integrazione non fa altro che confermare un trend poco rassicurante: diminuisce il ricorso a quella ordinaria, legata di norma a una fase di difficoltà che le aziende ritengono però di potere superare, aumentano le ore di Cig straordinaria, che ha conosciuto in quattro anni un incremento del 424%. E il futuro non sembra più roseo. A fronte di un folto esercito di non occupati, c’è un altrettanto vasto gruppo di persone che un lavoro non lo possiedono più. Catania ci ha abituati a vertenze amare che occupano le pagine dei quotidiani per brevi istanti. Poi il silenzio. Eppure sono tante, troppe le famiglie in difficoltà.
Le storie hanno un denominatore comune: l’assenza di prospettive e il terrore del futuro. Le difficoltà non sono soltanto di tipo economico. “Sono depresso, ogni giorno invio il mio curriculum, ma nessuno mi dà risposte”, dice Giuseppe, uno dei cinquecento ex dipendenti Aligrup rimasti fuori dalle trattative di cessione dei punti vendita del colosso della grande distribuzione. Giuseppe è uno dei sessanta lavoratori jolly definitivamente fuori dai giochi. Qualunque ipotetica trattativa, infatti, non comprenderebbe gli ex dipendenti non assegnati a un punto vendita specifico. “Abbiamo subito una forte ingiustizia, noi non siamo lavoratori di serie b”, dice Giuseppe che ha trentasette anni e un figlio di un mese e mezzo.
Un primo maggio amaro per i dipendenti di Almaviva Contact. A distanza di pochi giorni dalla manifestazione davanti ai cancelli del call center di Misterbianco arriva una doccia fredda per una ventina di lavoratori che non si vedranno rinnovare i contratti a progetto. Una decisione sintomatica delle difficoltà legate al calo dei volumi delle commesse destinate a migrare all’estero dove il costo del lavoro è più basso. Una concorrenza al ribasso che rischia di svuotare i call canter locali con conseguenza sociali inimmaginabili. Soltanto nello stabilimento di Misterbianco, infatti, operano duemila dipendenti.